Tribunale Federale, rese note le motivazioni della squalifica di Mourinho
Il tecnico giallorosso salterà le prime due giornate della Serie A 2023-24. Nel comunicato della Figc è possibile apprendere ciò che ha portato alla decisione
Il Tribunale Federale Nazionale ha reso pubbliche le motivazioni che hanno portato alla squalifica di José Mourinho. Di seguito una parte del comunicato diramato sul sito della Figc.
"Il sig. Mourinho con le dichiarazioni oggetto di deferimento – chiaramente pubbliche in quanto rese durante interviste giornalistiche ed a tutti note - ha senza dubbio leso gravemente, non solo il prestigio e la reputazione del direttore di gara Chiffi, con giudizi ed affermazioni anche di natura personale, ma pure l’organizzazione federale nel suo complesso arrivando ad indubbiare i meccanismi di designazione arbitrale. Nel caso in esame sussiste pertanto pienamente la contestata violazione dell’art. 23 CGS. Ciò posto è necessario poi rilevare come nei fatti contestati dalla Procura, oltre alla fattispecie di cui al citato articolo 23, comma 1 CGS nei suoi elementi generali, ricorrano anche, e debbono pertanto valutarsi e tenersi in considerazione, tutti i diversi indici di 'gravità' enumerati nel successivo comma 4 della medesima norma, al fine di determinare l’entità della sanzione. Ed invero, in particolare ricorrono nella fattispecie in questione e debbono essere valutati:
I) l’elemento di gravità legato all’idoneità oggettiva delle dichiarazioni ad arrecare pregiudizio all’istituzione federale, anche in relazione al soggetto da cui proviene la dichiarazione lesiva (nel caso in esame uno dei più popolari tecnici sportivi a livello mondiale);
II) le modalità stesse della dichiarazione (intervista tv e stampa e dunque con la più ampia eco possibile per le dichiarazioni rese);
III) la funzione certamente di rilievo ed apicale che il deferito svolge all’interno dell’organigramma della società affiliata;
IV) la circostanza che le dichiarazioni in esame abbiano messo in dubbio la correttezza delle procedure di designazione arbitrale.
Tutti i suddetti elementi, descritti dall’art. 23, comma 4 CGS, ricorrono nelle dichiarazioni rese dal deferito, di talché è evidente che i fatti oggi contestati rivestano una particolare gravità: sia per la rilevanza del soggetto autore delle dichiarazioni, sia per il contenuto delle dichiarazioni medesime, sia infine per le modalità pratiche in cui sono state rese. Nell’applicazione della sanzione in concreto si dovrà dunque tenere in considerazione la detta gravità delle dichiarazioni. L’art. 23, comma 3 CGS prevede la sanzione dell’ammenda da € 2.500 ad € 50.000 (se appartenente alla sfera professionistica) e sancisce poi però chiaramente che per le violazioni più gravi, si applicano anche le sanzioni di cui all’art. 9, comma 1, lettere f), g), h). Orbene il tenore letterale della norma, con l’uso della chiara locuzione “anche”, non lascia pertanto dubbi nel ritenere che, nei casi più gravi, non si possa considerare sufficiente la pena dell’ammenda, pure nel suo limite massimo, la cui irrogazione in tale misura appare a rigore indispensabile presupposto per l’applicazione della sanzione 'per i casi più gravi', altrimenti si arriverebbe all’effetto paradossale di prevedere anche la pena più afflittiva, ex art. 9, comma 1, lettere f), g), h), alle violazioni che non raggiungono il grado di maggiore gravità (tanto da meritare un’ammenda inferiore al massimo editale e, quindi, al di sotto della soglia necessaria per riscontrare i casi più gravi). Secondo la norma in esame dunque nelle fattispecie di violazioni più gravi – com’è quella in esame – oltre all’ammenda nella misura massima è anche necessario 'salire di grado' ed applicare le sanzioni più afflittive come appunto: i) la squalifica a tempo determinato; ii) il divieto temporaneo di accedere agli impianti sportivi; iii) l’inibizione temporanea a svolgere attività in ambito FIGC".
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