AS Roma

Mourinho fa sempre il suo: il pareggio è solo un dettaglio

Contro l’ottimo Lecce di Baroni alternati spada e fioretto. Se non è arrivata la vittoria è solo per la bravura del portiere avversario Falcone

Mourinho durante una fase di Lecce-Roma

Mourinho durante una fase di Lecce-Roma (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
13 Febbraio 2023 - 09:24

Bisognerebbe forse solo mettersi d’accordo una volta per tutte su quello che si pretende dalla Roma. Nel calcio da salotto sono tutti bravi: quando non vinci, l’esercito dei divulgatori scientifici che ti spiegano esattamente come e perché avresti invece dovuto farlo si schiera compatto, soprattutto sul terreno fertile dei social. Nessuno però che sappia rispondere esattamente alla domanda: che cosa ci si aspetta dalla Roma quest’anno? Perché se pensiamo che debba vincere sempre con tutte quelle sotto, e poi non perdere in casa delle grandi e magari batterle in casa allora intendiamo che debba vincere lo scudetto. Ma se invece pensiamo semplicemente che il quarto posto sia un obiettivo onorevole, allora ci sta che si torni a casa dal Via del Mare con un solo punto, soprattutto se a confortare il giudizio sulla prestazione sussistono dati come quelli che riportiamo qui a fianco.

La Roma a Lecce ha fatto la partita e avrebbe meritato di vincere se non avesse trovato sulla sua strada un portiere baciato dalla grazia come Falcone o se, più semplicemente, in alcuni episodi decisivi la buona sorte avesse giocato a favore e non contro. Capitolo a parte poi merita la prestazione dei padroni di casa, ma ne scriveremo più avanti. 

L’evoluzione tattica
Soffermiamoci invece su quello che di buono sta facendo vedere questa Roma. Rispetto a tanti altri concorrenti per la Champions, la squadra in questa fase della stagione ha mostrato una evidente evoluzione del pensiero tattico rinforzando ciò che già di buono era emerso sotto il profilo della attitudine agonistica. La Roma oggi sa giocare di spada e di fioretto, a Lecce si è visto ancora una volta quanto la doppia veste calzi a pennello agli uomini di Mourinho, ormai maturi per capire quando si può andare in una direzione e quando invece il momento di virare sull’altra. E certe valutazioni sofisticate non sono alla portata di tutte le squadre. Quando c’è stato da battagliare a Lecce, la Roma lo ha fatto mostrando i muscoli e gonfiando il petto, inibita nella missione solo dalle consuete, bizzarre interpretazioni del regolamento dell’arbitro Aureliano.

Ma alcune giocate di qualità proprie delle migliori squadre continentali hanno svelato l’altra anima romanista, quella delle verticalizzazioni e degli inserimenti tra le linee, delle infilate e dei colpi di tacco, dei tiri a giro e delle conclusioni di testa. Un vasto campionario mostrato con orgoglio nell’arco di una stessa partita, reso vano dal muro alzato da Falcone. Se ci si sofferma poi solo sui pericoli corsi nella fase di costruzione avversaria arrivano solo altre conferme: al netto della deviazione coraggiosa ma anche un po’ fortuita che ha portato alla carambola tra Baschirotto e Ibañez in occasione del vantaggio leccese, la Roma ha saputo contenere con estrema disinvoltura le folate offensive e le ripartenze di una squadra che in casa sua non teme nessuno e mette in difficoltà tutti. Segno ancora una volta che nel versante dell’impermeabilità difensiva Mourinho non può prendere lezioni da nessuno.

Oggi far male a questa squadra è davvero complicato e se volessimo rifare all’indietro la storia dei gol presi nelle ultime settimane ci accorgeremmo di quanto la fatalità più che l’imperizia sia alla base di ogni palla raccolta da Rui Patricio alle sue spalle. Ci sono poi altri due aspetti da valutare riguardo la partita: la questione delle alternative in panchina e la preparazione e la solidità del Lecce, un piccolo capolavoro firmato Marco Baroni. Vediamo nel dettaglio.

La rosa ristretta
Il tema della profondità della rosa è stato più volte tirato in ballo da Mourinho stesso. Premettendo che spesso le valutazioni degli allenatori tendono a sminuire pubblicamente il valore delle rose che hanno a disposizione per dilatare di conseguenza i propri meriti, è indiscutibile come rispetto a quasi tutte le avversarie di fascia la rosa della Roma abbia meno alternative. E anche vero però che alcuni allenatori tendono a plasmare i giocatori che gli vengono messi a disposizione fino ad ottenerne il massimo delle potenzialità. L’Atalanta in questo senso è un esempio imperituro. Poi ci sono le squadre che pescano solo in bacini privilegiati, puntando maggiormente sulle caratteristiche già sviluppate dal singolo piuttosto che sulle potenzialità.

Mourinho è stato abituato così. Dategli giocatori già formati e lui te li saprà portare al trionfo. Poi di necessità fa virtù: e a Roma ha lanciato una serie di giovani interessanti che presto o tardi torneranno utili. Ma per lui resteranno sempre bambini. A Lecce inveve i cambi in qualche modo hanno determinato il risultato: Baroni ha raggiunto il suo obiettivo inserendo quattro giocatori che non solo non hanno abbassato la linea di rendimento della squadra, ma ne hanno addirittura esaltato le caratteristiche già emerse. Viceversa Mourinho ha puntato tutto sul blocco degli 11 titolari, peraltro gli stessi di Empoli, ritardando le sostituzioni fino all’83º minuto. E a giudicare le mini prestazioni dei giocatori messi in campo si può dire che nessuno abbia saputo dare un contributo migliore degli uomini rilevati. Solbakken e Wijnaldum sono sembrati addirittura pesci fuor d’acqua. Comprensibile, per carità. Diventa logico, però, che sul punto Mourinho e Pinto fatichino a trovare una sintesi.

Che bravo Baroni!
E poi c’è la questione che riguarda invece la bravura di Baroni e la solidità del suo Lecce. Per ottenere la salvezza in Italia ci sono due strade: la difesa a oltranza o il modello Lecce. Baroni parte infatti dal presupposto di far giocare bene a pallone la sua squadra, la dispone con un 433 con tre attaccanti veri, centrocampisti che sanno unire quantità a qualità e difensori che non hanno paura di andare a saltare nell’area avversaria, con terzini che spingono e difendono. Un elemento chiave del suo gioco sta nella capacità di tirar fuori da ogni suo giocatori il massimo nei duelli individuali.

Lo ha detto anche il suo terzino sinistro, Gallo, nell’intervista prepartita rilasciata a DAZN: «Il mister ce lo dice sempre, se vinciamo la maggior parte dei duelli individuali vinceremo anche la partita». Sembra una banalità, non è così: lì dentro c’è il mondo di Baroni, che evidentemente spende molto tempo ad insegnare il suo calcio ai giocatori (sì, “il suo calcio”, non è un delitto affermarlo), ma non vuole una squadra che poi diventi passiva quando il Pallone ce l’hanno gli altri. Così insegna anche a difendere, e lo fa bene, da difensore esperto quale è stato. Così il suo Lecce conquisterà una fantastica salvezza.

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