Un altro passo ancora verso il sogno: il primo tempo è della Roma
Con la solita prestazione commovente, i giallorossi si portano avanti verso la finale di Budapest con una fantastica rete di Bove. Dybala dentro 15 minuti
Il primo round se l’è preso la Roma con la solita partita commovente, con i cerotti a tenere insieme le poche fibre muscolari rimaste, ma tanta testa, tanto cuore e tanta qualità e un gol fantastico di Edoardo Bove, non tanto per il tap-in preciso di sinistro dopo la parata di Hradecky su Abraham, quanto per la costruzione dell’azione, con un colpo di petto a saltare Andrich e il dribbling stretto per superare Tah, prima dell’assist per Tammy che indirettamente gliel’ha restituito con la complicità del portiere. Il primo round della semifinale di Europa League è dunque della Roma, ma la strada per Budapest (per affrontare la vincente tra Siviglia e Juventus, ieri a Torino i bianconeri hanno pareggiato al 97’) passa adesso per Leverkusen, dove si giocherà il secondo e decisivo tempo tra sei giorni e chissà con quali reduci in maglia giallorossa, considerando che ci sarà da giocare anche domenica una sfida di campionato a Bologna nella quale è auspicabile che si mandi avanti qualche ragazzotto della primavera.
Perché il Bayer nel pieno delle sue forze, con la sola indisponibilità di Bellarabi, annulla in qualche modo il gap tecnico virtuale con la rosa della Roma, almeno per come è ridotta oggi, con la panchina riempita solo con i giocatori indisponibili, tipo Smalling, Karsdorp ed El Shaarawy, o con quelli a mezzo servizio, tipo Dybala e Wijnaldum. Così la squadra che è scesa in campo nella solita maestosità dell’Olimpico strapieno (63123 spettatori al botteghino, 31’ sold-out, coreografia in latino per la Sud a declamare l’amore per la Roma, e tappeto giallorosso a disegnare la scritta As Roma per il resto dello stadio) è rabberciata e stanca, chiamata al compito che Mourinho ha immaginato per la serata: attesa e ripartenza, sfruttamento delle eventuali palle inattive, controllo della profondità avversaria, pochi grilli per la testa. Così il 352 disegnato per l’uso prevedeva tre difensori stretti e piantati bassi, con Cristante vice Smalling, tre centrocampisti centrali (Matic il play, Bove e Pellegrini le mezzeali romane) e due guardiani di fascia, Celik a destra e Spinazzola a sinistra, pronti a supportare esternamente le poche rifiniture per i due attaccanti, Belotti e Abraham. 3421 per Xabi Alonso, guardiolista mourinhano a cui piace palleggiare quando gli avversari si abbassano e che poi cerca la verticalizzazione profonda per esterni e trequartisti rapidi quando invece viene attaccato: inizialmente aveva scelto Kossounou quale terzo centrale accanto a Tah e Tapsoba, per schierare il difensivo Hincapié a sinistra con il più offensivo Frimpong a destra, e i tecnici e veloci Diaby e Wirtz dietro l’attaccante centrale classe 2002 Hlozek. Ma al 33’ Kossounou si è stirato ed è uscito di scena dalla partita (e sicuramente anche dalla partita di ritorno), così è entrato Bakker a sinistra e Hincapié è tornato in difesa, quando ormai le ostilità si erano in ogni caso già spente.
L’inizio della gara era stato decisamente di impronta tedesca, con due veloci combinazioni che avevano immediatamente gelato l’Olimpico vestito a festa: dopo neanche un minuto è stato proprio Hincapié a saltare Celik a sinistra e a servire in area Andrich che però aveva colpito centralmente consentendo a Rui Patricio di bloccare in presa. Mentre al 7’ una rapida triangolazione tra Wirtz e Hlozek aveva portato proprio il fantasista tedesco al tiro, uscito di pochissimo. Su un fallaccio di Tah su Abraham, con giallo risparmiato dalla gestione assai inglese dell’inglese Oliver, è nata invece l’occasione migliore per la Roma, con la solita calibratissima punizione calciata da Pellegrini, incornata perfettamente da Ibañez che ha costretto al miracolo Hradecky: sfortunati poi Abraham e Cristante che a pochi passi dalla porta hanno visto sfilare il pallone senza avere la possibilità di ribatterlo in porta. Sul taccuino per il resto del tempo resterà traccia solo di qualche tentativo estemporaneo, ora da una parte, ora dall’altra, su sviluppi di possesso palla lunghi senza mai una reale possibilità di percussione incisiva. Con le difese a prevalere sugli attacchi, con il sottopalla di tutti gli elementi, con l’attenzione gagliarda di chi non vuole concedere vantaggi.
Dopo l’intervallo si è ripartiti con lo stesso canovaccio, senza cambi e con la partita a scacchi tra i due tecnici, uno allievo dell’altro, e ora sullo stesso piano a provare ad incidere sui destini della serata. Al 6’ della ripresa un’altra gran punizione di Pellegrini diretta stavolta verso la porta è stata alzata di testa da Tapsoba in corner, confermando in qualche modo l’idea che solo un episodio o un calcio piazzato avrebbero potuto rompere l’equilibrio. O magari l’inserimento di Dybala e Wijnaldum, salutati dall’esultanza dell’Olimpico non appena Mourinho li ha autorizzati ad alzarsi dalla panchina per cominciare il riscaldamento. Il piano era di farli entrare allo scoccare dell’ora di gioco per far riposare Bove e Belotti, ma il destino ha deciso di farli assistere a bordo campo all’azione che ha indirizzato la partita: mentre attendevano di entrare, infatti, Mancini dalla linea della difesa ha lanciato lungo verso Abraham che ha rivolto all’indietro la sua sponda, verso Bove che di petto si è spalancato tra due avversari la strada per l’area, ha saltato secco anche Tah che gli si era parato contro e poi ha servito ancora Tammy, che ha controllato il pallone e ha battuto forte a rete, sulla respinta di Hradecky si è avventato come un vero e proprio cane malato proprio Bove che ha ribadito in porta il gol urlando con l’Olimpico la gioia per una consacrazione ormai piena.
Con la Roma in vantaggio, Mou ha fatto rimettere la pettorina ai due acquisti migliori del mercato estivo giallorosso rimandando di un altro quarto d’ora il loro inserimento. Nel frattempo la Roma, trascinata da un Olimpico sempre più ruggente, ha preso in mano la partita con la maturità della grande squadra, andando a spaventare altre due volte il portiere avversario: al 22’ con Belotti, servito ancora da Bove sulla destra, bravo a liberarsi per il tiro e a costringere Hradecky all’ennesimo intervento risolutivo, e sulla respinta ancora Bove si è coordinato per tentare addirittura la mezza rovesciata volante che è finita alta. Alonso ha provato allora a cambiare qualcosa, rinforzando l’attacco con due punte come Azmoun e Adli e richiamando l’evanescente Diaby e l’impalpabile Hlozek. Alla mezz’ora Mou ha riproposto il doppio cambio rinviato poco prima, ma la Roma ha abbassato troppo il proprio baricentro per permettere ai due nuovi entrati di incidere sulla partita: ce n’è stata una sola di occasione data dal destino, su un lungo possesso tedesco interrotto da Abraham che avrebbe potuto lanciare Paulo in campo aperto, ma non è riuscito ad indirizzare bene il lungo lancio.
E fino alla fine il Bayer ha avuto una sola occasione, su un clamoroso svarione di Rui Patricio che era uscito su un lancio prevedibile per abbrancare il pallone in anticipo su Azmoun, ma ne aveva perso il controllo nel contrasto con Ibañez, la palla è rimasta lì per Frimpong che l’ha controllata e ha calciato in porta, colpendo però Cristante nel frattempo schiacciato sulla linea ad estrema difesa del vantaggio. Nel finale anche Ibañez e Spinazzola sono finiti sul taccuino dei cattivi, con Abraham e Mancini, ma con i cartellini azzerati per regolamento nessuno può finire in diffida. Se la Roma arriverà all’atto finale non può temere defezioni per somma di gialli.
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