José, Dublino e la lunga promessa
Lo Special One nelle notti di giugno ha allungato ancora la sua mano verso la nostra, con la promessa di andare a colorare il cielo di Dublino
Caro Direttore, se la risposta fosse “La basilica di San Pietro”, la domanda quale sarebbe? Per me sarebbe “Qual è il luogo più bello nel mondo?”. Dal milletrecento a San Pietro si sono celebrati giubilei, sono stati incoronati re come Carlo Magno, milioni di persone da tutto il mondo sono state accolte dai fianchi della sua piazza, il genio di Bramante, Michelangelo, Bernini e Raffaello negli anni ha dato vita a questa lacerante bellezza che protegge Roma.
Solo un luogo così poteva ospitare la Pietà di Michelangelo, l’opera d’arte più commovente e sconvolgente che sembra aver a che fare con un piccolo miracolo.
L’attimo nell’arte è fondamentale, così come nella vita, pensate se nella primavera del 2021 Mr. Friedkin e Tiago Pinto non fossero riusciti a convincere José Mourinho ad abbracciare il sogno romanista.
Non si tratta solo del primo trofeo europeo portato a Roma, ma di quel fortissimo desiderio di esserci nonostante tutto, quel senso profondo di appartenenza che si era assopito dopo aver perso l’orientamento dalle nostre due bandiere.
Sì, perché è da quando abbiamo lasciato le chiavi di San Pietro a Mourinho che ci siamo riappropriati di quella rincorsa che tiene dentro tutti i tentativi che nella vita non abbiamo fatto e finalmente solo allora abbiamo avuto il coraggio di fare.
Nella recente intervista che ha rilasciato a Sky, ciò che colpisce nel suo racconto non è soltanto l’incredibile percorso professionale che lo ha portato a vincere ventisei trofei, quanto l’emozionate percorso di volti e di insegnamenti che lo hanno reso l’uomo che è diventato oggi.
C’è una frase di J.S. Foer che fissa il momento di vita esatto in cui José ha scelto di portare nel cuore i colori giallorossi: «Fu uno dei giorni più belli della mia vita, un giorno in cui vissi la mia vita e non pensai affatto alla mia vita».
Cosa può volere di più il cuore di un uomo dopo non aver bisogno di dimostrare nient’altro a sé stesso e al mondo? Togliere la solitudine alla vittoria e condividerla con chi sa amare nonostante tutto: i romanisti.
Perché uno che ha costruito la Pietà, un capolavoro che racconterà per sempre la nostra delicata fragilità, non ne vuole scolpire un altro, vuole insegnare agli altri a farlo... questa è la devastante bellezza dei grandi.
Mourinho ha stretto la nostra mano in una promessa che non era facile ma era vera, ha pianto di nascosto le lacrime delle signore affacciate ai balconi che non sanno se potranno vedere un’altra finale… ci ha fatto sentire che insieme gli anni non ci prendono.
Nelle notti di giugno ha allungato ancora la sua mano verso la nostra, con la promessa di andare a colorare il cielo di Dublino a vedere le nostre grida negli occhi dei nostri amici, perché ci sono promesse che funzionano come le conchiglie quando le avvicini all’orecchio: quel suono non cambia mai.
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