La differenza tra me e te
Provate a pensare quale dei due allenatori riesca a trasferire la più solida mentalità vincente: uno che affronta ogni gara come una finale o chi parla di amichevoli europee?
Può sembrare una questione in fondo marginale, schermaglie prederby tra allenatori comunque molto diversi tra loro, piccole o grandi provocazioni comuni ovunque nel mondo ci sia una partita così sentita. Ma se ci si prova ad estraniare dal contesto, se fate finta di non leggere queste righe sul Romanista, se immaginate le frasi come se fossero dette da soggetti non riconoscibili e non da Sarri e Mourinho nell’esercizio - legittimo - delle loro facoltà, provate a pensare quale dei due allenatori riesca a trasferire a giocatori ed ambiente la più solida mentalità vincente: uno che affronta ogni gara come se fosse una finale o quello che parla di amichevoli europee?
Uno che vuole essere protagonista fino in fondo in ogni competizione (lo dice, e lo fa) o quello che sostiene in una conferenza pregara che la qualificazione europea per la prossima stagione la sua squadra la potrà guadagnare solo attraverso il campionato, di fatto escludendo che quella squadra possa far bene in Champions (e vabbè...), ma pure eventualmente in Europa League se ci si dovesse trovare? Qui forse non è solo una questione di parteggiare per un allenatore, ed è logico che ognuno tifi per il suo, ma di capire ancora una volta la portata del messaggio che José Mourinho da Setubal reca con sé. Sempre e solo ragionamenti da vincente.
Chi ha visto la conferenza stampa di ieri sera all’Eden Arena avrà notato ad esempio come abbia corretto il giornalista ceco che gli aveva rivolto una domanda sul precedente di una decina d’anni fa in questo stesso stadio, l’Eden Arena, che fu sede della finale di Supercoppa Europea tra il Bayern Monaco di Guardiola e il Chelsea di Mourinho, per l’esattezza era il 30 agosto 2013, uno dei 25 confronti tra i due allenatori feticcio di questa generazione di calciofili. Nella domanda del collega si evocava la sconfitta del Chelsea, ma Josè l’ha presto corretto: «Non abbiamo perso, abbiamo pareggiato, giocando peraltro quasi un’ora in inferiorità numerica». Sì perché sul campo finì 2-2 con il vantaggio di Torres, il pareggio di Ribery, il nuovo vantaggio del Chelsea all’inizio dei supplementari con Hazard e addirittura il pareggio di Martinez al 121’. Il Chelsea giocò in dieci tutti i supplementari, poi ai rigori segnarono tutti tranne il quinto tiratore di Mourinho.
Indovinate chi fu? Lukaku. E così il Bayern si portò a casa la coppa, una di quelle che però José sostiene di non aver perso. Un po’ come quella di Budapest. Quella che è rimasta a tutti qui sul gozzo. Provare a ripetersi anche quest’anno è legittimo ancorché difficilissimo, ma di sicuro l’eventuale vittoria di questa sera spianerebbe la strada fino a marzo. E questo Mourinho lo sa benissimo. Tanto da averlo trasmesso pure a Riccardino Pagano, ultimo talento della nidiata che stasera non partirà titolare, ma che intanto ieri è venuto in conferenza stampa. I suoi “bambini” Mourinho li allena anche così.
© RIPRODUZIONE RISERVATA