Il 7 giugno di Italo Foschi
Dalla lite coi biancocelesti estromessi dalla nuova società, al ruolo del Roman. Tutti i passaggi del piano avviato nell’aprile del 1927 dal futuro primo Presidente della AS Roma
Il valore di ciò che è accaduto il 7 giugno 1927 va oltre qualsiasi divisione. Quello è il giorno in cui Italo Foschi decise di estromettere la Lazio dalla società che stava creando. E pensare che ancora oggi si racconta, da parte biancoceleste, che fu la Lazio a scegliere di rimanere fuori dalla società che stava nascendo e che sia stato il generale Vaccaro a comunicarlo a Italo Foschi, rispondendo in vece del presidente Varini alla convocazione che lo stesso Foschi avrebbe fatto in qualità di segretario federale della città di Roma.
La prima cosa da dire è che Foschi non era più Federale dal 16 dicembre 1926 e quindi in tale veste non poteva convocare nessuno. Anzi, non aveva incarichi politici e si occupava solo di sport, lavorando per fondare la Società che avrebbe portato il nome, i colori e il simbolo di Roma. Naturalmente puntava sulle uniche società che erano nella massima serie nella stagione 1926/27, cioè Fortitudo-Pro Roma e Alba-Audace. Certo, la Lazio, essendo una società decisamente organica ai quadri del regime e che aveva nominato vicepresidente il console della milizia Giorgio Vaccaro, era una questione che prima o poi andava affrontata.
La riunione decisiva fu quella del 6 giugno, cui peraltro non si presentarono né Foschi, presidente della Fortitudo-Pro Roma, né Ulisse Igliori, presidente dell’Alba-Audace. In quella sera, come si legge nel verbale, nella sede biancoceleste in Via Tacito, non solo il rappresentante della Fortitudo-Pro Roma Righini si sentì fare la irricevibile proposta di chiamare la nuova società non “Roma” ma “Lazio-Fortitudo”, ma si vide proposta una soluzione economica altrettanto inaccettabile: la Lazio non solo voleva che il nuovo sodalizio si facesse carico per intero dei suoi debiti, ma si dichiarò pronta a riconoscere pienamente solo il debito commerciale della Fortitudo-Pro Roma (100 mila lire, ma ce n’erano altre 300.000), mentre quelli dell’Alba-Audace sarebbero stati coperti solo al 50%. «I rappresentanti della Fortitudo ritengono inutile ogni altra trattativa. La seduta viene pertanto tolta alle 23». Così si chiude il verbale.
Resta aperto il problema finanziario. Italo Foschi, però, una volta accertato la mattina del 7 giugno nella sua abitazione in Via Forlì 16 che le cose sono andate come auspicato, può calare l’asso che nasconde nella manica da qualche mese: il Roman Football Club. Non è certo una squadra forte, infatti ha partecipato al girone D della serie cadetta (insieme alla Lazio) finendo ultima, ma ha due tessere indispensabili per comporre definitivamente il puzzle: le maglie con i colori di Roma e soci molto ricchi pronti a fornire le necessarie coperture finanziarie. Logico pensare che un accordo del genere, che coinvolgeva esponenti importanti di Roma a livello finanziario, non si trovi in una notte e che sia stata proprio questa la carta decisiva mantenuta opportunamente coperta da Foschi per tenere fuori dalla nuova società la Lazio.
Esistono due testimonianze dirette (oltre all’articolo scritto da Italo Foschi il 14 giugno) della riunione del 7 giugno in Via Forlì con Foschi e i rappresentanti di Alba, Fortitudo e Roman: quella di Vittorugo Foschi jr, nipote di Italo Foschi (pubblicata su “Il rosso e il giallo”) e quella di Vittorio Zingarelli, nipote diretto di Italo Foschi (pubblicata su “Il Romanista”).
Il 7 giugno tutti i giornali vengono informati dell’avvenuta fusione tra Fortitudo-Pro Roma, Roman e Alba-Audace, quindi dell’alba della Roma. «Il comunicato della fusione Fortitudo-Alba-Roman, venne dato alla stampa in seguito a una riunione dei rappresentanti delle tre Società, tenutasi la sera del giorno successivo». La sera del giorno successivo al 6 giugno, perché Italo Foschi, che scrisse queste righe su “Il Tevere” del 14 giugno 1927 firmandosi come «Presidente della A.S. Roma», stava intervenendo su una polemica a mezzo stampa con il vicepresidente della Lazio Giorgio Vaccaro e che riguardava proprio ciò che era accaduto il 6 giugno.
Si trattò di una sorta di comunicato stampa ed è probabile che per poter contattare tutte le redazione i nostri “padri fondatori” si fossero spostati in Via Uffici del Vicario 35, presso la sede del Roman. È Alberto Marchesi, giornalista ed ex giocatore del Roman, a raccontare sul “Messaggero” dell’8 giugno 1977, in occasione dei 50 anni della Roma, la trepidazione con cui attese Italo Foschi la sera del 7 giugno 1927 proprio in Via Uffici del Vicario e l’emozione con cui lo stesso Foschi gli disse che, sì, era nata la Roma. A quel punto c’era la necessità di annunciare al più presto la nascita della Roma. Foschi, infatti, temeva qualche “colpo di mano” da parte della Lazio e il fatto che i suoi timori non fossero infondati è tutto sommato certificato anche dalla lettera con cui il giorno dopo, l’8 giugno 1927, la Lazio inviò una lettera a Benito Mussolini offrendo la tessera di socio vitalizio, che il duce accettò.
Le notizie pubblicate sui giornali dell’8 giugno sono praticamente le stesse da parte di tutti i giornali. Comprese quelle sul presidente, che sarà Italo Foschi, sulla sede, che sarà quella del Roman in Via degli Uffici del Vicario 35, e sul campo di gioco, inizialmente Motovelodromo Appio e poi Testaccio. Altro dato da non sottovalutare: si racconta che Foschi volesse inglobare la Lazio perché aveva il campo della Rondinella, il migliore.
Difficile credere a entrambe le cose. Da un lato basta ricordare che in realtà la Lazio stava provando ad abbandonare la Rondinella per prendersi il “Due Pini” dove giocava il Roman, dall’altro va detto che il progetto di Campo Testaccio fu presentato da Foschi già nell’aprile 1927, quando era ancora a capo della Fortitudo (il primo impulso venne proprio dal suo predecessore, il marchese Sacchetti). La Rondinella sarebbe stata teatro del primo derby, vinto dalla Roma l’8 dicembre 1929 con gol di Volk. Ma la prima vittoria c’era già stata il 7 giugno 1927.
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