Tiago Pinto: "Nella Roma un ambiente sano, con Mou c'è sintonia"
Il GM durante ai microfoni del "Thinking Football Summit": "Cerchiamo giocatori in linea con la strategia del club che l'allenatore conosce e apprezza. L'Arabia? Un fenomeno sociale"
A pochi giorni dalla conferenza stampa di chiusura del calciomercato estivo, il General Manager della Roma Tiago Pinto è tornato a parlare ai microfoni del Thinking Football Summit, organizzato dalla Liga Portugal in occasione del panel "Trasferimenti di mercato - Da entrate straordinarie a entrate ordinarie", cui hanno partecipato anche Helena Costa, responsabile del reclutamento e assistente del direttore tecnico del Watford FC, e Miguel Ribeiro, presidente del Fameliçao.
Tra gli argomenti trattati durante la conferenza, il dirigente portoghese si è così espresso riguardo l'esigenza di garantire bilanci positivi, esigenza che Pinto ha avuto modo di affrontare durante quest'estate con la Roma: "Al giorno d’oggi non possiamo allontanarci dal tema principale di questa conferenza, perché i club hanno effettivamente iniziato a sovradimensionarsi con i giocatori che ingaggiano, con le strutture che costruiscono, sempre con l’aspettativa che in futuro il giocatore venga venduto e che vengano effettuate plusvalenze per generare così entrate straordinarie ed entrate ordinarie. Noi direttori sportivi siamo direttori finanziari per il 50% del tempo. Quando si è legati alla questione del fair play finanziario, della sostenibilità del progetto sportivo e dei conti che si devono presentare ai proprietari, di fatto i trasferimenti diventano qualcosa di ordinario e non di straordinario. Una società come la Roma, che punta molto sulla formazione - non solo per motivi di identità, ma perché un giovane che vendi per 7 o 8 milioni è un valore aggiunto di 7/8 milioni e quest’anno abbiamo dovuto farlo - e qualsiasi società oggi, all’80/90%, è concentrata su questa idea di costruzione del progetto sportivo e sulla base dei trasferimenti per poter sostenere l’intera struttura di una società di calcio, altamente professionale, ma molto costosa. Stiamo parlando di 90, 100 persone che lavorano per una squadra di calcio. Sono dei contratti pesanti per i giocatori. E quando si inizia l’anno, si parte in negativo e c’è solo un modo per risolverlo: vendere i giocatori".
Il GM giallorosso ha poi proseguito il suo intervento analizzando quello che è stato il fenomento dell'estate calcistica 2023, ovvero l'impatto delle potenze saudite sul calciomercato, e dei cambiamenti con la Lega Araba, la MLS e il Brasile: "Sta succedendo anche in Portogallo in relazione al mercato sudamericano. Il mercato è più forte. Sono sicuro che nessuno al Benfica era contento quando il Chelsea è arrivato a pagare 120 milioni per Enzo. Poi arriva la Saudi League e paga 54 milioni per Rùben Neves. È un progetto con un obiettivo a medio - lungo termine e dobbiamo essere preparati a questa realtà. Credo che sia un fenomeno che è nato economicamente ma ora è anche sociale, nel senso che il giocatore inizia a sentirsi attratto dal trasferirsi in un campionato dove ci sono altri grandi calciatori. Alla Roma quest’anno abbiamo avuto la situazione di un giocatore che è stato trasferito in Arabia Saudita. Si tratta di un ragazzo di 23/24 anni che ora è nella nazionale brasiliana. Quando hai la possibilità di giocare con giocatori come Firmino, Mahrez o Allan Saint-Maximin, sei su un altro livello. Non è solo il cambiamento economico, ma vuoi giocare con questi giocatori. Possiamo discutere della qualità del gioco, ma la verità è che c’è un movimento sociale nel calcio.
Seguo la MLS da un po’ di tempo. Sono sempre stato molto interessato a quel campionato. Hanno ingaggiato giocatori importanti dal Sud America come Thiago Almada, Pavòn, Pity Martinez. È un campionato diverso. Ovviamente ora hanno ingaggiato un Dio del calcio e la situazione è cambiata un po’. Quando arriva Messi, tutto cambia. Dal punto di vista del mercato, vedo queste dinamiche come situazioni neutrali.
Non vedo alcuna differenza tra un club inglese o l’Al-Ahli che ha la capacità di soddisfare la clausola di Gabriel Veiga da 40 milioni. Possiamo discutere di geografia, di diritti umani... Dal punto di vista del mercato, è una realtà. Dal mio punto di vista ciò che dovrebbe cambiare sono le finestre di mercato. Dovremmo avere tutti le stesse armi, gli stessi orari. Non sono d’accordo sul fatto che il mercato sia aperto quando iniziano le competizioni. Non ha senso che noi finiamo il 1° settembre e che altri campionati con molto potere economico-finanziario finiscano una settimana dopo. I soldi non sono tutto. Se lo fossero, il PSG vincerebbe la Champions League ogni anno. Molti giovani giocatori ormai vanno lì. Vediamo Ibanez, Demiral, Veiga all’Al-Ahli. Sono tutti giocatori giovani. Bisogna reinventarsi. Non possiamo competere con loro. Ma così come non possiamo competere con l’Al-Hilal, con il Manchester City, il Manchester United o con il Brighton. Prendiamo ad esempio l’ala irlandese di 18 anni che ha già segnato 3 gol, la prima volta che abbiamo parlato con lui ci hanno chiesto 80 milioni di euro...".
Infine Pinto ha parlato delle strategie tra allenatore e direttore sportivo, perciò nel suo caso con José Mourinho: "La scuola del Benfica insegna che bisogna creare un “ambiente tranquillo”. Bisogna coinvolgere lo scouting, l’allenatore e la strategia del club per cercare di trovare un comune accordo negli acquisti che vengono fatti. Se si entra in una dinamica in cui il club vuole un certo giocatore e lo ingaggia a prescindere dall’opinione del tecnico o viceversa sarà un problema. Da fuori può sembrare diverso, ma alla Roma non abbiamo mai avuto questo problema. Sappiamo che tipo di giocatori possiamo ingaggiare in base alle esigenze che abbiamo. C’è un ambiente sano per cercare giocatori in linea con la strategia del club, che l’allenatore conosce e apprezza. Poi devono anche esserci le condizioni per ingaggiare questo o quel giocatore. È la cosa più difficile, perché richiede molto dialogo, molte analisi, ma è l’unico modo per avere successo. Perché se a metà stagione le cose cominciassero ad andare male, si inizierebbe a puntare il dito verso un colpevole e non avrebbe senso".
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