AS Roma

Il PR di El Sha: "I calciatori sono un'azienda. Nainggolan fa da solo e si vede"

Stefano Marchesi è un professionista della comunicazione e cura l'immagine del Faraone: "Hanno bisogno di consigli, lo dimostrano gli errori di Radja e Icardi"

PUBBLICATO DA Piero Torri
22 Marzo 2019 - 14:17

Personal coach. Mental coach. Assistent coach. Nutrizionisti, Dietologi. Preparatori fisici. E, pure, Pr manager. Nel variegato mondo che ruota attorno ai calciatori, da poco tempo, complice anche il proliferare dei social, è nata questa figura di un professionista che, singolarmente, si occupa della comunicazione del suo assistito, consigli, proposte, scelte, gestione dei momenti positivi o negativi, intuizioni, tutto al servizio del calciatore che vuole ottimizzare, in tutti i sensi, la sua carriera. Uno dei primi a capirlo in Italia, è stato Stefano Marchesi, un professionista con cui basta chiacchierare cinque minuti per capire che ha l'invidiabile capacità di anticipare i tempi, intelligenza che si fa ascoltare, un'esperienza, nonostante la giovane età, più che decennale, prima ufficio stampa del Verona, poi dell'Udinese. Infine la visione: pr manager. Lo abbiamo incontrato per farci spiegare meglio perché la sua scelta farà sempre più parte del calcio del terzo millennio.

Stefano come è cominciata questa nuova professione?
«Con Marco Amelia».

Il portiere campione del mondo e d'Italia con la Roma?
«Lui. Un ragazzo sveglio che è sempre stato attento a quello che succedeva intorno al calcio».

Che vuoi dire?
«È stato il primo a capire, almeno qui da noi, che un calciatore di un certo livello prima di qualsiasi altra cosa, è un'azienda. E in questo senso, deve ragionare per ottimizzare il suo brand nel corso di una carriera che non può essere eterna».

Brutto però definire azienda una persona.
«Capisco, ma è così. E per far rendere al meglio l'azienda, c'è bisogno che il calciatore si circondi di professionisti in ogni settore, comunicazione compresa. Così quando i fratelli Pastorello mi hanno detto di lavorare con loro nella P&P Sport Management occupandomi proprio di questo settore, non ho avuto nessuna remora ad accettare. Del resto ho cominciato lavorando con papà Pastorello che era presidente del Verona. Sono persone serie e professionali, in grado di anticipare i tempi».

Così nasce il Pr manager.
«Sì, è una figura nuova, sono convinto che si diffonderà di più».

Di cosa si deve occupare un Pr manager?
«Relazioni pubbliche, gestione dell'immagine, comunicazione, rapporti con la stampa che sono di due tipi».

Come di due tipi?
«Intendo ufficiali e ufficiosi attraverso una serie di rapporti confidenziali e allora bisogna informare senza ufficializzare. Non sempre un giocatore può dire la verità».

Che cosa intendi?
«Il giocatore-azienda non può essere considerato solo un professionista, ma è anche un ragazzo che può avere una serie di problematiche esterne al campo che possono influire sul suo rendimento».

Tipo?
«Una crisi sentimentale, un parente che sta male, difficili situazioni famigliari, un infortunio che non si può sbandierare per questioni sanitarie e assicurazione. Ecco di tutto questo si può informare, ma è meglio che non si ufficializzi».

Ci fai il nome di un calciatore che non avrebbe bisogno di tutto questo?
«Facile: Ibrahimovic. Ha sempre affrontato tutte le situazioni senza mai farsene travolgere».

Nella Roma con chi lavori?
«P&P ha tra gli assistiti El Shaarawy».

Com'è lavorare con lui?
«Ho rapporti soprattutto con il fratello Manuel che lo segue giorno dopo giorno. Ha già fatto un ottimo lavoro e si sta dando da fare perché Stephan faccia un ulteriore salto a livello di immagine. Il confronto con Manuel potrà portare sicuramente nuove idee e opportunità».

Ti rapporti con le società?
«Certo e con i relativi uffici stampa. Faccio un esempio: se ho la possibilità di un'intervista televisiva a un mio assistito, ne parlo con lui, il club e il procuratore. Poi si decide».

A proposito di procuratori: come sono i rapporti con questi signori?
«Dipende dalle persone. Per quanto mi riguarda, ho una collaborazione esclusiva con P&P per i prossimi quattro anni. Ma conosco parecchi agenti e credo abbiano capito che questo tipo di lavoro può essere utile pure per loro».

Lavori sempre con un giocatore alla volta?
«È importante fare un lavoro individuale. Con P&P abbiamo avviato un progetto stimolante e innovativo. Tra gli assistiti ci sono El Shaarawy, Meret, Candreva, Handanovic, Asamoah, Kramaric, Lukaku quello del Manchester United e parecchi altri. I fratelli Pastorello hanno le idee chiare e vogliono mettere a disposizione dei loro assistiti un servizio da top player. Ognuno ha le sue caratteristiche e lavorare singolarmente ti permette di fare cose che in un club sono complicate. Per far capire: è come se in una classe di venticinque alunni ci fossero venticinque maestri, uno per ragazzo».

Qual è l'aspetto più complesso?
«Prevedere e capire gli errori commessi per non ripeterli».

Errori tipo?
«Due nomi: Nainggolan e Icardi».

Non sono stati impeccabili.
«Radja ha fatto tutto da solo, ma ha capito dimostrando maturità. Per Icardi il discorso è diverso».

Cioè?
«È chiaro che il molteplice ruolo di Wanda moglie, madre, procuratrice e soubrette televisiva non lo ha agevolato. Se fa tutto c'è un conflitto di interessi che può deflagrare. E infatti... Ti faccio un esempio per capire la differenza?».

Certo.
«Giorgina, la fidanzata di Ronaldo. Quante volte l'avete sentita parlare? Tutto è meno che una presenza. Del resto intorno a Ronaldo lavorano grandi professionisti».

E il successo è globale.
«Ronaldo ha capito che doveva fare tutto il possibile per ottimizzare il suo corpo e la sua mente, puntando a migliorare i pregi e azzerare i difetti. Il sessanta per cento del suo fatturato è fuori dal campo. E stato sempre perfetto».

Oddio la sua recente esultanza non proprio...
«Infatti è stato un errore. Ma il pregresso lo aiuta. Ronaldo lo ha capito, ma tutti i calciatori devono capire di dover rappresentare un esempio positivo. E questo oltre a lasciare una buona percezione nell'opinione pubblica, può voler dire poter attirare centinaia di aziende come sponsor. E in questo senso la comunicazione è fondamentale».

Come ti rapporti con i social?
«Io la vedo in maniera un po' differente, per facebook e affini ci sono i social media manager».

Eppure i social coinvolgono miliardi di persone.
«I social sono l'ultimo anello della catena prima per me ci deve essere la gestione del livello di comunicazione tradizionale».
Già il Pr manager.

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