Dalla coda alla testa: la metamorfosi giallorossa
Dopo le prime tre terribili giornate, la Roma ha capovolto il rendimento fino alla 9ª. Nelle ultime sei più punti di tutti al pari di Inter, Juventus e Fiorentina
Il calcio è fatto di campioni, gol, dribbling, vittorie, sconfitte: e la somma trasforma il tutto in numeri. Le statistiche. Che sono lo specchio della realtà, come mi ha insegnato Giorgio Tosatti, mio primo grande direttore, che ha inventato quasi mezzo secolo fa il modo per capire cosa possa accadere in momenti diversi di una stagione a una squadra, a un giocatore, a un allenatore.
E seguendo questa pista scopri che nelle ultime sei giornate di campionato, la Roma è prima in classifica a pari punti con le due corazzate, Inter e Juventus e la sorprendente Fiorentina (nonostante la sconfitta nel derby con l’Empoli). E gli aridi, freddi, ma così veri e confortanti numeri attuali, possono, devono mettere la parola fine alle critiche, al gioco o non gioco della squadra giallorossa, a una rosa definita con troppa fretta da sesto/ottavo posto. La Roma c’è.
José Mourinho, decidendo di venire ad allenare a Trigoria, ha accettato anche una scommessa con se stesso. Niente panchina con una squadra già fatta per vincere: lo ha fatto per venti anni. No, per la prima volta ha deciso di studiare e portare avanti un progetto. Con una squadra dagli evidenti limiti tecnici rispetto alle big del nostro campionato e d’Europa.
Ma non si diventa Special per caso. È completamente fuori strada chi sostiene che l’allenatore portoghese abbia accettato di trasferirsi all’ombra del Cupolone per mancanza di offerte. O dopo aver vissuto due o tre stagioni difficili in Inghilterra. Nel suo Dna c’è un cromosoma chiamato “vincente”. E al suo arrivo ha scatenato e riacceso sopiti entusiasmi nella città del ponentino. Trovare un biglietto per andare all’Olimpico oggi è quasi un’impresa. Soltanto per fare un esempio.
E non è stata un’impresa la vittoria in Conference League al primo colpo, ma semplicemente il primo tassello del progetto. Che nel secondo tentativo, solo un arbitro incapace ha negato il possibile bis.
Roma prima in classifica nelle ultime sei partite, dicono i numeri. L’inizio è stato difficile per tanti motivi. A José è mancato dalla sera alla mattina il metronomo di centrocampo: Nemanja Matic. Impossibile spendere soldi sul mercato per i paletti Uefa. Campionato, pronti, via. Tre partite giocate (o non giocate?) e un solo punto in classifica. Tra sfortuna e ambientamento dei nuovi arrivati. E un ululato: crisi!
Fino a quando Leandro Paredes non è entrato nel cuore della manovra; e Big Rom Lukaku, bomber vero, non si sono integrati e gli altri sono cresciuti fisicamente. Sei gare, tredici punti, media punti 2,16 a partita. Allo stesso ritmo delle più blasonate.
E ancora i numeri dicono che la squadra giallorossa, dopo le prime tre giornate aveva segnato con il contagocce, solo 4 reti, e ne aveva subìte 6. Nelle successive 6 giornate la Roma è andata a segno 16 volte (20 il totale) e ha incassato 6 gol, come i 6 incassati nelle prime tre di campionato. Tutto questo, nonostante l’assenza di Chris Smalling, il perno fondamentale per il reparto arretrato.
C’è un “ma”, un precedente e tanti spifferi o conferme, che a quasi tutti i romanisti tolgono il sorriso. Mou non è mai arrivato a 4 stagioni consecutive sulla panchina di una squadra. Il suo contratto è in scadenza. I tantissimi dollari arabi affollano i suoi pensieri.
Ma questo è futuro, incerto per natura. La certezza è che la Roma è lì, pronta a tuffarsi nel paradiso dell’alta classifica, con tanti obiettivi alla portata di un gruppo solido. Granitico, come lo è Josè Mario dos Santos Mourinho Felix.
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