Nella testa soltanto la Roma: Mourinho al lavoro per battere il Leverkusen
Tra rumors e indiscrezioni che lo vogliono lontano, lo Special One rimane la stella polare dell’universo romanista. Dalla Primavera al Bayer: non esiste giorno libero
Qualcosa non torna. O forse, come lui stesso ha ammesso, stiamo semplicemente conoscendo una nuova versione di José Mourinho. Perché rimane tremendamente complicato unire le due attuali anime dello Special One. Da una parte c’è l’allenatore, tra i più vincenti della storia, tormentato dalla necessità di vincere e alla costante ricerca di stimoli e ambizioni, mai banale nelle sue dichiarazioni, pungente nei riferimenti spesso rivolti alla società.
Dall’altra parte “Giosé”, scritto e detto alla romana, l’uomo che si è fatto letteralmente assorbire dal pianeta giallorosso, l’hombre che ha ribaltato Trigoria, cambiato abitudini e ritmi (non solo dei giocatori ma anche di molti dipendenti), il maestro di calcio che ha passato tantissime ore tra i campi del Fulvio Bernardini e il Tre Fontane a guardare ogni tipo di categoria, dall’U14 alla Primavera fino alla squadra femminile.
Una fame quasi bulimica, una voglia di Roma che a volte diventa “troppa” («Sono più di un allenatore e qualche volta mi stanco. Ma poi ho questa capacità di ritrovarmi di nuovo»). Instancabile, indomabile, persino ingestibile in alcuni frangenti, ma è il perfetto dna dello Special One, il tecnico che sta lavorando da giorni sulla testa dei suoi ragazzi, allenando mente e corpo, anche dell’ambiente.
Ha capito di avere il gruppo completamente dalla sua parte, pronto a buttarsi nel fuoco per il suo allenatore, e soprattutto che in questo momento sta producendo il massimo sforzo. Sarebbe controproducente quindi puntare l’indice contro di loro dopo alcuni risultati negativi, infatti li protegge, li espone all’orgoglio della gente a fine gara e prova a distogliere l’attenzione mediatica dal campo, vestendo i panni del parafulmine, che tutto attrae e calamita su sè stesso.
Ma allo stesso tempo non vuole fornire alibi o attenuanti a nessuno, rimane Special perchè considera la vittoria non un possibile risultato ma una vera e propria esigenza. Per questo motivo ha ringraziato il gruppo per quanto fatto finora ma ha chiesto loro l’ultimo sforzo, di completare l’opera e guadagnarsi la finale di Budapest in Europa League. Chiede tanto ma è pronto a mettere tutto il suo impegno, la sua voglia e la sua esperienza a servizio della squadra per raggiungere quella che sarebbe la sua nona finale di una competizione europea.
Proverà a recuperare al meglio della condizione Paulo Dybala, il talento puro che gestisce come un figlio, se lo coccola, ci parla, ascolta il suo stato d’animo e prova a metterlo in campo solo nelle condizioni per fare la differenza. Proverà a recuperare anche l’esperienza di Wijnaldum, la generosità di Belotti e la serenità del gruppo. Gli errori fatti con l’Inter non dovranno minimamente influenzare l’avvicinamento alla gara di Spinazzola e Ibañez, uno come Mourinho non lascerà nulla al caso.
Ha già iniziato a studiare da tempo il Bayer Leverkusen del suo “allievo” Xabi Alonso, è pronto a disegnare l’ennesima trappola dove far cadere gli avversari per fargli perdere identità di gioco e certezze. Oltre a questo potrà contare su 60mila fedelissimi che affideranno allo Special One la speranza di tornare a vivere le emozioni di una finale, tifosi che gli affiderebbero la Roma per tanti altri anni ancora.
Ma se del futuro non v’è certezza, giovedì sera l’universo Roma ancora una volta è pronto a seguire l’accecante bagliore dell’unica stella polare romanista: José Mourinho.
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