AS Roma

Roma, ultima fermata: ora la Champions passa per Budapest

In formazione sperimentale la squadra giallorossa rincorre due volte (per Candreva e Dia) con El Shaarawy e Matic, poi manca il colpo del ko

José Mourinho in panchina durante Roma-Salernitana

José Mourinho in panchina durante Roma-Salernitana (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
23 Maggio 2023 - 09:25

Non ci resta che Budapest, dopo la mancata vittoria di ieri con la Salernitana in fondo alla sesta partita consecutiva di campionato senza vittorie (quattro pareggi e due sconfitte dopo il 3-0 sull’Udinese del 16 aprile). Sfumato o quasi il 4° posto, tutte le fiches europee di Mourinho saranno gettate sul tappeto verde della Puskas Arena, per un’impresa che per il tecnico sarebbe mistica («è come Gesù Cristo che passeggia in Vaticano») e che restituirebbe alla stagione il senso (trionfale) che la serie A ha visto piano piano sfumare. Ora è sesta la Roma, davanti di un solo punto rispetto alla Juventus penalizzata ieri di 10 punti e bullizzata ad Empoli.

Peccato per la vittoria che ieri la squadra ha solo inseguito, prima nella versione sgangherata dei venti minuti iniziali (con la prodezza di Candreva al 12’ a indirizzare la partita), poi con un cambio di sistema di gioco e soprattutto di uomini (Pellegrini e Matic, due leader incontrastati) che ha riaddrizzato la questione. Ma dopo il pareggio di El Shaarawy è arrivato il pasticcio che ha portato Dia al gol del secondo vantaggio, e solo a sette minuti dalla fine è arrivato il pari proprio di Matic, prima di un vano e nervoso assalto finale, davanti alla Sud svuotata da una protesta compatta.

Giocare senza il supporto della curva è stato doloroso: dopo che in avvio era stato esposto uno striscione di supporto (“Grinta, cuore e sudore sulla maglia, adesso uniti per l’ultima battaglia”), i gruppi organizzati hanno deciso di ritirare i loro striscioni e poi progressivamente di abbandonare gli spalti in segno di protesta per la decisione presa dagli organi di polizia di non far entrare uno striscione dedicato allo scomparso Roberto Rulli. Particolarmente rumorosi invece i caldissimi tifosi della Salernitana, una delle tifoserie più appassionate e compatte in casa e in trasferta. Alle difficoltà di natura ambientale, proprio nel giorno del 32° sold out testimoniato dai 64286 tagliandi venduti, si sono aggiunte poi quelle di natura tattica, con Dybala neanche convocato per la panchina(«sta male», dirà alla fine Mou) e una formazione ancora inedita. Ma per superare la Salernitana di oggi ci vuole forse qualcosa in più della squadra messa in campo da Mourinho, peraltro cambiata di senso tattico dopo venti minuti quasi a senso unico (per la Salernitana). Sì perché la Roma è scesa in campo con l’anomalia di Bove difensore centrale di destra, accanto al redivivo Smalling e a Ibañez, con Zalewski e El Shaarawy esterni, un centrocampo a tre con Tahirovic in regia, Camara e Wijnaldum intermedi, e Solbakken al fianco di un sempre più irriconoscibile Belotti.

Di fronte il solito, tosto schieramento granata con Daniliuc al fianco dell’ex meteora romanista Gyomber e del giovane e promettente Pirola, una linea a 4 con Kastanos, Bohinen, Koulibaly e Bredaric, e poi Candreva vicino a Dia e Piatek. È apparso subito poco misurato il confronto con l’asse sinistro granata e la nostra catena di destra, con Bove, Camara e Zalewski spesso in difficoltà a controllare palleggio e inserimenti avversari. Poi al 12’ il lampo di Candreva ha ulteriormente appesantito la situazione: su un tentativo di salire della difesa romanista all’inseguimento di una palla respinta verso Koulibaly, Candreva ha azzeccato un gran taglio profondo che è diventato letale soprattutto per via della lentezza nella risalita di El Shaarawy, così mentre Ibañez e Smalling hanno alzato il braccio confidando nella sua posizione irregolare, l’ex laziale è andato all’appuntamento con il perfetto tracciante del suo compagno, il tocco di esterno è stato deciso e vellutato e la palla si è adagiata all’incrocio dei pali. Chapeau.

Dopo una ventina di minuti Mourinho è intervenuto e ha variato il sistema di gioco, spostando Zalewski terzino sinistro di una difesa a quattro con Bove dall’altra parte, con i tre centrocampisti già schierati e El Shaarawy nel tridente d’attacco, con Solbakken largo a destra. Così schierata la Roma ha retto meglio l’impatto e ha provato a ricostruire il destino della partita, mancando però di qualità in molte rifiniture, com’era inevitabile. E quando si sono trovati i varchi per battere a rete, a respingere ci hanno pensato gli stessi attaccanti romanisti, beccati dritti nelle traiettorie (prima Belotti sul tiro di Zalewski, poi Wijnaldum su quello di Camara). Il Faraone al 31’ ha girato di piatto al volo fuori misura, al 35’ ci ha provato Bohinen di sinistro concludendo alto, al 38’ è toccato a Zalewski bloccare Candreva in difesa e ripartire nel coast to coast fino al limite dell’area opposto, tirando oltre la traversa di poco. Al 46’ è arrivato il gol di Ibañez su calcio d’angolo, ma nel tragitto tra la testa dello stesso difensore e la terra, dove è arrivato il tap-in, la palla ha incocciato una mano malandrina di Belotti, tanto è bastato per indurre Banti a richiamare Colombo al Var e annullare. Poi al 7’ di recupero un tiro di Solbakken è stato respinto di petto da Pirola: giusto non intervenire. 

Mourinho ha ricominciato la ripresa con un carico diverso per spessore e tasso tecnico: dentro Pellegrini e Matic per Solbakken e Tahirovic, due tra i meno brillanti, e poi anche Llorente per Ibañez per una staffetta probabilmente programmata. E in due minuti la Roma ha rimesso a posto le cose: Pellegrini ha suonato la carica, su punizione ha messo in difficoltà Ochoa che ha respinto sui piedi di El Shaarawy che ha pareggiato. Al 6’ una maestosa sovrapposizione di Matic ha premiato il tiro di El Shaarawy da buona posizione, ma stavolta il destro è finito verso la curva ormai desolatamente vuota. E al 9’ è arrivata la doccia fredda perché la Roma ha perso qualche posizione in campo e ha commesso lo stesso errore di altri volte (vedi Cremona) in cui dopo il pareggio la squadra ha dimenticato di essere schierata a quattro dietro e quindi senza una copertura in area: così sul cross lungo verso Piatek, Smalling è andato al contrasto senza avere nessuno alle spalle, dal rimpallo su Bove è uscito l’assist per Dia che di tacco ha ingannato Rui Patricio e il rientrante Matic. Nuova montagna da scalare e Roma comunque poco disposta ad arrendersi.

Al 13’ una verticalizzazione di Pellegrini su Wijnaldum è stata fermata fallosamente da Daniliuc, ma l’arbitro ha generosamente ignorato l’intensità del contatto, in realtà decisivo per spostare l’olandese. Altri cambi hanno rinforzato le difese attive degli ospiti, con Mazzocchi per Kastanos, Lovato per Gyomber e Vilhena per Bohinen, mentre Abraham ha fatto riposare Wijnaldum e Cristante ha rilevato Camara. Mou ha invertito i terzini per tenere meglio le discese di Mazzocchi con Bove ed ElSha ha tagliato un bel cross in area per Abraham, ma la deviazione di testa è finita dritta su Ochoa. Al 38’ sul solito mucchio da calcio d’angolo è stato Matic a trovare lo spazio giusto per pareggiare con un bel destro al volo e nel finale hanno ceduto i nervi dopo che Abraham ha deviato un destro probabilmente vincente di El Shaarawy (e tre!) e dopo che Cristante ha appoggiato di testa verso Ochoa un invitante pallonetto di Abraham: ne hanno fatto le spese gli uomini dei due staff Manrico Ferrari della Roma e Rampulla della Salernitana, subito dopo un fallo di Zalewski con brutta reazione di Dia (ammoniti entrambi, ma il senegalese era da rosso).

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