Un'altra gara stregata: la Roma cade al Bentegodi di Verona
Papera di Rui Patricio e gara in salita. A fine primo tempo il raddoppio in contropiede. Non bastano il gol di Aouar e 23 tiri per il pareggio
Se al termine delle prime due giornate di campionato ti ritrovi con un punto invece dei 6 che avresti meritato ti devi chiedere se tecnicamente sono tutti all’altezza delle ambizioni che la Roma deve avere e che il colpo (ancora atteso) di Lukaku sembra assecondare. Purtroppo per la sconfitta di ieri a Verona pesano le evidentissime responsabilità di Rui Patricio e di Smalling, o comunque di un reparto arretrato che ha cominciato male la stagione, con quattro gol subiti in due gare nonostante gli avversari abbiano fatto poco per segnarli (cinque tiri in porta). Il Verona si ritrova invece in vetta alla classifica con il Milan (in attesa del resto della giornata) dopo aver vinto non si sa come ad Empoli e ieri.
Alla Roma è mancato il gol, la mira (altri due pali, e sono già quattro), la lucidità soprattutto in rifinitura tra il caldo e le inevitabili mancanze di inizio stagione e ancora una volta un arbitraggio degno, visto che Doveri (sotto la luce dei riflettori per via della questione caduta della territorialità) ha fatto di tutto per scacciare ogni possibile dubbio arbitrando praticamente a senso unico, non assegnando alla Roma un rigore apparso chiaro, dandogliene poi uno che era evidente che non c’era (oltretutto con Dybala in fuorigioco ad inizio azione), e spezzettando la partita ad assecondare il vergognoso atteggiamento antisportivo dei padroni di casa, senza ammonire nessuno per oltre un’ora e poi provando a rimediare nel finale con un recupero protratto fino al 102’, a danno ampiamente già procurato e un’espulsione al 37’ del secondo tempo decretata dal Var (ma già evidente in campo).
La Roma si è trovata sotto di due gol all’intervallo senza sapere neanche come, o meglio, dovendo chiedere conto di questo alle distrazioni decisive di Rui Patricio nell’azione della prima rete e a Smalling per quella del secondo. Ma sul campo non c’era mai stata realmente partita per la netta superiorità tecnica dei giallorossi di bianco vestiti, in campo con la qualità di Dybala al fianco di bomber Belotti, di Pellegrini in mezzo al campo con Cristante esaltato dal ruolo di mezzala e Paredes in cabina di regia, con Kristensen e Zalewski sulle fasce piuttosto ispirati e i tre difensori che ci ritroveremo titolari piuttosto a lungo in questa prima parte di stagione. Verona di Baroni con un coraggioso ma tatticamente poco produttivo 3421, con Ngonge e Folorunsho alle spalle di Djuric, messo in campo centravanti a catalizzare i numerosi palloni alti calciati dalla difesa.
Se l’assetto è diventato produttivo lo si deve solo ai due episodi di inizio e fine primo tempo, con un paio di ripartenze letali diventate tali soprattutto per la decisiva collaborazione dei romanisti. Nel primo caso al 4’ una transizione passata sui piedi del velocissimo Hongla e sfociata a destra sulla corsa di Terracciano è culminata con un tiro del giovanissimo esterno di Baroni (classe 2003) che però non avrebbe dovuto impensierire Rui Patricio: ma il portoghese ha respinto male e davanti a sé il pallone, giusto sui piedi di Duda che ha anticipato Llorente e ha portato i padroni di casa in vantaggio, per la gioia dei non numerosissimi spettatori (22000), peraltro spesso vocalmente superati dai 3000 romanisti del settore ospiti.
L’altro episodio giusto allo scadere del tempo, con l’ennesimo ricamo romanista sulla trequarti (Pellegrini che sembrava aver colto Dybala libero in area) intercettato da Terracciano per l’improvvisa ripartenza del Verona, che ha mandato Ngonge sulla fascia ad un uno contro uno portato fin dentro l’area con Smalling mentre Mancini dall’altra parte provava a contenere il movimento di Folorunsho: il belga ha poi puntato l’inglese, è rientrato sul sinistro e con una finta lo ha messo fuori causa proprio come aveva fatto Candreva sei giorni prima all’Olimpico. 2 a 0 e due macigni sulle spalle dei romanisti al rientro negli spogliatoi.
In mezzo però c’è stata una partita dominata dalla Roma, con un possesso palla del 72% quasi mai toccato dalla squadra nella gestione Mourinho. Effetto del primo gol del Verona e della scelta strategica di Baroni di lasciare l’iniziativa agli avversari ma anche delle nuove concezioni tecniche della Roma. Si dirà che serve a poco concludere la partita con l’80% di possesso palla se poi si perdono le partite. Ed è vero, ma se un motivo di consolazione può esserci per questo avvio di stagione così fiacco deve discendere proprio dalle capacità della Roma di dominare le partite, lavorando semmai sui motivi per cui le hai viste sfuggir via.
Di quelli di ieri abbiamo detto, resterebbe da dire della cronaca del campo. Nel primo tempo la Roma ha costruito almeno tre nette occasioni da gol. La prima al 10’, col Verona già in vantaggio: sul corner di Dybala Cristante ha svettato come sa fare lui sul primo palo, mandando la palla a stamparsi sulla traversa. Al 13’ il primo degli episodi chiave con un episodio che va capito in punta di regolamento: perché sul dribbling prolungato in area di Dybala, Djuric ha toccato il piede destro dell’argentino che in velocità ha sbattuto sul sinistro e ha provocato la caduta del romanista. Ora, potrebbe essere tollerata (e comunque criticata) la scelta dell’arbitro di ritenere il tocco del bosniaco insufficiente a determinare il fallo (scelta soggettiva dell’arbitro), ma la decisione di ammonire Dybala per simulazione certifica l’errore, perché induce a credere che non sia stato proprio visto il tocco. Al 16’ un’altra ghiotta occasione per Pellegrini che si è liberato di Hien e Magnani da centravanti puro, li ha sbilanciati da una parte ed è andato dall’altra, per poi calciare di destro dritto sul primo palo purtroppo in maniera non precisa. Al 19’ Paredes si è trovato con l’occasione giusta al limite dell’area, ma ha calciato con una strana trivela (esterno destro) invece di provare col sinistro, e ha mandato la palla decisamente fuori. Al 28’ ancora una bella combinazione veloce ha portato Dybala in profondità sulla destra, ma ha provato con un tocco sotto a superare (vanamente) Montipò invece di servire Mancini a centro area. Al 31’ un bel duello vinto da Belotti ha spianato a destra la strada a Kristensen che è entrato in area e ha servito basso Zalewski che ha calciato forte trovando però sulla traiettoria Magnani, abile a deviare in angolo.
Al 41’ l’arbitro ha concesso un rigore per un presunto tocco di mano di Hongla su assist di testa di Pellegrini che poi il Var ha sbugiardato, peraltro indicando a Doveri anche la scappatoia di una posizione di fuorigioco di Dybala ad inizio azione. Al 48’ il patatrac che ha messo la partita definitivamente in salita: su azione insistita della Roma alla ricerca del pareggio al 3’ dei 4 minuti di recupero concessi, Pellegrini ha cercato in area Dybala con un pallonetto intercettato da Terracciano di testa, sulla transizione la Roma si è trovata con due solo difensori, Paredes in marcatura su Ngonge e Smalling che aveva accorciato lo spazio su Djuric: sulla palla rimessa lunga il belga del Verona si è ritrovato praticamente con metà campo libera davanti con Smalling a corrergli dietro, mentre in mezzo Mancini cercava di recuperare la posizione su Folorunsho. Poi il già descritto esito con l’1 contro 1 perso ancora una volta dal difensore inglese, in grave crisi d’identità. Un peccato per come la Roma aveva giocato, con grande ispirazione di diversi giocatori sulla trequarti, in un movimento continuo alternato verso la palla e verso la profondità a liberare sempre una soluzione.
Tre cambi per Mourinho (non in campo per via della squalifica, a dar disposizioni Rapetti e Nuno Santos con Conti capoallenatore per la distinta dell’arbitro) con nuovo sistema di gioco: Aouar per Paredes, Spinazzola per Kristensen e El Shaarawy per Llorente, 433 con Zalewski terzino destro e Dybala ed El Shaarawy a supporto di Belotti. La partita del polacco classe 2002 è terminata subito però per via di un brutto colpo allo sterno in un contrasto con Duda che ha spaventato tutti i compagni perché è andato in crisi respiratoria: poi si è ripreso, con Karsdorp al suo posto e quarto fatto cambio al 6’ della ripresa. Al 9’ El Shaarawy ha provato la battuta di destro su una lunga punizione di Pellegrini, Montipò ha deviato in angolo, mentre Belotti in area veniva trascinato a terra da Hongla, con arbitro e Var Nasca impassibili. All’11’ l’arrembaggio romanista ha avuto l’esito sperato con un destro di Pellegrini da fuori area che si è impennato all’altezza del dischetto, con improvvida uscita a valanga di Montipò su Belotti che di testa ha spostato la palla verso Aouar che ha messo in porta ancora di testa (e se non fosse stato gol sarebbe stato rigore).
Qui, a un passo dal pareggio, alla Roma sono mancate freschezza e lucidità, il quinto cambio è arrivato al 23’ a preservare i preziosi muscoli di Dybala (dentro l’inutile Sobakken), il nervosismo ha cominciato a farla da padrone (ammoniti per proteste anche Baroni e il team manager Cardini) ed è mancato il peso specifico in attacco. Il pareggio poteva arrivare su punizione di Pellegrini (colpita la traversa vicino all’incrocio dei pali), su un destro di Cristante fuori di poco, su un tentativo di Mancini deviato da Montipò in corner e con un colpo di testa di Aouar, fuori di poco. Santo Lukaku, pensaci tu.
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