AS Roma

VIDEO - Pellegrini: "Mourinho è fondamentale, se non vince sta male"

Il capitano della Roma sul rapporto col tecnico: "Mi ha insegnato cose a cui non avrei mai pensato. Non gli basta mai, vuole continuare a trionfare"

Una foto di Mourinho e Pellegrini a Trigoria

Una foto di Mourinho e Pellegrini a Trigoria (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA La Redazione
04 Gennaio 2023 - 11:49

Lorenzo Pellegrini ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di DAZN, nella quale ha trattato moltissimi temi tra cui l'importanza di Josè Mourinho:

Il tuo primo ricordo della Roma?
“Non posso non pensare alla mia famiglia, a mio papà, fu l’anno dello scudetto. Mio papà viveva la partita a casa come se fosse allo stadio, urlando come fosse in tribuna. Dopo la gara con il Parma ricordo tanti festeggiamenti, bandiere ovunque, Roma è questa. Ogni giorno viviamo la passione l’entusiasmo della gente. Non si vive da altre parti una cosa del genere”.

Il primo gol in Serie A?
“Giocavano con il Sassuolo e segnammo contro la Samp, fu una grande emozione. Garcia fu, invece, il tecnico che mi fece esordire, ho un rapporto eccezionale con lui, lo stimo tantissimo. Lui è un allenatore top. Non essere più il ragazzo della Primavera mi ha fatto bene. Il primo anno al Sassuolo, nel primo periodo, non giocai mai perché dovevo migliorare in tanti aspetti. Mio papà ha la maglietta del primo gol. Sono un lavoratore, non lascio niente al caso, lo faccio per me e per dare l’esempio agli altri. Dalla Primavera alla Serie A cambia tutto, inizi a condividere lo spogliatoio con chi magari ha 34 anni o che ha 200 presenze in Serie A. Ti viene naturale chiederti di più”.

Totti?
“Non si può spiegare cosa rappresenti per me Francesco. Conoscerlo è stato importantissimo, mi è stato vicino tante volte, è una persona eccezionale con un cuore grande. Portare la fascia al braccio e fare i gradini dell’Olimpico dà i brividi, è un’emozione grande, ma finita la partita bisogna entrare con la fascia al braccio anche negli spogliatoi, nelle riunioni tecniche, bisogna essere sempre capitani”.

Hai mai pensato di prendere la maglia numero 10?
“Non ho mai pensato di prenderla. Innanzitutto, perché il 7 è il mio numero preferito e poi non avrebbe avuto senso, per far contento chi? Conta quello che fai in campo. Quando vedo la 10 penso a Francesco, a nessun altro”.

Nell’essere capitano hai visto qualcosa in Totti e De Rossi che hai fatto tuo?
“Francesco e Daniele sono stati due simboli di Roma e sarà sempre così. Di Francesco, mi piaceva tanto quasi il poterlo sentire in campo, nonostante lì non si parli. Tutti gli riconoscevano la leadership. A volte, le parole non bastano, a me piace più dare l’esempio”.

Zaniolo?
“Ho un rapporto particolare con lui, è come un fratello più piccolo. Mi spiace che venga fatto passare per quello che non è, lui è un ragazzo eccezionale, so quanto è forte. La gara contro il Feyenoord non l’ho mai rivista e non la rivedrò mai, non c’è bisogno di rivederla, basta entrare a Trigoria e vedere la coppa e mi ricordo tutto”.

Che effetto ti fa rivedere le immagini dei festeggiamenti?
“Viene voglia di rivincerne un’altra. Questa è stata un’emozione molto grande perché in questi anni sono state molte le cose difficili da mandare giù. Sono ambizioso, non vengo qui ad allenarmi e poi torno a casa e basta. Pure a casa penso sempre a come poter migliorare qui. Vincere non era una cosa dovuta o scontata, l’abbiamo voluta e sudata tanto, ma era il mio sogno e i sogni sono belli quando li raggiungi”.

Nella mentalità di Pellegrini, Mourinho che posto occupa?
“Il primo posto. Mi ha insegnato cose a cui mai avrei pensato. Lui è stato e continuerà a essere fondamentale. La cosa che mi piace di più di lui è che a lui non basta mai. Ha vinto tutto ma se non vince la prossima partita sta male, questo mi piace tanto di lui, ti fa dare il 100%, ti fa percepire la passione di chi, pur avendo vinto tutto, ha la voglia di vincere ogni singola partita. Per la finale, non si parlava d’altro che di vincere”.

Ci sono volte in cui ti ha sorpreso?
“Tante volte, in realtà. Qui quando non si vince c’è un’aria di chi non ha vinto, chi non dà peso alla vittoria o alla sconfitta non può stare qui. Una volta, dopo una gara non vinta, entrò nello spogliatoio e disse di essere molto soddisfatto. Disse che, nonostante fossero passate settimane, sentiva che c’era un feeling importante e che ci saremmo tolti una soddisfazione a fine anno”.

Le punizioni?
“Nei primi anni qui, mi sono allenato con Kolarov ed era incredibile. Mi aiutò tanto, a lui non piaceva la mia rincorsa e l’ho modificata per seguire il suo consiglio. Contro il Cagliari, mi veniva da ridere perché tutti mi dicevano perché continuassi a tirare le punizioni. Sono migliorato e contro il Cagliari è stata una liberazione. Ora quando c’è una punizione mi sento in obbligo di fare bene, di fare gol”.

Il gol di tacco contro l’Hellas il più bel gol della tua carriera?
“Sì, anche la punizione nel derby contro la Lazio. Il primo contro i biancocelesti è però quello a cui sono maggiormente affezionato. Era un brutto periodo, penso che fossimo in ritiro e quel gol ha cambiato tante cose”




© RIPRODUZIONE RISERVATA

CONSIGLIATI