Due mesi per stare insieme: adesso la palla ai Friedkin
Mourinho ha espresso la propria volontà e la presa di posizione pubblica è stata apprezzata dal club. Per la firma si attenderà la fine del ciclo terribile e il mercato
Maestro di ripartenze José Mourinho. E se a volte i suoi ragazzi in campo fanno fatica a mettere in pratica i diktat, ci pensa lui a prendere tutti in contropiede. A Bologna è andato oltre, squarciando le nubi che si erano addensate sulla Roma. Nere, se non addirittura tossiche.
Qualunque sia il giudizio sull’operato di JM, resta innegabile l’effetto catalizzatore della sua dichiarazione d’intenti su un futuro ancora in giallorosso. Tanto che dallo scempio perpetrato dalla squadra contro i rossoblù, l’attenzione si è immediatamente spostata sul condottiero e su quel concetto dalla portata dirompente: «Voglio continuare nella Roma. Sarebbe troppo difficile separarmi da questo club e da una tifoseria unica, se sarà addio a fine stagione non sarà per mia volontà».
Non ci sono altri club all’orizzonte, ma la proposta non può farsi attendere troppo. A fine partita in conferenza lo Special One ha annuito verso chi suggeriva febbraio come termine appropriato per l’eventuale accordo. D’altra parte i Friedkin non hanno nella lista delle priorità i rinnovi contrattuali: tutti gli obiettivi sono ancora in piedi, ma la squadra è attesa da un ciclo terribile (che comprenderà anche il primo turno di Coppa Italia e l’eventuale derby nel quarto di finale secco), che svelerà i risultati soltanto alla fine di gennaio. Così come nello stesso periodo sarà più chiara la rosa a disposizione, dopo la fine della sessione invernale di mercato e l’auspicabile ritorno a disposizione dei lungodegenti. Insomma, è ancora tutto troppo aleatorio - possibilità di qualificazione alla prossima ricchissima Champions in primis - per stabilire impegni certi già in queste settimane. Peraltro gli americani sono abituati a differire i piani per il futuro quando i contratti sono ancora in corso, sia pure con scadenze relativamente vicine. Strategia differente da quella adottata abitualmente in Italia, ma tant’è. La presa di posizione pubblica di Mourinho non è però affatto dispiaciuta alla proprietà, che ha anzi apprezzato il tentativo di stringersi ancora di più al club. In una fase già di grande vicinanza fra allenatore e componente societaria, come testimoniato dalle dichiarazioni di Pinto sulle vicende relative alla sfida con il Sassuolo. Il rapporto è più stretto che mai, a dirimere la scelta sarà soltanto il tempo. Due mesi per restare insieme o separarsi, in caso senza rancore.
Palla passata quindi alla proprietà, che ora si trova a gestire la scadenza contrattuale più spinosa (e probabilmente onerosa) avendo già incassato il «sì» preventivo dalla “controparte”. Con tutte le implicazioni che l’uscita allo scoperto del portoghese comporta: se anche resistono sacche di resistenza anti-mourinhana, è pur vero che gran parte della piazza è schierata al fianco di José, con picchi quasi plebiscitari allo stadio. Gli stessi giocatori sono allineati al proprio mentore, nelle dichiarazioni pubbliche come nelle confidenze più private: evidentemente il bastone che negli ultimi tempi ha spesso soppiantato la carota non ha intaccato la fiducia in uno dei tecnici più importanti del globo. Eppure anche nel post Dall’Ara Mou è stato tutt’altro che tenero col gruppo: «Magari è meglio lavorare con giovani, che con giocatori che non hanno niente da sviluppare in vista del futuro». Critiche feroci, ma paradossalmente non cattive. E i giocatori apprezzano la sua sincerità, anche quando diventa dura.
Concetti simili a quelli ribaditi ai microfoni del “The Obi One Podcast”, diretto dal suo ex calciatore dei tempi del Chelsea Obi Mikel: «Puoi fare più cambi, ma il numero dei giocatori e la loro qualità è importante. Qualche giorno fa un ragazzo mi ha chiesto che cosa poteva fare per giocare di più; io gli ho detto: “Non puoi fare nulla, stai facendo tutto bene. In allenamento sei fantastico, in panchina sei dalla mia parte, sento che sei dalla parte della squadra. Quando ti metto dentro fai il tuo lavoro. Il fatto è che se vogliamo essere una squadra migliore ho bisogno di giocatori migliori in panchina”. Questa è la realtà, hai bisogno di una buona panchina e di buoni giocatori. Di giocatori frustrati, perché tutti sono frustrati quando non giocano sempre. Bisogna far capire che la cosa più importante è arrivare all’obiettivo».
E nella chiacchierata con l’ex mediano nigeriano, risalente a qualche giorno fa ma pubblicata solo ieri, Mou aveva già fatto intravedere le volontà poi espresse a lettere maiuscole nel post-gara di Bologna. «A Roma in tre anni ho tirato fuori 15 ragazzi. Si tratta di una sensazione in più. La squadra è buona, abbiamo le nostre ambizioni. Ci sono club con più potenziale di noi, ma abbiamo tanti buoni giocatori. Quando ti diverti lavorando vuol dire che sei nel posto giusto. Sono felice, ma quando sei alla fine del contratto la decisione passa nelle mani del club. Diventa una tua decisione scegliere se vuoi sederti a parlare o meno». José la sua decisione l’ha presa. Adesso tocca ai Friedkin.
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