AS Roma

Dove manca la qualità, serve l'attenzione

Prima dell’ingresso nel secondo tempo di Dybala, la Roma ha rischiato contro avversari di modesto livello per poca concentrazione messa in campo

Mourinho e Dybala nel pregara di Sheriff-Roma

Mourinho e Dybala nel pregara di Sheriff-Roma (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
23 Settembre 2023 - 08:42

Se diventa difficile immaginare che ci possano essere ancora ampi margini di miglioramento nella crescita di un calciatore moderno sotto il profilo tecnico, tattico e atletico e invece è persino banale considerare quanto sia ampio il margine di crescita sotto il quarto aspetto che caratterizza un calciatore: quello psicologico/mentale. Quando si esaltano le capacità degli allenatori motivatori si tende a pensare, infatti, che semplicemente migliorando le capacità mentali di un atleta si possano ottenere risultati che il potenziale tecnico tattico da solo non giustificherebbe. Ed è vero. Questo, ad esempio, si riconosce a Mourinho. 

I motivi della “morbidezza”
Uno dei dibattiti più antichi eppure così moderni nella materia calcistica riguarda proprio la presunta fragilità di concentrazione dei giocatori di alcune squadre forti tecnicamente che vanno ad affrontare magari avversari meno dotati. Eppure alla vigilia anche il più banale degli osservatori sosterrà la teoria che per quella determinata squadra il rischio maggiore sia la sottovalutazione dell’avversario. Infatti non è raro vedere squadre di minore levatura tecnica imporsi o rendere la vita assai difficile a squadre più dotate. È successo, succede, succederà. Queste distanze si possono colmare con l’agonismo e, fenomeno più recente, con qualche accortezza tattica (peraltro ormai non più solo di natura “difensivistica”).

Ma le motivazioni rischiano di avere un ruolo ancora più importante. Nel primo tempo della Roma a Tiraspol, ad esempio, sono diversi gli elementi che si possono trarre che ci fanno credere come sia stata la Roma con la sua “morbidezza” a favorire quello stallo che si sarebbe trascinato per tutto il primo tempo se non ci fosse stata quella maldestra doppia deviazione in area dello Sheriff a determinare il vantaggio all’intervallo. Eppure siamo sicuri che nella loro testa tutti i giocatori della Roma si siano autoconvinti di dover dare il massimo in ogni momento della partita. Ma alla prova dei fatti non è stato così. Come può succedere? Nei due riquadri in questa stessa pagina, ad esempio, facciamo due esempi plastici di come un po’ di disattenzione difensiva abbia esposto la squadra giallorossa a due rischi piuttosto evidenti.

Marcature a distanza, corse ritardate, chiusure pigre, rifiniture approssimative, conclusioni poco convinte e così via, un intero campionario di piccole disattenzioni che, come in altre occasioni è accaduto, avrebbero potuto portare al clamoroso risultato negativo, anche per la progressiva crescita di autostima degli avversari. Per fortuna stavolta non è successo.

La svolta della qualità
Si perché, all’improvviso, è bastato l’ingresso di Dybala (insieme con Spinazzola e Bove), a determinare un cambio di marcia. Significa che i tre nuovi entrati hanno trascinato mentalmente gli altri? No, più semplicemente significa che chi ha maggiore qualità a volte può anche permettersi di non essere totalmente e perfettamente concentrato, e la sua qualità può fare lo stesso la differenza, mentre chi ne ha di meno non può concedersi pause per non incorrere in svarioni che determinano sconfitte e fanno arrabbiare allenatori e tifosi. Ecco perché, alla fine, i grandi giocatori fanno le grandi squadre, ma certamente ognuno nel suo campo (i giocatori più forti, i giocatori meno dotati, gli allenatori e tutti quelli che hanno un ruolo nello sviluppo di una partita) è obbligato comunque a dare il massimo, magari domandandosi in ogni momento della partita “Sto facendo il massimo che mi è richiesto?”.

Di sicuro non è facile, e quando un giorno qualcuno inventerà il chip che consentirà ad ogni atleta di dare il massimo di se stesso, forse anche le partite di calcio daranno risultati scontati come quasi sempre avviene in altri sport di squadra quando un gruppo di giocatori più forte tecnicamente affrontano un gruppo di giocatori meno dotati.

Una vittoria meritata
La Roma a Tiraspol ha comunque meritato la vittoria sul campo anche per quel finale in netto crescendo. Perché con le giocate e il nuovo vantaggio è arrivata anche una diversa consapevolezza, mentre lo Sheriff esauriva la spinta dell’entusiasmo e a mano a mano lasciava campo. Nel primo tempo Bordin, l’allenatore dei moldavi con forte impronta italianista, ma moderna, ha imbrigliato la manovra giallorossa dopo aver studiato bene le modalità con cui si esprime solitamente la squadra di Mourinho. Il suo elemento più estroso, il trequartista ventisettenne marocchino Talal (uno che dopo l’esperienza nella serie B francese meriterebbe forse una platea più ambiziosa), ha schermato le trasmissioni verso il play (prima Cristante, poi Paredes).

Bordin ha poi chiesto ai suoi di non andare a pressare troppo alti gli avversari, lasciando solo i due attaccanti sui tre difensori centrali romanisti per garantirsi parità numerica a centrocampo e superiorità in difesa, probabilmente spaventato dallo spauracchio Lukaku. Quando uno dei tre centrali riusciva ad uscire dalle pressioni con un po’ di campo davanti, non c’era però il supporto degli esterni o adeguato movimento di mezze ali e punte. Con Lukaku sempre piuttosto portato ai movimenti d’incontro, El Shaarawy ha provato a dettare un paio di volte il passaggio in profondità, senza però la necessaria lucidità nelle conclusioni. E Karsdorp e Zalewski non hanno dato il contributo che si poteva attendere.

Le pressioni del Toro
Lo schieramento tattico dello Sheriff (3-4-1-2) è stato molto simile a quello che presumibilmente adotterà Juric (3-4-2-1) ma con delle differenze fondamentali: perché anche Bordin ha spesso preso a uomo gli avversari della Roma (soprattutto a centrocampo), ma non ha però mai esasperato le pressioni come invece presumibilmente farà il Torino domenica. Non sapremo dire, dal punto di vista romanista, quale dei due atteggiamenti possa portare maggior vantaggi.

Il Torino non è mai un cliente facile, ma per la qualità dei suoi uomini, Mourinho potrà giocarsi anche qualche arma tattica promettente. Se Juric avrà il coraggio di lasciare un solo uomo su Lukaku e un solo uomo su Dybala, ad esempio, la Roma potrà giovarsene sia confidando nelle doti tecniche di smarcamento dei suoi attaccanti, sia per la qualità delle rifiniture che potrebbero sfruttare esterni o interni pronti all’inserimento. Pensiamo, ad esempio, a Cristante, un giocatore in stato di grazia che nel ruolo di mezz’ala arriva con impressionante frequenza in zona gol. E così può diventare un fattore in grado di fare la differenza. Altro aspetto che potrebbe dare qualche vantaggio riguarda la capacità balistica di Leandro Paredes, uno che man mano che rifinisce la preparazione atletica appare sempre più incisivo nella manovra giallorossa.

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