AS Roma

Simbolo di Roma, vanto di quartiere

Un rapporto viscerale, tra salsedine, mare, sole e pallone. Bonanni e D’Astolfo, gli amici di sempre: «Dedizione e intelligenza. È pronto»

I primi momenti di De Rossi da allenatore della Roma

I primi momenti di De Rossi da allenatore della Roma (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Simone Valdarchi
19 Gennaio 2024 - 08:00

Salsedine giallorossa che scorre nelle vene, simbolo di Roma, vanto di quartiere. Dodici parole. Tanto è bastato a Ostia per descrivere Daniele De Rossi, uno dei suoi frutti più belli, quello che, più di ogni altro, ha portato il suo quartiere in alto. Sul tetto del mondo, in una sera di luglio del 2006 ma, soprattutto, l’ha rappresentato in campo per diciotto anni, con la squadra che porta con sé il nome, i colori e il simbolo della città più bella. In faccia ai maligni e ai superbi, pronti a giudicare dall’alto dei loro attici una città nella città, che la conosci solo se ci sei nato e se l’hai vissuta, non se te la sei fatta raccontare da una serie tv. Sarà per questo che a Ostia gli vogliono bene non soltanto i romanisti, ma anche alcuni - non tutti, per carità - di quelli che hanno sbagliato scelta da piccoli e ti può capitare così, girando tra gli appartamenti ostiensi, di trovare il suo poster nella cameretta di un ex bambino, ora ragazzo, della Juve, magari in primo piano rispetto ad altri vestiti in bianco e nero. E non per una questione cromatica, ma di rappresentanza.

Un dono dal mare, arrivato con delicatezza, in un caldo 24 luglio, quello del 1983, quando sul litorale il mare era calmo, il sole splendeva e le spiagge erano affollate di gente inebriata per uno Scudetto appena vinto e sotto gli ombrelloni si facevano sogni, di coppe e di campioni. Cresciuto in riva al mare, giocando sulla sabbia dello Sporting Beach - il suo stabilimento, perché si chiamano così, i lidi cercateli altrove - e sulla terra dell’Ostiamare, l’unica squadra che ha portato Daniele a dire di no alla Roma. Un rifiuto, quando aveva nove anni, che era soltanto un arrivederci, ma lui in quel momento non lo poteva sapere. Voleva soltanto divertirsi e giocare a pallone con i suoi amici di sempre, con il bianco e il viola dell’Ostiamare addosso,  che poi sono anche i colori della città di Setubal, un’altra località di mare, ma questa è un’altra storia. Per provare a capire allora chi è Daniele, il ragazzo dietro il De Rossi conosciuto da tutto il mondo, la cosa migliore è chiedere a chi lo conosce da sempre.

I compagni di una vita
In tanti, negli anni, hanno condiviso un campo di calcio con Daniele De Rossi. Ad Ostia prima, a Trigoria poi, in giro per il mondo con la maglia dell’Italia e, infine, anche alla Bombonera di Buenos Aires, con il Boca. Il Daniele del famoso “no” alla Roma, però, sono in pochi a conoscerlo e tra questi ci sono Massimo Bonanni e Adriano D’Astolfo, rispettivamente classe ’81 e ’84, ancora oggi nell’Ostiamare con ruoli diversi - responsabile della scuola calcio e del settore giovanile il primo, ex capitano e attuale direttore sportivo il secondo. Attaccamento e fedeltà, insomma, sono tratti comuni.

«Non dimenticherò mai i viaggi in macchina, da Ostia a Trigoria per gli allenamenti, con Daniele e papà Alberto». Esordisce così Bonanni, uno che con De Rossi ha vissuto, oltre all’esperienza da bambini all’Ostiamare, anche due anni nella Primavera della Roma. «L’esperienza di Alberto lo ha sicuramente aiutato nella crescita - prosegue -, ma è stata determinante anche la capacità di De Rossi padre di fare un passo indietro e non mettere bocca nella carriera del figlio, lasciando spazio ai tantissimi bravi allenatori che ha avuto nel corso degli anni». Era più grande di età e più alto di lui Massimo, ma ricorda perfettamente quel biondino che ogni tanto si aggregava al gruppo dei più grandi. Un rapporto, il loro, che dura da sempre, nonostante l’essere tifoso  della Lazio di Bonanni. «Nell’estate del 2005 potevo tornare, Delneri mi avrebbe voluto, ma venne esonerato e mi portò al Palermo.  Da lì poi il passaggio alla Lazio e, il 26 febbraio, la sfida a Daniele nel derby». La gara andò come giusto che sia, con l’undicesima vittoria consecutiva e il record della Roma di Spalletti, ma in campo i due dimenticarono le ore passate in macchina insieme. «Per poco Daniele non mi spezza una gamba - ci racconta ridendo Massimo -, con una delle sue entrate un po’ ignoranti». Nonostante il suo peccato originale, Bonanni augura il meglio a De Rossi in questa sua nuova esperienza: «L’ho già sentito in privato, gli auguro il meglio, tranne in una partita ovviamente. Sono convinto che lui si senta pronto e, inconsciamente, lo penso anche io».

Anche Adriano D’Astolfo è dello stesso avviso: «Come da calciatore, darà tutto per la sua Roma. Parliamo di un ragazzo, ormai di un uomo anzi, intelligentissimo. Se ha accettato è perché si sente all’altezza dell’impegno. Con la sua dedizione, accompagnata dalle capacità, ci dimostrerà ancora una volta chi è Daniele De Rossi». Ecco, chi è De Rossi lo sappiamo, ma per conoscere Daniele ci serve l’aiuto di Adriano: «Per i primi 20 anni di vita ci frequentavamo sui campi da gioco, prima da compagni all’Ostiamare, poi da avversari, con lui alla Roma e io alla Lodigiani. Negli anni poi io sono andato fuori Roma a giocare, ma ogni volta che ci siamo ritrovati io ho sempre incontrato Daniele, lo stesso ragazzo. Il nostro legame affettivo grazie alla sua umiltà e non è facile rimanere la stessa persona diventando il De Rossi capitano della Roma e campione del mondo». Quando la scorsa estate D’Astolfo è diventato ds dell’Ostiamare, De Rossi di sua iniziativa, non potendo presenziare alla presentazione della squadra, gli ha mandato un video di auguri: «Un gesto che ti fa capire molto di Daniele e anche del suo legame profondo con Ostia e l’Ostiamare. Non ha mai smesso di seguirci. Se cresci al mare, il mare ti rimane dentro». Salsedine giallorossa che scorre nelle vene. Il sorriso di chi è cresciuto coccolato dagli infiniti tramonti del pontile, la tigna di chi è stato temprato dalle mattinate più fredde e umide d’inverno. Semplicemente Daniele De Rossi. 

Noi in campo
Siamo tutti DDR. Così la Sud lo ha salutato il 26 maggio 2019, prima di Roma-Parma 3-1, ultima gara di Daniele con la Roma, prima di quella di domani, sempre all’Olimpico, contro il Verona. Ogni romanista si è sentito rappresentati da lui in mezzo al campo, a maggior ragione i romanisti di Ostia, per il senso d’appartenenza di cui sopra. «È e sarà sempre uno di noi», ci dicono all’unisono Andrea Olivari e Daniele Pirvu, del Roma Club Ostia a lui intitolato. «Vederlo di nuovo con quei colori addosso è un sogno che si realizza, un orgoglio immenso». Bentornato Danie’.

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