Un silenzio rumoroso: la strana notte milanese di Lukaku
Il grande ritorno a San Siro di Romelu ha deluso un po’ tutti. Lui non ha risposto alla minima provocazione, ma in campo s’è visto davvero poco
Non dev’esser stato facile preparare una sfida così complessa dal punto di vista mentale, prepararsi a sentir piovere di tutto, dai fischietti fino a ogni tipo di insulto. I decibel di San Siro hanno toccato picchi inauditi, l’odio verso l’ex campione, amato e ora tanto odiato, era tangibile anche sugli spalti, con sguardi infuocati e mani protese verso il campo, ad assecondare il più becero degli insulti. Il copione è stato pienamente rispettato, il bentornato a Romelu Lukaku è stato assordante.
L’ingresso in campo
Prima il gioco di luci, l’arrivo sul manto erboso dell’Inter con musica a tutto volume. Ma in un attimo lo stadio si è ammutolito, è sembrato prender fiato e com’è spunta fuori dal tunnel la testa di Mancini, i fischi sono diventati assordanti. Com’e sbucato Lukaku, si faceva fatica a sentire da pochi centimetri l’uno dall’altro. Lui ha raggiunto la metà del campo e ha salutato, sorridente, il settore ospiti giallorosso, un applauso prima di abbassare la testa e iniziare il riscaldamento. Nessun cenno, nessun facile assist alla tifoseria nerazzurra, profilo basso e occhi incollati sul pallone. E ogni volta che la sfera capitava sui suoi piedi, San Siro lo annientava, con fischi e insulti.
Vecchi amici
Altro momento clou del pregara di Lukaku è stato il consueto cerimoniale, con le due squadre in mezzo al campo e i saluti di rito prima dell’inizio della gara. Barella e Acerbi hanno quasi tirato indietro la mano, freddo l’abbraccio iniziale con Lautaro Martinez, gli altri lo hanno salutato senza particolari problemi, prima di dar vita alla battaglia in campo che è andata ben oltre oltre i 90 minuti. E ogni attimo, incrocio o espressione di Lukaku veniva mostrata sui tabelloni di San Siro, a sottolineare ogni suo stato d’animo. E un enorme sorriso, quasi divertito, del belga ha acceso ancor di più il pregara.
Calcio d’inizio
Forse la scena più iconica della serata: Lukaku pronto a toccare il primo pallone della serata, ai suoi lati Lautaro Martinez e Thuram, un fermo immagine che parlava del presente e del passato nerazzurro. Il tutto mentre San Siro fischiava e il belga andava a toccare il primo pallone verso Paredes.
La partita
Pronti, via e la gabbia architettata da Inzaghi raccoglie i suoi frutti: Acerbi e Bastoni vanno costantemente a battagliare con il belga, non dandogli mai modo di girarsi e di puntare verso la porta di Sommer. Qualche spintone non visto da Maresca, qualche strattonata energica e provocatoria, davanti alla quale Big si è guardato bene dal rispondere. Ha corso, cercato di fare salire la squadra, ma con i 14 tocchi complessivi non ha avuto modo di incedere, come lui sa fare, nella notte di San Siro. Ne ha parlato a lungo con Cistante, Paredes e Kristensen, ai quali ha chiesto supporto per trovare la via del gol. Ma non era serata. E quando in lontananza ha visto il suo “sostituto” Thuram siglare il gol partita, non ha quasi reagito, capendo che non sarebbe stata quella la notte del riscatto.
Poi il triplice fischio, la rabbia di Cristante e Belotti nei confronti di Thuram, reo di un’esultanza fin troppo smodata davanti ai giocatori giallorossi. Nemmeno quella è stata la miccia della discordia, anzi Lukaku ha fatto da paciere, allontanando i compagni. Poi via, in silenzio, verso gli spogliatoi.
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