Esatto, non c’è rivincita. La storia è già evidente
C’è il derby ai quarti, basterà far valere la conclamata superiorità
La partita che non è mai solo una partita vivrà stasera (Stadio Olimpico, calcio di inizio ore 18, telecronaca esclusiva su Canale Cinque, radiocronaca obbligatoria su Radio Romanista) il suo episodio numero 198 (in assoluto, in competizioni ufficiali 182). In funzione di una qualche curiosa modalità di calcolo, i tifosi della squadra avversaria si dicono convinti di aver maturato maggior gloria in tanti precedenti. A vedere i numeri, però, l’unico aspetto su cui possono vantare un qualche tipo di superiorità statistica (su quella morale ognuno si tiene la sua, e prescinde persino dalle sentenze dei tribunali) sarebbe nelle amichevoli, una sorta di contraddizione in termini. È solo in questo tipo di confronti senza alcuna validità agonistica che effettivamente i numeri divergono (7 vittorie Lazio, 6 Roma, 3 pareggi) da una realtà che appare invece conclamata. Quando si parla di partite ufficiali, invece, la realtà è schiacciante e univoca: c’è la Roma che guida e la Lazio che applaude, o almeno si dovrebbe fare così quando si perde, ma per qualche altra malintesa convinzione è diventato motivo di scherno addirittura il doveroso riconoscimento dovuto ai vincitori della coppa nell’anno di (dis)grazia 2013, quando due squadre derelitte si ritrovarono in fondo alla competizione e casualmente vinse quella sbagliata. Questi, per chi volesse togliersi lo sfizio, sono i numeri: su 181 confronti assoluti, 68 sono state le vittorie della Roma e 50 le sconfitte.
Guardando solo al campionato - dove la superiorità di una squadra sull’altra è data essenzialmente dal numero di campionati conclusi davanti e su 81 campionati, 50 volte la Roma è arrivata sopra - la realtà dice che su 159 derby la Roma ne ha vinti 56 e ne ha persi 42. Limitando, infine, il confronto alla Coppa Italia il numero è questo: 11 a 7, con 2 pareggi (ma la Roma non vince dagli ottavi del 2011). Non c’è trucco, non c’è inganno, c’è solo una realtà inoppugnabile che non si può mascherare con nessuna teoria, neanche la più fantasiosa.
Rimessa la chiesa al centro del villaggio, si può parlare ora anche del confronto di questa sera, quarto di finale di una coppa che non ha impegnato molto finora le due squadre, con la Roma che ha regolato un po’ a fatica la Cremonese e la Lazio che invece ha battuto di misura il Genoa. Peccato che si giochi strozzati tra due turni importanti di campionato, con la Roma reduce dallo stressante pareggio con l’Atalanta e la Lazio da una più comoda vittoria ad Udine e in attesa del turno che domenica metterà i giallorossi di fronte al Milan a San Siro e a loro il Lecce all’Olimpico.
In un modo nell’altro, questa partita va portata a casa, nei 90, nei 120 minuti o ai calci di rigore (e bruciano ancora quelli di Budapest, ecco perché forse è il caso di partire con Dybala in panchina e usarlo semmai nel secondo tempo), Sarri rischia di fare a meno di Zaccagni, Mourinho ha elaborato ormai il lutto di Smalling e ha trovato l’assoluta leadership di Mancini. E Huijsen, l’ultimo arrivato, ha giocato 45 minuti con l’Atalanta con un’autorevolezza che ha indotto molti a dedicare un pensiero a Beckenbauer prima che il kaiser lasciasse questo mondo (Che la terra ti sia lieve e sempre grazie).
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