Un po' di luce dopo Shibuya
Il 3-3 con lo Yokohama chiude la tournée giapponese. La Roma subisce e va sotto di due gol, poi i cambi la ravvivano. Di Zaniolo, Ibañez e Shomurodov le firme sulla rimonta finale
Si chiude senza botto. Nella giornata di commiato dal Giappone la Roma mostra qualche timida scintilla, ma esclusivamente durante la ripresa dell’amichevole che la oppone ai campioni nipponici in carica dello Yokohama Marinos, club in capo alla Nissan. L’occasione è colta dai padroni di casa per celebrare il titolo vinto di recente davanti al proprio pubblico, presente in buon numero (oltre 20mila gli spettatori al National Stadium). Nutrito appare però anche lo spicchio dedicato ai sostenitori giallorossi, fra i locali e quelli arrivati dall’altro lato del globo. A giudicare dalle macchie di colore in tribuna, i romanisti sono dislocati ovunque e si fanno sentire non soltanto al momento degli inni fatti risuonare nel pre e nel post-gara dagli altoparlanti, ma anche durante il match, quando ricalcano perfino qualche coro della Sud: questa volta è permesso cantare, le restrizioni anti Covid non limitano ogni settore. Doveroso il ringraziamento finale della squadra, per il supporto e l’affetto avvertito nell’intera settimana.
Eppure all’inizio sono ben pochi i sorrisi regalati ai tifosi, costretti ad assistere a un primo tempo con poche idee e ancora meno occasioni da gol. A crearle sono gli avversari, in vantaggio già dopo 9’ con una zuccata di Eduardo e al raddoppio un attimo prima dell’intervallo, quando una sfortunata carambola fra il palo e la testa di Svilar su tiro dalla distanza di Nishimura punisce la maldestra uscita da dietro di Celik e Kumbulla. La serata sembra storta anche per l’infortunio muscolare di Tahirovic, che alla mezzora deve cedere il posto a Bove. Ma dopo il riposo il triplo cambio di Mourinho restituisce linfa alla squadra confusa e impalpabile dei primi 45 minuti. Entrano Zaniolo, Volpato e Shomurodov per Abraham, Missori e Matic; lo Special One ridisegna la formazione con la difesa a 4, allargando Ibañez a sinistra. E la musica cambia. I due mancini duettano bene a trequarti: l’italo-australiano ricama, Nicolò strappa da par suo e la porta giapponese va sotto assedio fin dal rientro in campo. È proprio una combinazione fra i due a fruttare l’1-2, con la griffe del 22. Lo stesso uzbeko vivacizza l’attacco, pur fallendo qualche occasione di troppo (una macroscopica). Ma anche il terzo gol giapponese (gran tiro sotto l’incrocio di Matsubara su cui l’appena entrato Boer può poco) non spegne la voglia di riprenderla. Al contrario. Salgono i toni agonistici - già sopra le righe nel primo tempo per alcune bizzarre decisioni arbitrali - la Roma insiste e Ibañez trova il 2-3 a coronamento di un’insistente azione personale: anticipa, resiste alle cariche e conclude all’ingresso in area avversaria. C’è ancora tempo per assistere a un clamoroso rigore negato (su Elsha) e alla rete di Shomu, su assist ancora di Volpato, in pieno recupero. I giallorossi provano addirittura a vincerla sempre nell’extratime, ma il tentativo di Zaniolo termina alto. E alla fine più del risultato conta la reazione. Almeno in gare simili.
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