Un punto che serve a poco
In una giornata piena di risultati favorevoli, la Roma non affonda i colpi e si accontenta del pari nel derby. Primo tempo diviso a metà, secondo di pura gestione
Scordatevi lo spettacolo di Chelsea-Manchester City. il derby di Roma è un’altra cosa a partire dal risultato, 0-0, passando per le occasioni da gol (un paio per parte) e per i tiri in porta (2-1 per la Lazio). Peccato perché il punto serve a poco dopo che la giornata aveva regalato una serie di risultati tali per cui tre punti avrebbero sostanzialmente riaggiustato la classifica in un colpo solo: così invece si resta a tre punti dal quarto posto, dietro ancora all’Atalanta e ora anche alla Fiorentina, che battendo il Bologna ha fatto quello che si sperava facesse la Roma con la Lazio. Consola la prestazione comunque non remissiva, anzi coraggiosa nelle pressioni alte portate soprattutto nella prima parte della gara, e poi orgogliosa in un secondo tempo con tanto possesso palla e poca produttività offensiva, con Dybala a scartamento ridotto, Lukaku costretto a lottare contro due o tre avversari, Pellegrini ancora in panchina e Smalling proprio in tribuna. Si spera che adesso la sosta possa far tornare vuota l’infermeria per far partire la lunga volata prima del terribile Natale: Udinese, Sassuolo, Fiorentina e Bologna (con l’intermezzo della coppa) anticiperanno i confronti delle feste con Napoli, Juventus, Atalanta e Milan. Serviranno tutti anche se Mourinho su Smalling si è detto ancora pessimista.
L’avvio della partita è stato di marca romanista, col coraggio evidentemente misto a orgoglio per come a Praga si era sprecata una ghiotta occasione di accorciare la lista degli impegni europei, così la Lazio è stata presa di sorpresa con pressioni altissime e palleggio in velocità che ha portato a diverse conclusioni purtroppo capitate tutte sul piede di Karsdorp, tre tiri su sviluppi portati dalla sinistra che sono terminati (due) oltre la traversa e (uno) addosso alla sagoma di Provedel, e sulla respinta Cristante ha sfondato la porta, prima che però l’assistente Bindoni fermasse il gioco per la precedente posizione irregolare del centrocampista. Nel suo 352 più prevedibile, con i soliti difensori, sulle fasce Karsdorp e Spinazzola (al rientro dell’infortuinio e preferito a Zalewski, non ancora perfettamente ristabilito dall’influenza che l’ha tenuto in albergo anche a Praga), in mezzo Paredes in regia con ai fianchi Cristante e Bove, e davanti Dybala, nella versione un po’ timorata di questi tempi, e Lukaku, un leone in gabbia in cerca dello spiraglio verso la libertà. Di fronte il solito compassato e geometrico 433 di Sarri, con Lazzari e Marusic esterni bassi, Patric e Romagnoli nel mezzo, Cataldi play preferito a Rovella, Guendozi e Luis Alberto intermedi, e davanti il solito Immobile versione sgonfia affiancato da Felipe a destra e Pedro a sinistra, inutilmente carico di rancori contro ogni cosa romanista che gli si para davanti.
L’avvio promettente della Roma si è spento con la prima ammonizione di Mancini, cui sono seguite a stretto giro quelle di Ndicka e di Lukaku, per l’evidente arrabbiatura di Mourinho che ha temuto che Massa volesse spegnere i fuochi colpendo solo da una parte. Solo nel finale ha dato un giallo anche a Immobile, risparmiando però clamorosamente Pedro che prima ha calciato un pallone a gioco fermo per intimidire Mancini a terra (senza prenderlo), e poi non pago ha provocato una mezza rissa da cui per fortuna sono usciti tutti indenni. Anche Paredes ha rischiato un paio di volte la sanzione, ma nel suo caso a risparmiargliela non è stato l’arbitro, ma i mancati impatti con gli avversari nelle scivolate sempre in ritardo. Così il finale di tempo stato di marca biancoceleste, con tre occasioni costruite al 25’, 28’ e 43’. Nella prima Luis Alberto, ballando al limite dell’area senza il dovuto controllo dei dirimpettai (con Cristante troppo schiacciato in area) ha ricevuto un pallone da destra da Lazzari e l’ha scaraventato di collo interno verso la porta di Rui Patricio disteso in volo alla sua sinistra, ma la palla è stata respinta dal palo proprio sotto la traversa; nella seconda Romagnoli ha intercettato una punizione di Luis Alberto di testa che Rui Patricio ha respinto con un balzo felino; nella terza, una versione di azione più profonda delle prima, dal fondo Guendozi ha trovato ancora lo scarico di Luis Alberto che stavolta ha mandato in Curva Nord.
Nella Roma completamente assente Dybala, non assistito dalla condizione atletica migliore, un po’ a disagio Paredes in non possesso, e il gravame dei tre cartellini gialli (di cui due a difensori) a condizionare ogni duello: non a caso verso il 40’ Immobile è partito sulla fascia completamente isolato senza che Mancini abbia mai tentato di togliergli il pallone, per paura magari del contrasto falloso, e sul cross dal fondo di Immobile, Ndicka ormai solo in area ha provato a respingere col destro svirgolando il pallone e regalando il secondo corner della serata alla Lazio (a zero).
Al fischio di avvio del secondo la Roma è arrivata in ritardo (ormai un’abitudine) e la distrazione si è portata anche ai primi secondi di gioco, con Guendozi ad affondare nel burro prima che una bella scivolata di Llorente gli togliesse la soddisfazione di vedere l’esito del tiro dal limite dell’ara. Poi, riassestata in campo, la Roma ha preso possesso di nuovo della zona centrale e ha cominciato a gestire bene le pressioni come all’inizio del secondo tempo, senza perdere lucidità nella gestione del pallone. Già al 3’ un bel cross di Spinazzola è stato deviato di testa (alto) da Dybala, forse frenato dal timore di un contrasto in ritardo di un avversario. Poi Immobile ha steso Llorente e ha pure protestato in maniera sgarbata con Massa e Mourinho ha chiesto a gran voce il secondo cartellino per l’attaccante, dopo essersi lamentato nel primo tempo per la generosità di Massa nell’elargizione dei cartellini ai suoi. Il quarto uomo Colombo ha calmato i bollori senza provvedimenti dopo che nel primo tempo erano stati invece ammoniti Sarri e Rapetti che si insultavano.
Proprio Sarri a un certo punto ha cambiato la struttura portante della sua squadra inserendo prima Vecino e Isaksen per Cataldi e Pedro, poi dopo altri dieci minuti, Rovella per Vecino, fermato da uno stiramento, e più tardi Hysaj e Kamada per Marusic e Anderson. Vedeva che la sua squadra restava bassa e non riusciva ad uscire col palleggio (nel post partita darà colpa alle condizioni del campo) e in più i suoi uomini sul campo non davano segnali di grande robustezza. La Roma ha gestito bene il possesso palla senza però mai riuscire a rendere ficcante certi sviluppi, fermandosi un paio di volte con Bove a un centimetro dalla soluzione definitiva: al 26’ il centrocampista non ha stoppato bene un assist prezioso di Dybala che ha preferito la trasmissione del pallone al tiro, al 35’ dopo uno scarico di Lukaku ancor Edoardo non è riuscito a servire Dybala solo soletto sulla destra.
Solo nel finale Mourinho ha provveduto a cambiare i suoi uomini, a conferma della solidità della preparazione: si pensava che fossero i più stanchi, in realtà i primi cambi sono arrivati dopo che Sarri aveva già esaurito i cinque suoi. Dentro Sanches per Bove e Azmoun per Dybala, poi Celik per Karsdorp e infine Kristensen per Spinazzola. Tra un aggiustamento e un altro nel finale, anche per via del brevissimo recupero (appena 3 minuti), la Roma non è più riuscita a dare forma alla sua superiorità e ha rischiato pure qualcosina in un paio di transizioni avversarie. Ma oggettivamente sarebbe stato troppo.
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