L'Europa ci piace difficile
Una Roma senz’anima a Praga viene sconfitta giustamente 2-0 dai padroni di casa. E poteva andare peggio: adesso torniamo secondi nel girone, servono altri sforzi
Sembra quasi che provi un piacere perverso a complicarsi la vita la Roma nelle situazioni in cui potrebbe affrontare qualche passaggio chiave della stagione europea con serenità. È successo due anni fa a Bodø, l’anno scorso a Razgrad contro il Ludogorets, e ieri a Praga, un impegno non irresistibile contro una squadra che forse dopo la semplice vittoria di quindici giorni fa è stata sottovalutata e che invece si è imposta con pieno merito per 2-0, ribaltando il risultato dell’andata e mettendo adesso di nuovo il muso avanti nella classifica del girone G, così la Roma si ritrova ora a dover vincere le ultime due gare del gruppo a Gineva e con lo Sheriff e a rischiare lo stesso (se i cechi, come sembra altamente probabile, vinceranno anche le loro gare) di finire secondi, e quindi con l’obbligo di giocare i due playoff di febbraio contro una terza della Champions League.
Se una cosa, insomma, la Roma non doveva fare ieri, dopo ovviamente aver provato in tutti i modi a vincere o pareggiare la gara, era di perdere con due gol di scarto. E invece è quello che è accaduto, dopo un primo tempo che era stato giocato male, ma senza che lo Slavia avesse mai realmente rischiato di segnare, e poi in un secondo tempo sconcertante, con lo Slavia presto in vantaggio con Jurecka, una reazione improvvisa ma non convinta tanto da intimorire i padroni di casa, che infatti intorno alla mezz’ora hanno pareggiato e poi nel finale si sono “mangiati” i tremebondi ospiti con la grinta e la determinazione che i 1200 romanisti arrivati sin qui chiedevano ai loro, con il solo Bove a tenere alta l’asticella della dignità, mentre tutti gli altri, a partire da Lukaku in campo per tutti i 98 minuti per finire a Dybala, entrato a 20 dalla fine, vagavano per il campo senza sapere come attaccare e come difendere. Comprensibile che anche Mourinho stavolta rientri nel mirino della critica, con il solito ritornello subito ripartito del gioco poco brillante e disorganizzato, ma a mancare clamorosamente stavolta è stato l’atteggiamento della squadra tutta, contro un avversario che ha festeggiato diversi minuti a fine gara con i tifosi in delirio, come se avessero vinto un trofeo. Ma era solo lo scalpo di Mourinho.
La Roma nel primo tempo aveva provato ad opporre la sua attitudine di squadra matura e speculativa alle smanie dei padroni di casa di far dimenticare la brutta partita dell’Olimpico di due settimane fa, con il suo tran tran di costruzione lenta e opposizione morbida che da una parte lascia l’impressione a chi attacca di poter facilmente dominare la partita, ma dall’altra fa nascere un sentimento di pura frustrazione quando alla volontà non si associa un adeguato tasso di produttività. Per cui a fronte dello zero assoluto costruito dalla Roma in fase offensiva, andava registrato lo 0 virgola qualcosa dello Slavia. E quel decimale di qualcosa si doveva essenzialmente ai tre calci d’angolo e a quel paio di conclusioni non irresistibili, qualcuna molto oltre la traversa (Zafeiris all’11’, Chytil al 27’ forse nell’unica vera occasione ghiotta costruita, Provod al 37’), qualcun’altra facilmente controllata da Svilar (Jurecka al 12’). Al 3421 di Trpisovsky, Mourinho (in tribuna per la quarta e ultima volta dopo la squalifica per le parole di Budapest) aveva opposto un 352 che aveva dovuto tener conto del forfait per influenza di Zalewski (tenuto al calduccio dell’albergo per evitargli gli 8 gradi dell’Eden Arena) e della necessità di far rifiatare Cristante. Così Mou aveva scelto Bove ed Aouar vicino a Paredes, mandando Celik (e non Karsdorp, anche lui a riposare per domenica) e a quel punto El Shaarawy in fascia (e non alto come avrebbe voluto), con Belotti al fianco di Lukaku davanti.
Dietro i soliti tre davanti a Svilar, portiere di coppa. In panchina, cinque cambi pronti per affrontare la Lazio: Rui Patricio, Renato Sanches e Dybala oltre ai già citati Cristante e Karsdorp. Di fronte però la Roma ha trovato una squadra molto alta e con l’atteggiamento decisamente aggressivo, con tre difensori di cui due statici (Ogbu e Holes, designati alle marcature di Lukaku e Belotti) e un altro, Masopust, chiamato spesso ad accompagnare a destra lo sviluppo dei numerosi possessi palla, con Zafeiris più lucido in conduzione dell’altro mediano, Oscar Dorley, con gli esterni Doudera e Boril stabilmente proiettati sulla linea dei trequartisti Provod e Jurcka, a supporto del riferimento centrale offensivo, lo sbadato Chytil. Così il primo tempo è scivolato via tra una protesta di Trpisovsky che voleva tenere alto il tasso agonistico della squadra anche con qualche urlaccio all’arbitro (il francese Letexier, forse uno dei più bravi visti in Europa) e qualche rilancio a casaccio di Svilar per ridurre le pressioni più alte.
In campo nel secondo tempo Mou ha portato due giocatori diversi, Karsdorp per El Shaarawy e Cristante per lo spento Aouar, spostando Celik a sinistra e rinvigorendo un po’ la mediana, visto che quanto a qualità l’algerino aveva lasciato parecchio a desiderare. Ma lo Slavia è ripartito come aveva finito, trovando però stavolta presto il gol del vantaggio che ha cambiato anima alla partita: sul cross da sinistra di Boril, Jurecka ha indovinato la deviazione di testa verso l’angolino, Svilar si è allungato alla sua sinistra per deviare senza però mandare la palla in angolo, così Chytil l’ha rimessa nell’area piccola dove ancora Jurecka ha preso il tempo a Ndicka che non è riuscito a respingere sulla linea. Colpita ma non ancora affondata, la Roma ha provato a reagire presto, costruendo in pochi secondi una netta occasione da rete con una bella verticale di Ndicka a cogliere un intelligente contromovimento di Belotti che sbilanciando Ogbu si è trovato solo davanti a Mandous, ma l’ha graziato con un sinistro fiacco che il portiere ceco ha addirittura bloccato a terra. Con la Roma più alta sul campo sono aumentati i rischi dietro, come al 17’ su uno scarico moscio di Llorente con Jurecka che ha servito rapido Chytil che ha subito la rimonta disperata dello spagnolo. Al 21’ Celik ha azzeccato l’incursione che avrebbe potuto riequilibrare la partita andando via a metà campo a due avversari, spostando la sua corsa sul fronte destro e commettendo a quel punto l’errore di hybris di non servire nel taglio Lukaku che sarebbe andato in porta, ma continuando la corsa per arrivare al tiro della gloria, che invece gli è uscito moscio e prevedibile per Mandous. E nell’inevitabile controoccasione per i cechi Svilar si è dovuto superare per mandare in angolo un gran diagonale di Provod.
Mou ha allora ordinato dall’alto l’ingresso di Dybala che pochi secondi dopo ha avuto sul sinistro la palla del pareggio dopo una bella discesa di Bove, ma il tiro masticato è rimbalzato alto. Pessimo segnale diventato un incubo al 29’, con un’azione addirittura da fallo laterale, con la Roma schierata ma troppo attendista, un giro palla fuori area da Dorley a Masopust, l’uscita lenta di Ndicka e il diagonale perfetto all’angolino. Mou è passato allora a Cristante centrale con l’ingresso di Renato Sanches per Llorente e poi al 3412 con Paredes sostituito dal giovane esterno Joao Costa, schierato seconda punta al fianco di Lukaku con Dybala alle spalle. Tutto inutile perché dopo un pasticcio della panchina ceca (van Buren doveva sostituire Chityl, ma è uscito Dorley, e nella confusione l’arbitro ha ammonito il nuovo entrato per il ritardo) proprio Van Buren ha avuto due volte la palla del 3-0, sbagliando clamorosamente le conclusioni. Roba da matti.
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