Verona, il Bentegodi e l'uomo "Simmia"
"Che Roma non sia troppo amata da quelle parti non ha bisogno di trovare conferma sui libri di sociologia. Ma certi episodi avrebbero lasciato sgomento anche te"
Caro Damiano, mi è dispiaciuto che sabato non fossi allo stadio a vedere la partita tra la squadra della città che così bene amministri e quella della città che hai gloriosamente rappresentato in un tempo neanche troppo lontano. Avresti visto comunque una partita emozionante. Magari avresti gioito con i tuoi concittadini e in qualche parte del tuo cuore ti saresti anche un po’ dispiaciuto per l’immeritata sconfitta della Roma.
Mi sarebbe piaciuto che ci fossi stato per vedere la tua reazione di fronte a certe manifestazioni che sconfinano persino dall’inciviltà e planano direttamente nell’infuocato recinto dell’odio per l’altro. Che Roma non sia troppo amata da quelle parti è una questione che non ha bisogno di trovare conferma sui libri di sociologia. Qualsiasi giovanotto con un paio di trasferte sulle spalle lo ha sperimentato sulla sua pelle.
E che in fondo in tutti gli stadi ci siano degli odiatori di professione pronti a sfogare qualche basso istinto solo perché mischiati tra la folla è altrettanto pacifico (e non possiamo dare alcuna lezione neanche noi romanisti, anche pochi giorni fa qualcuno in Monte Mario ha eccepito per l’esultanza un po’ troppo calorosa di un tifoso della Salernitana). È curioso che mentre cresce la coscienza civile nel dibattito pubblico quotidiano poi lo stadio resti spesso quel luogo extraterritoriale dove ognuno è libero di essere anche un po’ mostro.
Che però ci sia qualcuno che si faccia stampare su una sciarpa la parola “Simmie” e la mostri, spalleggiato da qualche altro gentiluomo come lui, ai giornalisti romani presenti in tribuna stampa, come puoi vedere nella foto, è forse qualcosa che avrebbe lasciato sgomento anche te che tante ne hai viste e ne hai sentite nei tuoi anni da calciatore o in quelli da presidente dell’assocalciatori. In tribuna poi, e contro dei giornalisti che a fine partita sono presi solo dal lavoro da terminare con i tempi sempre così stretti. Se ti venisse da chiedermi perché non abbiamo segnalato il tizio alle forze dell’ordine o perché mostriamo la foto coprendo il suo volto, la risposta mi viene facile: ammesso che esista un modo per chiedere conto a quel tizio dei suoi gesti attraverso la giustizia ordinaria, non mi interessa proprio il tema-denuncia per queste cose, né ho mai amato troppo la figura del giornalista benpensante che in nome di chissà quale presunta superiorità intellettuale si mette a bacchettare qualcuno per qualche comportamento poco ordinario.
Ciò che realmente mi interessa, carissimo Damiano, è capire perché più passa il tempo e più quest’odio non fa notizia. Una dolcissima ragazzina di più o meno 18 anni ha provato a farsi un selfie-ricordo al termine della partita sotto la tribuna stampa, con la maglia della Roma: l’epiteto più gentile che le hanno rivolto dalla gradinata superiore è stato “puttana tornatene a casa”. Ecco perché mi dispiace non averti visto e non averti salutato, tu che così fieramente hai indossato i colori di Roma e così orgogliosamente indossi la fascia tricolore di sindaco di Verona. Tu che “simmia” non lo sei mai stato neanche per il più becero dei veronesi, tu che Roma l’hai vissuta così profondamente, tu che ti saresti vergognato di quel tuo concittadino e forse avresti trovato le parole giuste per farlo riflettere. Io anche adesso, a freddo, a distanza di 24 ore, non le ho ancora trovate.
P.S. So che “simmie” è anche uno slogan che viene utilizzato dagli ultrà veronesi in maniera goliardica fino a farne una linea commerciale. Ma in questo caso l’uso che ne voleva fare il galantuomo è stato chiaro a tutti. Se vuoi, in privato, ti mando anche il filmato in cui prima mima di sparare all’interlocutore romanista capitato sotto il suo sguardo e poi gli dice di guardare bene quello che gli sta per mostrare, quella sciarpa, che poi srotola orgogliosamente tra le mani.
© RIPRODUZIONE RISERVATA