Le guerre di religione con Pep, Mourinho e gli altri
Se disperdessimo la lezione morale lasciata da Guardiola saremmo degli irresponsabili. Il calcio è materia bellissima, c’è un limite che non si dovrebbe mai scavalcare
Se disperdessimo la lezione morale lasciata da Guardiola saremmo degli irresponsabili. Il calcio è una materia bellissima, affascinante nelle sue diramazioni dialettiche, sicuramente popolare e in quanto tale aperto alle valutazioni di chiunque. C’è però un limite che non si dovrebbe mai scavalcare e che viene invece continuamente calpestato nella frenetica affabulazione dei media che nell’era iperconnessa di oggi si occupano della materia: il sentenzialismo. Preda di questi virus sono quegli opinionisti, o pseudo tali, che per trovare una collocazione nel mondo, o anche, come direbbe il Finocchiaro di Compagni di scuola, qualcuno che li stia sentire, sono costretti a ricorrere a delle iperboli fondate essenzialmente sul calcolo delle probabilità: ogni cento cazzate sparate, e immortalate sui social, magari una la prendono. Se, insomma, si è arrivati a discutere le qualità di Guardiola, o in passato persino di Messi o di Totti, significa che è stato toccato il punto più basso.
Inzaghi è passato dall’essere considerato un incapace (due mesi fa) ai lussureggianti peana di oggi, in seguito all’impresa oggettivamente rilevante di aver anestetizzato quella straordinaria macchina da guerra costruita da Guardiola in questi anni al Manchester City. Pensate a che cosa è stato detto di Mourinho prima di arrivare alla Roma, e anche oggi, da chi in teoria non solo per contratto, ma anche per un patto ideale con la platea degli ascoltatori, avrebbe dovuto e dovrebbe oggi formularne un giudizio completo. Sono guerre di religione, il più delle volte insensate. Che nascono da antipatie personali, da germi faziosi, da miseri motivi. E su altri piani è avvilente che non si riconoscano le prodezze di altri allenatori che quest’anno hanno lavorato benissimo guadagnandosi interamente gli emolumenti generosi che vengono loro riconosciuti, da Spalletti (mortificato negli anni con avvilenti e semplicistiche considerazioni ) a Pioli, da Sarri a Gasperini, passando poi per i vari Sousa, Juric, Italiano, Motta, Palladino, Zanetti, Baroni, tecnici capaci di svolgere un lavoro eccezionale, negli inevitabili alti e bassi di rendimento che poco hanno a che fare con le loro capacità.
«Se avesse segnato Lukaku e poi l’Inter avesse vinto ai supplementari io sarei stato meno bravo?». Le parole di Guardiola devono essere scolpite nella roccia e rappresentano il contraltare immediatamente comprensibile di quello che di lui si è detto quando invece la Champions l’ha persa per un goal in fuorigioco di 1 cm: «Sa vincere solo con Messi». Di male in giro nel mondo del calcio ce n’è parecchio. Di gente avida, di allenatori mediocri, di dirigenti improvvisati, di presidenti cialtroni il calcio è pieno ad ogni livello. Se i giornali e i loro commentatori usassero lo stesso feroce criterio per dividere i buoni dai cattivi senza farsi condizionare dal proprio mercato di riferimento o dal volere del proprio editore il movimento culturale intorno a questo magnifico sport crescerebbe in maniera dirompente
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