Dai fischi di San Siro sbuca Thuram e la Roma va ko
Senza sette giocatori, la Roma prova soltanto a contenere gli avversari e ci riesce fino all’80’, quando arriva il gol del sostituto di Lukaku
È finita così com’era inevitabile che finisse, con i fischi (a Lukaku) diventati applausi (a Thuram), dopo una partita giocata dalla Roma con un’unica prospettiva, quella della difesa a oltranza, e l’Inter che alla fine l’ha portata a casa proprio con l’uomo che ha preso il posto del fischiatissimo e indimenticato eroe, quel diavolo di Marcus Thuram, figlio d’arte di Lilian, pizzicato in tribuna ad esultare in maniera anche piuttosto contenuta mentre intorno a lui San Siro impazziva per lo scampato pericolo e il ritrovato primo posto in classifica.
Perché più passava il tempo, più saliva la frustrazione per quel gol che non arrivava e più tutti temevano la beffa, magari proprio il gol di Lukaku nell’unica palla giocabile. E invece alla fine è finita come il campo ha sentenziato, giusto premio alla forza dell’Inter dominante, giusta punizione per il profilo troppo basso della Roma ancorché falcidiata dagli infortuni. Covando magari il desiderio di affrontarli nel ritorno noi con la formazione al completo (magari senza un paio di riserve, l’equivalente dei loro Cuadrado e Arnautovic) e loro senza sette titolari e con l’intera spina dorsale della squadra bloccata in infermeria. Ora la Roma deve ripartire dal Lecce, sfruttando la settimana di tempo utile per recuperare tutti quelli che è possibile recuperare, e puntando al quarto posto, ora un po’ più lontano e ancora in attesa del completamento del turno con la sfida di stasera tra Lazio e Fiorentina.
La partita si è sviluppata tutta secondo un’unica interpretazione, l’unica possibile nella concezione mourinhana del calcio, almeno per le condizioni in cui le due squadre si sono presentate all’evento: l’Inter attaccava e la Roma difendeva nella propria trequarti campo, provando raramente ad alzare le pressioni (nelle poche volte in cui c’è stata necessità per i nerazzurri di partire dalla propria area di rigore), raramente contrattaccando con la minima qualità richiesta dalla situazione, soprattutto per l’inesistente supporto degli esterni. Difficile quando Zalewski si trova in una serata come quella di ieri, difficile in assoluto per Kristensen, preferito a Karsdorp nell’unica sorpresa dell’undici titolare. Per il resto spazio ai soli tre difensori rimasti, con Mancini, stupidamente ammonito dopo 13 minuti per una plateale protesta contro Maresca, più Llorente e Ndicka, un centrocampo a tre con Bove nel centrosinistra sulle tracce di Barella, Paredes in regia dirimpettaio di Calhanoglu e Cristante a seguire le tracce di Mkhitaryan, e davanti Lukaku ed El Shaarawy abbandonati a loro stessi e al trattamento di Bastoni, Acerbi, Pavard. Logico che nei duelli prevalessero i più forti e più tecnici nerazzurri, meno logico che i romanisti fossero tanto distratti in certi possessi o superficiali nelle trasmissioni del pallone, per la rabbia di Mourinho che dopo aver visto (male) i primissimi minuti in qualche punto del garage è spuntato a sorpresa in tribuna stampa per verificare di persona i problemi emersi dal campo e per poter intervenire in qualche modo con i (pochi) mezzi a sua disposizione.
Ora è inutile star lì troppo a dire che alla Roma è mancata la brillantezza delle giocate preordinate che invece ha consentito all’Inter di rendersi pericolosa almeno quattro volte nel corso solo del primo tempo (dieci tiri a zero, tipo). Si sa che è così, che Mou non punta mai solo sulla qualità delle giocate e preferisce la sostanza di una buona difesa, e forse non si può neanche pretendere di più quando si gioca in casa dei primi della classe, e vicecampioni d’Europa, nel massimo della loro condizione e con la Roma senza sette giocatori importanti come quelli assenti ieri: Abraham, Kumbulla, Dybala, Pellegrini, Renato Sanches, Smalling e Spinazzola, che in una partita come questa servivano eccome. Così il primo tempo è stato un ininterrotto monologo interista, con occasioni clamorose al 6’, al 15’, al 16’ e al 38’: prima è stato Calhanoglu che quasi da fermo dal vertice destro dell’area romanista ha colpito la traversa a Rui Patricio battuto, poi con uno dei tanti cross di Dumfries ricaduto nel cuore dell’area per la zampata di Thuram respinta di piede da Rui Patricio come un portiere di calcetto, poi con un bell’assist di Mkhitaryan per Dimarco in area nel centrosinistra, con puntata diretta sul secondo palo terminata fuori di poco, e infine con un altro assist di Dumfries da destra su cui Pavard in area ha svirgolato la conclusione.
Diversi i problemi accusati dalla Roma in non possesso: l’inconsistenza di Zalewski sui dribbling di Dumfries, la fatica a correre dietro al giro palla veloce dell’Inter, l’incapacità di tenere il passo negli uno contro uno di molti giallorossi. In fase di possesso è mancata invece soprattutto la qualità delle giocate, a scapito della velocità della manovra. Significativa una ripartenza a campo aperto verso la fine del primo tempo, malamente sprecata da una scelta incomprensibile di Kristensen, pensata male ed eseguita peggio.
Mourinho non ha messo mano alla squadra all’intervallo, mentre Inzaghi ha pensato di liberare il più tecnico Darmian al posto del più impacciato Pavard, chiaramente pensando al cambio più in prospettiva offensiva che difensiva. E la partita è ripresa sullo stesso solco del primo tempo, con troppi errori in disimpegno dei romanisti, qualche sciatteria e l’inevitabile pressione interista. Già al 3’ è stata costruita un’altra azione pericolosa, con una punizione calciata forte sul primo palo con sponda sul secondo dove Thuram ha deviato di testa oltre la traversa. E altri due cartellini gialli sono andati a gravare sulle spalle dei romanisti: prima Ndicka e poi Paredes hanno commesso falli da sanzione. All’11’ Calhanoglu ha rischiato il rosso colpendo duro Bove col piede alto, Maresca ha scelto il giallo anche per lui, poi al 19’ una sponda di Lukaku ha permesso ad El Shaarawy di puntare finalmente verso la porta, sterzata fermata fallosamente al limite dell’area e punizione guadagnata da posizione interessante: ma Paredes ha calciato sulla barriera. Poi al 21’, improvvisa, l’unica vera occasione per la Roma, con una palla scodellata da Zalewski dentro l’area, Cristante a soverchiare Bastoni e Sommer a deviare in tuffo un palla che pareva destinata ad entrare all’angolino.
Sulla ripartenza, pessima gestione del pallone di Paredes e altra opportunità per i padroni di casa, con un destro di Calhanoglu deviato da Mancini a spiazzare completamente Rui Patricio, con la palla che rimbalzando lenta è finita però in calcio d’angolo (uno degli otto, alla fine, contro zero per la Roma). Poi sono arrivati i cambi e si è entrati nella parte decisiva della sfida: dentro per l’Inter Asslani e Frattesi per Calhanoglu e Mkhitaryan, Celik per l’inguardabile Zalewski la risposta del povero Mourinho. Così l’Inter ha confezionato, dai e dai, l’occasione giusta: gran cambio di gioco di Asslani sul piatto morbido di Dimarco ad accompagnare la palla sul fondo, cross basso e preciso per Thuram che ha preso il tempo a Ndicka, si è infilato alle spalle di Llorente e ha battuto sottoporta il povero Rui Patricio. Inevitabile destino a cui Mou ha provato solo a quel punto ad opporsi, inserendo Aoaur, Belotti e poi Azmoun per Bove, El Shaarawy e Paredes, a ridisegnare un più offensivo 3421 che ha partorito solo un gran destro di Cristante sopra la traversa. E al 90’ Carlos Augusto ha sfiorato il raddoppio con un destro improvviso terminato giusto sulla traversa.
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