Un altro grande bluff e la Roma che dice no
L’UE dichiara illegittima l’esclusività organizzativa di Uefa e Fifa e immediatamente rispunta l’ipotesi Superlega. Friedkin, come 2 anni fa, declina: «Il futuro passa dalla collaborazione»
Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? 976 giorni dopo, la “Supercazzola” - così l’aveva definita in prima pagina Il Romanista - fa il suo ritorno, con l’ombra di una Superlega che ha investito ieri il già acciaccato calcio europeo. L’assist è arrivato dalla storica sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata ad esprimersi in merito all’esclusività di organizzazione di manifestazioni calcistiche tra club, riservata fino a 24 ore fa a Fifa e Uefa. «Le norme sull’autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche interclub, come la Superlega, violano il diritto dell’Unione», ha sentenziato l’organo giuridico dell’UE, aggiungendo però che: «Ciò non significa che una competizione come il progetto della Superlega debba necessariamente essere approvata».
Detto, fatto. Nel giro di qualche minuto la Superlega è stata riesumata, anche se ritoccata in alcuni punti e senza più le dodici squadre fondatrici. Di quella originale, infatti, non esiste quasi più traccia, neanche il sito internet, che ora rimanda a quello di A22 Sports Management, società - sconosciuta ai più fino a ieri mattina - che si occupa di promuovere il progetto. E proprio il CEO di A22, Bernd Reichart, si è fatto carico in una conferenza stampa dell’esposizione della nuova idea che mira a cambiare, per sempre, il pallone così come lo conosciamo. «Il calcio è libero dal monopolio Uefa - ha esordito Reichart. Ora i club possono determinare il proprio futuro». Ci sarebbe da chiedersi però quali club, perché dei famosi 12 scissionisti sono rimasti soltanto in due: Barcellona e Real Madrid. Anche la Juve, l’unica altra fedele alla causa che inizialmente resistette alla diaspora immediata, nel giugno scorso aveva annunciato di aver intrapreso la discussione per l’uscita dalla Superlega. Le società spagnole, infatti, sono state le prime, e uniche, a commentare con favore la decisione dell’UE, oltre ad Andrea Agnelli, che ha affidato la sua soddisfazione ad una citazione degli U2 sui social, insieme al solito: «Fino alla fine».
Tornando al progetto, come detto ha subito delle modifiche e ora prevede un torneo da 64 squadre, divise in tre leghe - Star, Gold e Blue League, da 16, 16 e 32 squadre -, con meccanismo di promozione e retrocessione tra le divisioni. La partecipazione non è più garantita da uno status quo, bensì dai risultati raggiunti sul campo - nazionale prima e continentale poi - ogni anno. La prima fase sarebbe simile ad un campionato - come del resto la nuova Champions League -, per poi lasciare spazio agli scontri ad eliminazione diretta. Partite gratis in tv e lauti compensi alle società che decideranno di unirsi. A questo punto potrebbe sorgere un’altra domanda: da dove vengono questi soldi? La risposta però, purtroppo, ancora non c’è. Un progetto ancora troppo poco chiaro e definito per poter pronosticare il suo destino. Che si tratti di un’altra “Supercazzola”?
Il fronte del no
Se di prospettive future se ne vedono poche, il rumore mediatico della vicenda è stato notevole, scatenando ovviamente le reazioni in tutto il mondo del calcio, arrivando anche a quello politico.
In Italia il primo “no” a rompere un fastidioso silenzio l’ha detto la Roma. Un’altra volta, come due anni e mezzo fa, il club ha preso le distanze dalla Superlega con un comunicato: «L’AS Roma ribadisce la propria posizione in rispetto dei valori e del futuro del calcio europeo - ha scritto la società sul sito ufficiale. Il club non appoggia in nessun modo alcun progetto di Superlega e crede che il benessere del calcio europeo possa essere assicurato solo con il lavoro congiunto dei club attraverso l’Eca, in stretta collaborazione con Uefa e Fifa». Una decisione dal valore etico e morale, oltre che politico, vista la posizione rilevante di Friedkin nell’Eca, ma il passato insegna che ciò non rappresenta garanzia assoluta di fedeltà - andrebbe trovata una canzone degli U2 adatta anche per questo.
Anche Inter e Atalanta hanno preso le distanze, insieme a metà del calcio europeo. Non poteva mancare il disappunto del numero 1 dell’Uefa, Ceferin: «Noi uniti contro la Superlega, il calcio non è in vendita. Questo format è più chiuso di quello del 2021 e non lascerebbe chance di partecipare a realtà più piccole». Gli ha fatto eco il presidente Fifa Infantino: «La sentenza non cambia nulla, continueremo ad organizzare le migliori competizioni calcistiche». Insomma i potenti del pallone sono sembrati, almeno a parole, sereni. L’augurio, a questo punto, è che, se non dovesse portare ad una rivoluzione, il nuovo caos Superlega possa generare una riflessione sulla direzione, comunque oligarchica ed elitaria, intrapresa ormai dal calcio.
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