Tre anni di Dan Friedkin: Mourinho, il "gigante" e la coppa
Il 6 agosto del 2020 l’accordo vincolante tra Pallotta e Friedkin Group. Il nuovo corso, tra lo Special One, Tirana, la Joya, Budapest e lo stadio a Pietralata
"Noi tutti al Friedkin Group siamo felici di aver fatto i passi necessari a diventare parte di questa città e club iconici. Non vediamo l’ora di chiudere l’acquisto il prima possibile e di immergerci nella famiglia dell’AS Roma".
Con questo virgolettato, apparso sul sito ufficiale del club in un comunicato congiunto con il Friedkin Group, Dan Friedkin si presentava ai tifosi giallorossi e al mondo del calcio come nuovo proprietario della Roma. Era il 6 agosto 2020, esattamente tre anni fa. In quelle poche righe, inviate contestualmente alla CONSOB, si ufficializzava la firma di un accordo vincolante tra le parti, che avrebbe portato di lì a poco - il 17 dello stesso mese - al passaggio di mano tra la vecchia società americana, guidata da James Pallotta, alla famiglia texana per una nuova era. Quello stesso giorno, la squadra allora guidata da Fonseca venne eliminata dall’Europa League per mano del Siviglia, nell’edizione estiva posticipata a causa della pandemia. Lo stesso Siviglia davanti al quale si è infranto il sogno della seconda coppa europea di fila, lo scorso 31 maggio a Budapest. Togliendo la gloria, ma non l’orgoglio immenso del precorso fatto.
S’è svegliato
In tre anni di Roma, i Friedkin non hanno praticamente mai rilasciato interviste, un silenzio da alcuni criticato, da altri apprezzato. Le uniche parole però arrivarono proprio all’inizio della loro avventura, in un’intervista - o se preferite comunicato - rilasciata proprio ai canali ufficiali del club. In quella circostanza, Ryan - figlio di Dan e proprietario da qualche settimana del Cannes - definì la Roma come “un gigante che dorme”.
Una similitudine accattivante, a dimostrare le grande potenzialità di questa squadra - i suoi tifosi, la città della quale porta il nome, i colori e il simbolo e la sua eterna storia. Potenzialità però che da qualche tempo - all’epoca - era rimasta tale, inepsressa. Nonostante sotto la gestione Pallotta la Roma era tornata con costanza nell’Europa dei grandi - raggiungendo anche la semifinale di Champions nel 2018 -, il ciclo era ormai giunto al termine, con il progetto dello stadio a Tor di Valle impantanato nella burocrazia italiana e le direzioni sportive che faticavano ad avere continuità. A distanza di tre anni, con una semifinale europea, due finali e un trofeo alzato al cielo - il primo dopo 61 anni al di fuori dei confini nazionali - si può quantomeno sostenere che la sveglia ha iniziato a suonare, e il gigante ha aperto gli occhi.
Coup de théatre
Le fortune del gruppo Friedkin arrivano dal mondo automobilistico, ma una delle loro più grandi passioni resta quella del cinema, con i loro successi nel mondo della produzione. Da qui, forse, arriva il loro desiderio di stupire, di lasciare tutti a bocca aperta e, in tre anni di Roma, sono riusciti nell’intento già almeno due volte. La prima fu il 4 maggio del 2021 quando, in un grigio pomeriggio di metà primavera, annunciarono praticamente dal nulla l’ingaggio di José Mourinho come erede designato per la panchina di Fonseca. Si arrivava dalla delusione enorme di Old Trafford quando, in vantaggio alla fine del primo tempo nella semifinale d’andata di Europa League, una Roma incerottata si fece travolgere, perdendo 6 a 2 contro il Manchester United.
Proprio dalle colonne di questo giornale chiedemmo una risposta alla nuova proprietà, un lampo che potesse dare nuova speranza verso il futuro. Detto, fatto. Mou alla Roma. Dodici mesi più tardi, a Tirana, arrivò con lui il successo in Conference, seguito dal secondo fuoco d’artificio: Paulo Dybala. C’è chi, in questi giorni, invoca un terzo colpo di teatro. Potendo, i Friedkin ne farebbero uno al mese e lo dimostrano le centinaia di milioni immessi nel club da quel lontano 6 agosto di tre anni fa. Restano però, purtroppo, i paletti dell’Uefa, che governa il calcio in Europa e con i quali la proprietà è costretta a fare i conti. Qualcosa di limitante, certo, ma che non annulla le ambizioni, tanto che nel frattempo si lavora costantemente a stadio - con il nuovo progetto a Pietralata - e sponsor, per far alzare dal letto il gigante.
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