Addio a Carlo Galli: Testina d’oro, quel ’51-’52 trionfale
Alle 11 alla parrocchia del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù ci sono stati i funerali. Celebrato dal club all’Olimpico al derby, dopo la sua morte
"Stacco sul destro, colpo con la fronte, schiacciando a terra. Più il pallone è basso, più è difficile per il portiere. Così divenni Testina d’oro". Così era soprannominato Carlo Galli, 55 gol in 125 presenze con la maglia della Roma dal 1951 al 1956 e un finale di carriera anche con la maglia della Lazio. Se n’è andato proprio nel giorno del derby ed è stato ricordato nel pre-partita di domenica scorsa dalla Roma, la società che ha segnato la sua carriera insieme al Milan, con cui vinse due scudetti.
Vinse un campionato anche con la Roma, perché nella sua prima stagione realizzò 12 gol, divenendo un grande protagonista della squadra che tornò in Serie A. La stagione era iniziata il 9 settembre 1951 proprio con una sua doppietta contro il Fanfulla e quasi un mese dopo, il 7 ottobre 1951, segnando al 93’ il gol della vittoria contro il Treviso divenne, appunto, “Testina d'Oro”.
Era la sfida tra i due dei “padri” del catenaccio: Nereo Rocco, tecnico del Treviso, e Gipo Viani, allenatore di una Roma che aveva provato invano a scardinare la difesa degli avversari. Proprio nell’ultima azione Perissinotto lanciò la palla al centro dell’area, dove Galli saltò ma, mentre tutti si aspettavano l’incornata violenta, avendo visto il portiere dei veneti fuori dai pali, s’inarcò in maniera assurda per dare al pallone una traiettoria a palombella che beffò l’estremo difensore Pozzan e s’infilò dolcemente in rete. C’erano 30.000 persone allo stadio, tra cui Anna Magnani, che andò negli spogliatoi per festeggiare la vittoria. "Ve possino ammazzà, quanto ce fate soffri’", disse ai giocatori. Grazie a quel gol la Roma andò in vetta da sola per la prima volta in quel torneo, poi vinto.
La Roma era sempre stata nel destino di Galli, che nel 1947 era al campo di Montecatini, città dove era nato il 6 marzo 1931, e vide con i suoi occhi Attilio Ferraris morire sul campo. L’uomo più importante per la sua carriera era però lo zio Remo, anche lui calciatore, che individuò subito le doti del nipote, incoraggiandolo a provarci fino in fondo. Si era imposto all’attenzione generale col Palermo, prima di passare alla Roma.
Dopo il trionfale campionato di Serie B fu naturalmente confermato, la stagione successiva fu la più prolifica in giallorosso, con 14 reti in 25 partite. Segnò al Milan, alla Juventus e l’anno successivo nel derby. C’è la sua firma anche nelle storiche vittorie su Inter e Milan nel 1954-55, dopo che, grazie alla Roma, si era conquistato anche la convocazione al Mondiale del 1954, segnando un gol. Alto 181 centimetri per 69 chili, sapeva calciare forte con entrambi i piedi e, grazie alla sua ottima capacità di coordinazione, segnava spesso in acrobazia. Soffrì un periodo di critiche, al momento della sua cessione al Milan (dove lo chiamò ancora Viani e con cui, il 13 aprile 1958, segnò 5 gol alla Lazio in una sola partita), si guadagnò un encomio pubblico da parte del presidente Renato Sacerdoti. Tutti i soci si alzarono in piedi e applaudirono, lui lasciò la Roma commosso. In realtà non la lasciò mai, perché sposò la figlia del medico sociale Gaetano Zappalà.
É stato ricordato oggi alle 11 presso la parrocchia Preziosissimo Sangue di Nosto Signore Gesù, Via Flaminia 732.
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