60 anni davvero “Special”: tanti auguri a José Mourinho
Il portoghese festeggia il suo compleanno. Ma a due decenni dal primo grande trionfo non è sazio. Lo ha dimostrato (e continua a farlo) in giallorosso
Happy birthday to Mou! José Mourinho compie oggi sessant’anni, e li compie da allenatore della Roma: qualcosa di neanche lontanamente immaginabile un paio d’anni fa, prima che quel tweet delle 15.09 del 4 maggio 2021 scuotesse fin nelle fondamenta il mondo giallorosso e (più in generale) quello calcistico. Lo “Special One” raggiunge la cifra tonda dopo aver riportato un trofeo europeo a Roma dopo 61 anni; l’unico altro successo, la Coppa delle Fiere del 1961, c’era stato ancor prima che José Mario dos Santos Mourinho Felix venisse al mondo; l’ultimo trofeo giallorosso era stato la Coppa Italia del 2007-08, ancor prima che lui si sedesse sulla panchina dell’Inter. Eccolo, il peso specifico di Mou: è contenuto in questi dati statistici, che troppo spesso qualcuno tende a dimenticare.
Non solo. José festeggia il suo sessantesimo compleanno da terzo in classifica, seppur in coabitazione con Inter e Lazio, a una lunghezza dal Milan secondo. Sì, la stagione è ancora lunga e sembra destinata a decidersi sul filo di lana, almeno stando alle distanze minime che si vedono ora in classifica, ma proprio per questo è fondamentale che la Roma si trovi lì, nel gruppone che si dà battaglia alle spalle di un Napoli che appare irraggiungibile. Già, proprio il Napoli, quello dell’amico “Spallettone”, contro cui Mourinho disputerà la sua prima partita da sessantenne. Da quando è nella Capitale ancora non l’ha mai battuto (due pareggi e una sconfitta), anche se avrebbe meritato i tre punti in un paio di circostanze. Ci riproverà domenica sera al San Paolo: ecco perché, compleanno o meno, il portoghese è focalizzato solo e soltanto sul campo, e sulla preparazione della sfida con i partenopei. Del resto Mou è così, lo è sempre stato: guarda sempre avanti, alla prossima sfida, senza adagiarsi sugli allori.
Quante imprese
Lo aveva già dimostrato due giorni dopo il trionfo in Conference League, con un post su Instagram in cui guardava al futuro e alle imminenti sfide che attendevano e attendono i giallorossi. È il leit-motiv della sua carriera: raggiunto un traguardo, per quanto prestigioso, il focus si sposta sul successivo. Fu così fin dagli albori della leggenda, quando nel 2002-03 conquistò la Coppa UEFA con il Porto; la stagione seguente si prese addirittura la Champions League, con una delle più grandi imprese del calcio recente. Approdato al Chelsea, non solo vinse il primo campionato dopo 50 anni di digiuno, ma fece il bis l’anno successivo.
All’Inter, Massimo Moratti lo ingaggiò con un preciso compito: vincere la Champions League. Dopo aver preso le misure nella prima stagione, vincendo lo Scudetto, nel 2009-10 fece l’en-plein, e noi romanisti lo ricordiamo bene; campionato e Coppa Italia li conquistò a nostre spese, la Champions eliminando il Barcellona di Guardiola e Messi prima di mettere al tappeto il Bayern Monaco del suo maestro van Gaal. José è stato l’unico a vincere in Europa con il Manchester United del dopo-Ferguson, aggiungendo l’Europa League alla Coppa UEFA nella sua personale bacheca. Ha vinto almeno un titolo in ogni squadra allenata dal Porto in poi, con l’unica eccezione del Tottenham, da cui è stato esonerato prima ancora di potersi giocare la finale di Carabao Cup (poi persa dagli Spurs contro il Manchester City).
«La Roma dei Romanisti»
Una volta sbarcato a Roma, lo “Special One” ha annunciato il suo manifesto programmatico: «Non voglio che sia la Roma di Mourinho, ma la Roma dei Romanisti». Detto, fatto: le sue parole sono state allo stesso tempo incitamento e profezia e, sulle ali dell’entusiasmo per il suo arrivo, squadra e tifosi sono ritornati ad essere una cosa sola; il feeling assoluto è stato percepibile fin dalle primissime uscite, nonostante le restrizioni anti-Covid, e quando l’Olimpico ha potuto di nuovo riempirsi, i sold-out sono diventati una piacevolissima consuetudine. Il più emozionante dei pienoni, però, è stato probabilmente quello con il Leicester, nell’1-0 che è valso l’accesso alla finale di Conference League e che ci ha regalato uno José in lacrime. Lacrime bissate anche a Tirana, nel giorno del trionfo contro il Feyenoord che ha scatenato la festa per le strade della città. Una festa alla quale, l’indomani, hanno preso parte anche il tecnico, lo staff e la squadra, con il pullman ad attraversare una fiumana di amore giallorosso.
Ripetersi, dopo un’impresa del genere, non è mai facile. Ma Mourinho ama le sfide e la pressione che queste portano: al netto delle voci che lo volevano prima sulla panchina del Portogallo e poi su quella della nazionale brasiliana, José ha ancora un anno e mezzo di contratto con la Roma. Che ora occupa il terzo posto, è in corsa per un piazzamento in Champions League, ha un quarto di finale contro la Cremonese e un playoff di Europa League con il Salisburgo all’orizzonte. Dopo aver festeggiato questi sessant’anni vissuti alla grande, lo “Special One” - ne siamo certi - farà ciò che preferisce: concentrarsi sulla prossima sfida, possibilmente per vincerla. Del resto, il dna non cambia certo dopo sei decenni di vita.
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