La rosa è completa, adesso tocca a Mourinho
Mentalità difensiva, cross inutili e posture sbagliate. C’è molto da lavorare per migliorare il rendimento della squadra: a cominciare dall’idea
Ti ritrovi con un punto dopo tre partite, peggior avvio dell’era Mourinho e addirittura in assoluto degli ultimi (quasi) trent’anni, e ti chiedi ancora come sia potuto accadere. Uno dei problemi del calcio è che quando non fai risultati meritando le vittorie può capitare che arrivi la sconfitta in cui hai meritato di perdere che inevitabilmente va a togliere significato anche agli ingiusti rovesci e quindi entri nel loop di una verosimile crisi senza sapere neanche come ci sei entrato.
Stavolta però bisogna limitarsi ad analizzare ciò che è successo contro il Milan proprio per evitare di fare confusione con gli altri due risultati sfortunati di inizio stagione, che però con la sconfitta di sabato non hanno niente a che fare. Se infatti su questa rubrica erano stati sottolineati i meriti di due partite ben giocate ma particolarmente sfortunate nel risultato, stavolta bisogna riconoscere che la sconfitta di misura, che paradossalmente con un po’ più di fortuna si sarebbe anche potuta tramutare in un pareggio, non corrisponde a ciò che si è visto in campo soprattutto nei 60 minuti in cui si è mantenuto l’equilibrio numerico.
Il Milan è stato nella prima ora di gioco decisamente superiore alla Roma tanto da rimarcare proprio un diverso livello di censo. A parere di chi scrive, però, la differenza che c’è attualmente tra le due squadre, già acuita dalle carenze estemporanee nell’organico della Roma, è stata ulteriormente dilatata dalle controproducenti scelte strategiche di Mourinho dal punto di vista tattico.
La strategia di gara
Di fronte a ciò che anche alla vigilia si sarebbe potuta configurare come una certa differenza di peso tra le due squadre (sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista atletico), l’allenatore portoghese avrebbe potuto scegliere tra due diversi atteggiamenti tattici ognuno dei quali recanti con sé rischi e opportunità. Uno più offensivo e uno, quello scelto, più attendista. Non potendo rigiocare la partita, l’unica certezza che possiamo trarre da ciò che abbiamo visto è che la scelta strategica di Mourinho di attendere bassi gli avversari non ha pagato. La Roma ha schierato una linea di cinque difensori con i due esterni fermi ad aspettare bassi Leao e Pulisic, con i tre centrali a garantire superiorità numerica su Giroud e sulla mezz’ala in inserimento offensivo, solitamente nel lato opposto a quello della palla. Probabilmente Mourinho deve aver pensato di poter reggere l’urto offensivo del Milan almeno nel primo tempo per poter poi utilizzare nella ripresa i pezzi forti portati in panchina e non ancora pronti per tenere 90 minuti ad alta intensità.
La didattica del 2 contro 2
La scelta, però, si è rivelata decisamente sbagliata. Abbassare una linea di cinque difensori su tre avversari ha semplicemente permesso al Milan di guadagnare diversi metri di campo senza alcuna pressione avversaria e presentarsi poi sulla tre quarti praticamente senza opposizione. E per virtuosisti del calibro di Leao, Pulisic, Giroud, Loftus-Cheeck, Reijnders è stato facile trovare i varchi in palleggio o in velocità nei quali inserirsi e minare ulteriormente le già poche poche disponibilità di autostima dei giallorossi. Oltretutto c’è qualcosa nella didattica del 2 contro 2 che a Trigoria bisognerebbe ripassare: troppe volte il marcatore del giocatore in conduzione segue la palla invece di continuare a marcare l’avversario, che poi inevitabilmente sfila alle spalle a seguire il triangolo con buona pace di tutti i principi di buona fase difensiva. Vedi ad esempio l’inserimento di Loftus-Cheek da cui è nato il rigore o le numerose incursioni di Leao in fascia ai danni di Celik. E così dopo le posture sbagliate di Smalling delle prime due giornate torniamo ad un altro fondamentale che i giallorossi interpretano poco correttamente.
E il piano B?
In più ci si è messo l’arbitro, concedendo il rigorino che ha sbloccato la partita dopo appena sei minuti, al termine della prima pericolosa percussione. Quando però imposti tutta la tua partita in una maniera così difensiva diventa difficile pensare di poter adottare un piano B, e infatti nonostante il vantaggio il canovaccio tattico non è cambiato, la Roma è rimasta in attesa e il Milan ha preso ulteriore consapevolezza fino a dominare in maniera incontrastata il primo tempo. Il gol di inizio ripresa ha ulteriormente indirizzato la partita prima che l’episodio dell’espulsione di Tomori non determinasse un cambiamento.
Lì chiaramente la partita è cambiata anche se il rovesciamento di fronte (il baricentro è cambiato di ben 14 metri, guadagnati per la Roma, persi dal Milan) ha portato solo ad una serie di cross inutili (e poco sfruttati, solo 2 su 18 sono andati a segno) e a continue verticalizzazioni alte o sul corpo verso Lukaku, a svelare sin da subito le intenzioni tattiche della Roma prossima ventura. Il problema dei cross poi non è neanche quanti ne sono stati sbagliati, ma proprio il fatto che ne sono stati fatti 18. Il Milan, che ha dominato la gara in 11 contro 11, ha fatto ricorso a questa soluzione solo 4 volte (una delle quali perfettamente sfruttata da Leao, con la decisiva però complicità di Celik, capace di lasciare l’interno all’avversario diretto nonostante il tempo per sistemarsi al meglio).
La linea a 4 della disperazione
C’è poi l’inveterata questione del sistema di gioco. Mou ha fatto ricorso ancora una volta al cambio di sistema, come già accaduto con la Salernitana e con il Verona, solo a frittata già in cottura, a confermare l’idea che per lui sia quasi una mossa della disperazione. In 5 si difende bene, in 4 si va alla ricerca del tutto per tutto. Stavolta però si è deciso anche tardivamente, solo al 34’ del secondo tempo, con l’inserimento di Pagano al posto di Mancini. Il Milan già da tempo aveva rinunciato all’azione offensiva e in più giocava pure senza attaccante centrale (dall’uscita di Giroud al 25’ st, con l’ingresso di Pobega), ma aveva lasciato più alti due attaccanti esterni, Leao e Pulisic, poi sostituiti nel compito dai più freschi, ma assai meno rappresentativi, Okafor e Chukwueze.
Tre centrali difensivi dunque non avevano più senso già dal 16’ (dal momento dell’espulsione di Tomori), ma sicuramente dal 25’ st. Mou ha aspettato altri dieci minuti, segno anche questo forse di una certa mancanza di lucidità nella partita. Sbaglierebbe però chi dovesse pensare che Mourinho sia il problema della Roma. No, José è sempre una soluzione. Quest’anno però ha una rosa, seppur tardivamente completata, in grado adesso di proporre diverse soluzioni per ogni ruolo, anche se non tutte di gran qualità. Sta a lui dunque trovare le soluzioni migliori, cambiando o meno il sistema di gioco, ma rendendo di sicuro la sua squadra più offensiva e aggressiva. La stagione è ancora lunga.
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