Non basta la Roma più tosta
Il gol di Rabiot ad inizio ripresa sposta l’equilibrio di una partita che i giallorossi hanno giocato con personalità e poca incisività
Il dio del calcio, per usare le parole di Mourinho in sala stampa, non ha permesso al 2023 di entrare nella storia della Roma per la questione della coppa negata, ma non ha permesso ancora di godersi una serata di gioia in questo maledetto stadio, neanche quando, come ieri sera, la squadra una soddisfazione se l’era meritata. Peccato davvero, perché la Juventus ha vinto una partita che non meritava di vincere, costruita su un doppio rimpallo (e di un assist di tacco di Vlahovic passato tra le gambe di Llorente) che ha consentito a Rabiot ad andare in porta da solo all’inizio della ripresa e poi difesa come la Juve sa fare. Peccato perché la Roma aveva giocato uno splendido primo tempo e poi ha provato nella ripresa a scalare la solita montagna, frustrata nei suoi tentativi dal muro eretto da Allegri a difesa del vantaggio. Peccato perché il 2023 si chiude con un’altra sconfitta, la sesta del campionato (di cui cinque in trasferta), l’ennesima in questo stadio (sono undici su tredici esibizioni in campionato, più il pareggio dello scorso anno e la vittoria nell’anno della pandemia quando non contava niente), e una classifica che non rispecchia il valore attuale di questa squadra, con un settimo posto a pari merito del Napoli, un punto sopra la Lazio e uno sotto l’Atalanta che tra sette giorni arriva all’Olimpico: ma prima bisognerà sbrigare la pratica con la Cremonese in Coppa Italia, lasciapassare per i quarti con la Lazio.
E peccato perché la partita col Napoli era stata una dimostrazione troppo ravvicinata e convincente per non provare a darle seguito e la Roma scesa in campo a Torino aveva assunto immediatamente il piglio della squadra che voleva essere padrona del proprio destino. Per Mou 352 con pressioni alte sui centrali larghissimi di Allegri, con Bove che usciva su Gatti, a volte lasciando inevitabilmente qualche spazio dietro di sé che quella vecchia volpe del tecnico toscano ha cercato di occupare con tracciati di passaggio puliti per Vlahovic, perché Paredes si alzava addirittura su Locatelli e Cristante oscurava decisamente Rabiot, con Zalewski a sinistra a contenere ora Weah ora McKennie, che la Juve alternava in fascia proprio per riempire le zone lasciate da Bove.
Il gap la Roma l’ha coperto proprio per il grande dinamismo di Bove, bravo a uscire alto sul difensore destro e ad abbassarsi nello sviluppo successivo mai troppo veloce della Juventus. Dall’altra parte Kristensen non ha invece faticato troppo a contenere Kostic perché dalla sua parte era sempre coperto nella catena difensiva. Allegri aveva poi scelto di cominciare la sfida dando fiducia al talento brillante di Kenan Yildiz (classe 2005) a scapito di Chiesa e il ragazzino ha risposto con autorevolezza sia nei contrasti mai teneri di Mancini sia nelle due occasioni in cui ha potuto correre nelle transizioni concesse alla Juventus. Il paradosso della sfida è stato infatti che è stata la Roma nel primo tempo a gestire maggiormente il palleggio (53% di possesso palla) e a tenere la Juve più bassa in campo, anche a costo di correre qualche rischio, come nella ripartenza sfruttata al 19’ da Vlahovic, bravo sull’imbeccata di Gatti a tenersi alle spalle Llorente per poi girarsi rapido in area a cercar gloria col sinistro, strepitoso Mancini ad allungarsi in tuffo con la gamba destra a respingere l’insidia. Ma la prima occasione nel taccuino era stata della Roma, dopo neanche 4 minuti di gioco, in seguito alla respinta su corner, con Cristante rapido a calciare di destro, con la carambola della traiettoria che ha prima toccato Vlahovic e poi è finita sull’esterno del palo. Le altre due nitide occasioni da gol del primo tempo sono capitate prima a Dybala, delizioso sinistro d’esterno in equilibrio non facile su assist all’indietro di Kristensen (31’) e poi a Kostic, gran botta sempre di sinistro su respinta corta in area e salvataggio sulla linea del sempre più efficace Ndicka, e che peccato a doverlo vedere partire proprio adesso che aveva dimostrato di aver imparato tutto ciò che c’era da imparare per la fase difensiva della Roma. Insomma, all’intervallo si andava con l’idea che delle due squadre in campo fosse proprio quella ospite a tenere di più il pallino (e il pallone, come dimostra il dato del possesso palla, cresciuto con il passare del tempo dal 53% a fine della prima metà fino al 57% complessivo di fine gara).
È bastato cominciare il secondo tempo senza quello spirito combattivo mostrato per tutto il primo a scavare il solco su cui la Juventus ha costruito il successo che le consente adesso di andare ad insidiare addirittura il primato dell’Inter, 43 punti, secondo posto a due punti e una gara ancora da giocare. È successo che la Roma ha gestito male un doppio contrasto che avrebbe potuto consentire prima a Cristante e poi a Kristensen di far ripartire l’azione romanista e invece la palla è arrivata a Vlahovic che di tacco ha servito Rabiot nello spazio a quel punto vuoto nella catena di destra della Roma, con il francese bravo a battere Rui Patricio in uscita disperata. Mourinho ha provato allora ad innalzare un po’ la qualità delle giocate prima inserendo Pellegrini al posto di Bove, poi El Shaarawy per l’ammonito Paredes e infine Azmoun per Zalewski, per un 3421 finale con Pellegrini al fianco di Cristante, ElSha in fascia e Azmoun al fianco di Dybala alle spalle di Lukaku. Ma non è bastato tenere la Juventus nella propria trequarti campo per garantire quell’incisività offensiva che sarebbe stata necessaria per recuperare la partita.
Dybala s’è andato progressivamente spegnendo, Lukaku ha cercato sempre lo scambio spalle alla porta e quasi mai s’è proposto in area a cercare magari un duello fisico aereo con i suoi aguzzini (soprattutto Bremer). Allegri dal canto suo ha inserito Chiesa per Yildiz per spaventare soprattutto dal lato di Mancini (a lungo andare penalizzato da questa pubalgia incipiente), poi Iling per Kostic e Milik per Vlahovic per tenere alto il confronto muscolare. Così si è sviluppata una partita con la Roma a gestire il palleggio, la Juventus bassa nel conforto del proprio fortino a cercare le fiammate in ripartenza approfittando del progressivo scadimento della forza offensiva romanista. Così nel taccuino ha trovato spazio un morbido sinistro a giro di Dybala su scarico di Pellegrini ben controllato da Szczesny, una bella azione aggirante al 38’ culminata con un gran destro di Cristante destinato all’incrocio dei pali (con Szczesny in volo quasi rassegnato) deviato provvidenzialmente di testa da Bremer.
Un minuto dopo una ripartenza nata su una punizione tirata corta da Pellegrini (quasi a simboleggiare il momento ancora moscio del capitano) ha portato McKennie a calciare in area quasi a colpo sicuro, col tiro respinto di ginocchio da Rui Patricio. Al 43’ la Juventus ha trovato in ripartenza anche il raddoppio, ma sull’ultimo tocco Sozza ha rivenuto una posizione di fuorigioco di Chiesa prima del tiro finale confermata dal Var. L’ultimo tentativo è stato portato da Azmoun, bravo a calibrarsi in area e a deviare di testa un cross morbido di Cristante, purtroppo per la Roma tra le braccia di Szczesny. Così si è arrivati inesorabilmente ad esaurire i sei minuti (e trenta secondi) concessi da Sozza e a scatenare l’ennesima festa per lo Stadium, per lo sconforto dei 2100 romanisti arrivati ancora una volta speranzosi e tornati a Roma con le pive nel sacco.
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