Diventare grande in un tempo piccolo
Karsdorp più alto di Angeliño, la fantasia su palla inattiva Le rotazioni in non possesso, la gestione del turn over, le soluzioni offensive
Roba da non credere: la Roma avvitata e stanca di tre settimane fa si è tirata fuori da sola, ovvero con l’aiuto di Daniele De Rossi, da una crisi che sembrava irreversibile. Come più volte sottolineato, non troverete mai in queste pagine un avversativo a rinforzare il pensiero già positivo che si sta piano piano diffondendo sotto la nuova gestione tecnica. Lasciamo ai veloavevodettisti l’irresistibile tentazione del paragone con Mourinho, per noi il confronto sarebbe ingiusto e anche un po’ infamello, ma sottolineiamo e con molto piacere tutte le considerazioni positive che si possono fare oggi ammirando la Roma quando gioca. Senza i ma che a molti oggi vengono in mente e che riversano sui social, pro domo loro.
Il 433 diventa possibile
Noi proviamo solo a mettere insieme tutti i dati positivi derivati da un cambio di sistema tattico che ha portato la Roma a giocare in maniera costante con l’entusiasmo che a volte ricercava (e trovava) proprio Mourinho per i momenti di emergenza: il portoghese aumentava i carichi offensivi spesso utilizzando proprio il sistema di gioco tanto caro a Ddr. Dunque un equilibrio è possibile anche giocando in quella maniera, con quattro difensori mai bloccati dietro (magari con l’accortezza di non far scendere contemporaneamente i due terzini e la finezza, che spiegheremo, di tenere a sorpresa più alto Karsdorp di Angeliño), tre centrocampisti (e, stavolta, pure senza Bove, l’equilibratore che sembrava indispensabile nelle ultime gare disputate) e tre punte, con El Shaarawy unico esterno di ruolo, Lukaku centrale e Dybala chiamato a muoversi a seconda della propria ispirazione. In fase di non possesso, l’accortezza svelata da Daniele De Rossi nel post partita è stata quella di non costringere Dybala a scendere con stancanti rincorse per schermare l’impostazione verso il terzino avversario (o il quinto, come nel caso di Salernitana e Cagliari), chiamando magari ad uno sforzo ulteriore Cristante, pronto a coprire in ampiezza il lusso di regalare maggior libertà alla Joya argentina. Così spesso la Roma col Cagliari si è trovata difende con soli sette uomini, con Dybala libero da qualsiasi obbligo, El Shaarawy a volte tenuto alto dalla sua stessa foga offensiva e Lukaku dispensato in partenza da compiti particolarmente gravosi se non la copertura della zona sui calci d’angolo avversari.
Le uscite già codificate
Ciò che è davvero cambiato (aldilà dell’attaccante in più al posto di un difensore centrale che De Rossi ha gestito con un razionale rimescolamento di ruoli e funzioni) è il motore della squadra: ora si va che è una bellezza in verticale attraverso un palleggio costante e raffinato, con rotazioni dei centrocampisti a raccogliere lo scarico dall’esterno per l’immediato rilancio oltre la linea difensiva o la variazione rapida del fronte d’attacco, impostazione meticolosa dal basso, verticali e diagonali possibilmente rasoterra su Lukaku vertice alto e, proprio quando non ci sono sbocchi visibili, il pallone scucchiaiato alto in direzione del colosso belga, nello specifico marcato da vicino da quell’altro gigante di Mina. Ciò che De Rossi ha evidentemente curato con grande attenzione è lo scarico sul terzo uomo, cosa che prima in molte partite veniva lasciata un po’ all’intuizione del singolo, ma che adesso viene invece codificata da movimenti provati e riprovati in allenamento e ben visibili in molti momenti dello sviluppo offensivo della Roma sul campo.
Angeliño nella prima impostazione
Il maggior coinvolgimento di quasi tutti i calciatori nella costruzione della manovra conferisce loro maggior fiducia e diminuisce decisamente la percentuale di trasmissioni del pallone sbagliate, aumentando l’autostima e innestando così quel circolo virtuoso di cui sembrano beneficiare maggiormente proprio i giocatori più tecnici. Non può essere un caso se all’esordio Angeliño è già stato il giocatore che finché è rimasto in campo ha toccato il maggior numero di palloni, una sorta di nuovo regista esterno che la Roma non aveva dai tempi di Kolarov. Nessun pallone si butta via, né dal basso né dal medio, il genio di Dybala rinforza la brillantezza di ogni azione, il comodo conforto del vertice Lukaku garantisce uno sfogo sicuro anche negli spazi più angusti, Pellegrini sembra aver ritrovato il gusto di giocare, Paredes ha sempre qualcuno finalmente a cui dare il pallone e Cristante può tornare a divertirsi con i suoi inserimenti offensivi lunghi che l’hanno fatto tornare ad essere decisivo dentro l’area di rigore con un palo e il colpo di testa da cui è nato il rigore del terzo gol e l’avvio della manovra del secondo. La finezza, dicevamo, è stata quella di tenere più basso Angeliño a partecipare di più alla prima impostazione, liberando più alto Karsdorp a sostegno della manovra offensiva, con Cristante a volte chiamato al ripiegamento sull’esterno.
Lo schema sbagliato, gli altri buoni
Un capitolo a parte meritano poi i calci piazzati, qualità fortemente addestrata in settimana e già decisiva per la vittoria con il Cagliari, con tanto di retroscena raccontato dal tecnico in sala stampa: «Questo è uno schema sbagliato, tipo il drink (il Negroni, ndr): l’avevamo fatto con la Spal e Tunjov e Murgia lo hanno fatto diventare quello che è stato stasera. Io avevo fatto un altro schema, ma non era venuto e loro l’hanno rimesso a posto». Il tecnico si riferisce allo schema con l’uscita di Dybala dal primo palo, con palla rasoterra da Angeliño a Pellegrini e scarico immediato per lo stesso Dybala, con sinistro a giro poi terminato fuori. Lo mostriamo in grafica. Nel dettaglio il primo calcio d’angolo battuto da Dybala con Paredes a deviare la palla sul primo palo ha portato al gol di Pellegrini, attraverso il rimbalzo fortunato su Petagna. Nel secondo tempo su un calcio d’angolo calciato su Cristante è venuto fuori il rigore del terzo goal, su un altro calcio d’angolo è arrivato il quarto di Huijsen. Un filotto di occasioni con cross calibrati esattamente per l’uso immaginato.
Tanti gol e pochi tiri concessi
E se infine si chiedeva all’attacco di essere più prolifico sono arrivati tutti insieme sei gol, due annullati (ma in capo ad azioni di straripante bellezza e poi sancite irregolari per trascurabili dettagli), quattro buoni, più tutta un’altra serie di conclusioni interessanti che avrebbero potuto garantire un bottino assai superiore. Si dirà che l’avversario era troppo tenero ed è ovvio che con l’Inter sarà un banco di prova diverso, ma questa Roma sta lavorando nella maniera giusta per ridurre al minimo i propri difetti. Resta la scarsa mobilità in non possesso dei centrocampisti, ma attraverso studiate rotazioni per il presidio delle funzioni, più che dei ruoli, il Cagliari raramente si è reso davvero pericoloso. Con l’Inter magari toccherà a Bove.
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