AS Roma

L'analisi di Roma-Juventus: le quattro partite vinte da Mourinho

Lo special one ha cominciato la gara senza attaccanti veri e ha difeso il vantaggio con due punte. In mezzo al campo tanta testa e intensità

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
07 Marzo 2023 - 09:04

Quante partite nella partita ci sono state l’altra sera all’ Olimpico? Quattro. E le ha vinte tutte Mourinho. La prima è cominciata al fischio d’avvio dell’attento Maresca ed è durata un tempo, tra una squadra che è scesa in campo con il 3-4-3-0 e un’altra con il 3-5-1-1, entrambe poco disposte a mettere il naso fuori dall’uscio di casa. Se è vero che dal punto di vista dello spettacolo i primi 45 minuti di Roma-Juventus non hanno entusiasmato gli osservatori neutrali, ciò che i due allenatori hanno fatto vedere è invece materia tattica degna di essere analizzata con attenzione almeno da chi vuol capire come si può difendere bene nel calcio. 


La Roma senza punte


Da una parte c’è stato l’esperimento inedito (giocò a Milano con l’Inter in maniera simile, ma con Zaniolo al posto di Wijnaldum) di Mourinho che ha tenuto in panchina i suoi due centravanti per schierare Pellegrini in un ruolo ibrido da trequartista e falso nove, e chiedendo a Dybala e Wijnaldum di restare larghi in fase di possesso e convergenti in non possesso per disturbare la prima impostazione juventina. Alle loro spalle due esterni e due interni piuttosto bloccati, con Zalewski in difficoltà a contenere l’iniziativa di Kostic, e i soliti tre difensori, stavolta in versione deluxe. Qual era l’obiettivo di Mourinho? L’idea svelata alla fine dichiara il presupposto prettamente difensivo, che mirava ad escludere pressioni estreme sul centrale difensivo inizialmente scelto da Allegri, Bremer: infatti Pellegrini non lo affrontava mai faccia a faccia, ma restava sempre orientato ad oscurare la linea di passaggio con Locatelli. Quando poi Allegri ha inserito Bonucci allora Mou ha avvertito l’esigenza di impedirgli la facile impostazione e per questo ha chiesto ad Abraham di entrare in campo, salvo poi posticipare il suo ingresso di 20 minuti visto il vantaggio nel frattempo conseguito da Mancini


La Juve senza fantasia


Dall’altra parte Allegri, incrollabile nella sua cautela tattica che fa spesso trattenere in maniera non sempre giustificata il potenziale offensivo di cui sicuramente dispone: anche domenica ha insistito con uno schieramento che ha lasciato un unico punto di riferimento offensivo, Vlahovic, con tre passisti a centrocampo di cui due ormai piuttosto navigati (Rabiot e Locatelli) e uno, Fagioli, promettente, ma piuttosto a disagio nei climi tesi di una partita di questo livello. Lo stallo che ne è venuto fuori non è stato, come da più parti è stato scritto, “noioso”, semmai prodromico a un inevitabile successivo sviluppo fondato proprio su tali premesse.


La sostituzione rimandata


Ecco che i primi nove minuti del secondo tempo hanno prodotto i primi, veri cambiamenti da affrontare e qui è cominciata la seconda partita. Allegri ha tolto l’evanescente Alex Sandro, ha spostato a sinistra Danilo, a destra Bremer e ha inserito in mezzo Bonucci, con l’obiettivo di aggiungere qualità soprattutto nell’impostazione a lunga gittata. Dall’altra parte, Mourinho ha cominciato a percepire come un difetto quasi irreparabile il fatto di non avere più un riferimento offensivo in grado di garantire un’uscita di emergenza allo sviluppo dal basso e in più ha valutato la grossa difficoltà di Zalewski a contenere gli impulsi sulla sinistra dell’attacco juventino. Ha scelto quindi di chiamare all’agone Abraham e Karsdorp proprio mentre Mancini caricava il suo cannone sotto la Sud: sostituzione ovviamente rimandata visto l’esito della conclusione e di fatto via alla terza partita. 


Allegri aumenta i giri


Allegri ha liberato ancora un po’ del suo potenziale offensivo chiamando in campo Chiesa e sistemando la squadra su un vero 3-4-3, con Di Maria spostato a destra. Per tutta risposta Mou ha inserito subito Karsdorp. La Roma ha ulteriormente limitato la produzione offensiva (senza mai rinunciarvi totalmente) mentre Dybala e Wijnaldum hanno cominciato ad accusare un po’ di stanchezza mostrando segni di cedimento muscolare che in panchina l’allenatore ha immediatamente colto, mandando in campo Bove e Abraham. Ma Allegri non è rimasto a guardare ed ha fatto cominciare la quarta partita, togliendo anche Kostic ed inserendo Pogba per passare a un 4-3-3 decisamente offensivo e dannatamente tecnico. Per conseguenza la Roma ha abbandonato altre zone di campo scegliendo di difendersi con un blocco basso come mossa strategica estrema, ma decisamente consapevole. Il paradosso ha voluto poi che per tenere qualche pallone più in alto Mou abbia concluso la sfida con due attaccanti, proprio nel momento in cui doveva difendere di più. Eccolo il mistero insondabile del calcio: vince ed è giustamente celebrato un allenatore che ha schierato zero punte sullo 0-0 e due nel momento di massima difesa, perde l’altro che non ha messo in campo tutto il suo potenziale offensivo pensando di portare a casa almeno un punto ed ha terminato l’assalto all’arma bianca con tre punte, che sarebbero state quattro negli otto minuti di recupero concessi (7 + 1 generosamente regalato) se Kean non si fosse macchiato dell’imperdonabile colpa di sfogare la propria frustrazione colpendo a gioco ormai fermo Mancini che gli aveva dato il benvenuto togliendogli il primo pallone giocabile. Per la cronaca il tempo effettivo è stato di quasi 57 minuti, uno dei più alti dell’intero campionato. A conferma che i trenta secondi regalati da Maresca in aggiunta ai 7 minuti già dati erano decisamente ingiustificati.


Il dovere di Max e José


Nota a margine per un paio di annotazioni finali: la prima riguarda proprio Allegri che in sala stampa è sembrato spazientito quando gli hanno chiesto del futuro possibile di una Juve a trazione anteriore con il 433 mostrato nel secondo tempo e ha cominciato la solita tiritera sull’inutilità dei numeri tattici. Formule o no, ora che ha recuperato tutto il suo potenziale Allegri ha il dovere di far vedere qualcosa in più nelle partite della sua squadra e gli osservatori il diritto di criticarlo quando invece le sue scelte sono così speculative. Lo stesso Allegri ha definito «mondiale» la capacità tattica del suo amico-rivale Mourinho il quale poi ha svelato come secondo lui la scarsa capacità della Roma di dare continuità ai propri risultati risieda probabilmente nel DNA della società. Speriamo allora che qualcosa sia già riuscito a cambiare lui e visto che l’opera non sembra ancora completata sarebbe bello se la portasse a termine almeno fino alla naturale scadenza del contratto.

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