AS Roma

Il dogma: amore con amor si paga

Il cambio di reazioni. Negli ultimi venti anni non esiste più l’«Ahoooo???» che risuona come sveglia, ma si tende a perdonare tutto o quasi

Panoramica dei romanisti in Tribuna Tevere al derby

Panoramica dei romanisti in Tribuna Tevere al derby (MANCINI)

PUBBLICATO DA Mauro De Cesare
09 Novembre 2022 - 14:30

Sono un “boomer”, non cresciuto, nato in Curva Sud. Ho vissuto centinaia, forse migliaia di domeniche all’Olimpico. Con tanto di frittata di spaghetti al seguito. Poi, fortuna e passione mi hanno permesso di diventare giornalista professionista. Perché questa premessa? Perché conosco certe dinamiche del tifo. "La Roma non si discute, si ama". "Non sono romanista quando vinco, sono romanista sempre". È la nostra fede. Fede ultrà. E anticipo subito per evitare facili incomprensioni: sono contro ogni forma di violenza.

Ma sono cresciuto anche nel segno di un altro “dogma”. "Amore con amor si paga". L’ho imparato quando riuscivo a fare solo i primi passi, è diventato per me una guida quotidiana. Sarebbe magnifico se noi, comuni mortali, sapessimo vivere porgendo sempre l’altra guancia. Non è così. Naturalmente.

Ma veniamo alla Roma. Quella alla quale, negli ultimi 20 anni in particolare, viene sempre perdonato tutto. Oggi, con l’arrivo del “santone” Josè Mourinho ancora di più. Mettiamo indietro le lancette del tempo. Settembre 2000. È l’inizio della stagione che ci porterà alla conquista dello scudetto. Splendido. Ma salutando l’estate, andiamo incontro a un passo falso. Inatteso. L’Atalanta ci elimina dalla Coppa Italia.

Mille tifosi si presentano ai cancelli di Trigoria. Sintetizzo. Ero presente per servizio. Un inferno e non entro nei particolari. Ribadisco: sono contro la violenza!

Ma da figlio degli Anni Sessanta, quando qualcosa non andava bene, nelle mie orecchie sentivo sibilare un semplice: "Ahooo???". Era facilissimo capire subito. Forse, come si dice nelle borgate popolari e popolose di Roma nostra (e non per questo da demonizzare), stavo facendo qualcosa che non andava bene. Quel richiamo era lo stesso che sentivo la mattina, quando mi dovevo alzare per andare a scuola. O quando mia mamma mi chiamava perché il pranzo era pronto. Insomma: non era una minaccia. Era un richiamo all’ordine. Bonario o severo, perché arrivava da chi ti voleva bene. Molto.

Da 20 anni a questa parte, magari anche giustamente, ai giocatori, agli allenatori, alla Roma tutta, nessuno dice mai "ahooo???". Certo, i media criticano (a torto o a ragione). Ma nel caso della squadra giallorossa, qualsiasi giornalista o tifoso accenni solamente a una critica negativa, viene subito tacciato ed offeso: "Non sei romanista, sei un leone da tastiera…". E mi sono contenuto evitando di sfogliare il dizionario delle gentilezze.

Ecco, in tutta serenità, fa bene che, come si dice sempre in borgata, qualcuno "je sturi le orecchie". Tradotto: far capire loro. E ieri don Josè ha detto sottovoce, ma molto chiaramente: "Ahooo?". Bonario o severo? Nello spogliatoio hanno sicuramente capito. Tutti. Perché il calcio, deve essere ambizione, umiltà, passione. E rispetto: reciproco. Perché come diceva il grande Dino Viola: "Un giocatore non deve essere mai divinizzato, di chiunque si tratti. Quella che tiene il sudore è la maglia". E Agostino, il Capitano, applaudiva la sua gente prima che lo facesse la stessa gente romanista. "Ahooo? Capito?".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CONSIGLIATI