Ibañez decide uno dei derby più brutti della storia
Che nessuno si prendesse la patente del bel gioco: la sfida è condizionata da un clamoroso errore di Roger. Sterile possesso palla romanista per tutti i 100 minuti
Il problema è che hai perso con la squadra di Radu, quell’ex calciatore che per prendersi qualche applauso si è alzato dalla panchina per nascondere un pallone appena uscito, e nel giorno in cui gli avversari hanno fatto meno nella stagione, meno pure dei giorni in cui hanno preso belle sveglie, meno persino della Roma stremata che è arrivata alla partita priva di Dybala, Wijnaldum e Spinazzola e che ad inizio del secondo tempo ha perso pure Pellegrini e che si è incartata in un possesso palla decisamente sterile, perché senza l’idea vincente di un’uscita pulita dal basso in certe gare diventa difficile arrivare in porta, persino tirare in porta, pure se nel secondo tempo rimetti dentro tutto il potenziale offensivo e ti ritrovi solo a buttare i palloni disordinatamente dentro l’area, sperando in un miracolo che non è arrivato. Così ora al terzo posto è salita la brutta Lazio di Sarri, al fianco dell’Atalanta, e al quinto è tornata la Roma, a pari merito con la Juventus che è tornata a tuonare ieri sera cn l’Inter. Quello dell’Olimpico, poco vibrante stavolta perché forse il derby inibisce pure i tifosi, al netto di una bellissima coreografia iniziale, è stato dunque un pareggio scritto che si è trasformato in sconfitta per via dell’ennesimo errore di Ibañez, il terzo regalo nella sua storia dei derby, che ha donato alla mezz’ora del primo tempo il gol a Felipe Anderson e tutto è finito lì.
Lo stallo di ieri poteva essere rotto solo da una prodezza personale o da una clamorosa boiata: i due momenti sliding doors del primo tempo sono stati tra il 29’ e il 33’, in occasione del primo la Lazio è andata in vantaggio per la gentile concessione del brasiliano, uno che i derby evidentemente li soffre e forse non li dovrebbe giocare, vista la quantità di stupidaggini collezionate, nel secondo invece è stata la traversa a graziare Provedel, superato dalla palombella scaturita da una bellissima conclusione di Zaniolo ritoccata in alto dal piede proteso di Marusic. Così all’intervallo si è andati con la Lazio in vantaggio minimo e il pubblico di casa festante come se la prestazione sul campo avesse legittimato tanta baldoria. E invece per i primi 45 minuti si è vissuta una lunghissima fase di stallo con lo sterile palleggio dei tre difensori romanisti davanti alla porta di Rui Patricio, alla ricerca di un varco almeno per arrivare a Cristante, unica fonte di gioco in grado di alternare, avendone il tempo, il gioco corto sempre incerto a qualche traversone capace di prendere in controtempo i difensori laziali, sempre molto stretti verso il centro e dunque in teorica possibile difficoltà a coprire l’ampiezza degli esterni romanisti. Ma il problema sembrava arrivarci a Cristante, oltre al fatto che insistendo con il centrocampo a due, con Cristante appunto e Camara, preferito a Matic, c’era pure inferiorità numerica nel mezzo e lo spazio non si apriva mai, vista la pressione sempre altissima dei tre attaccanti laziali (da destra Pedro, Felipe Anderson e Zaccagni) e il rimorchio dei tre centrocampisti a ridurre i metri calpestabili (da destra Vecino, Cataldi e Luis Alberto). Così per giocare la Roma era costretta a cercare Karsdorp di qua o Zalewski di là sempre troppo bassi per andare velocemente dalla parte opposta. E il piano gara di Sarri ha funzionato anche solo per l’annullamento delle poche virtù in costruzione della Roma di Mou. Troppo alto Pellegrini, trequartista di sinistra di un tridente con Zaniolo dall’altra parte e l’abulico Abraham di questi tempi in mezzo.
Così la Roma si è resa pericolosa, almeno all’inizio, grazie soprattutto alla fase di transizione positiva, cioè rubando i palloni di mezzo a qualche distratto dirimpettaio laziale. In questa maniera Abraham è andato al tiro di destro al 2’ e Zaniolo di sinistro al 5’, senza mai impensierire realmente Provedel, ma dando l’idea che la Roma poteva far la voce grossa e gestire il pallone più degli impauriti laziali, privi del totem Milinkovic e con Immobile in panchina solo per tifare. Però poi la partita è andata in blocco, con la Roma a gestire il pallone in zone sempre troppo basse e i laziali a cercare il momento giusto per toglierlo dai piedi romanisti e puntare la porta di Rui Patricio. Dai e dai, il piano è riuscito, quando il palleggio della Roma si è schiacciato troppo in area, il passaggio da Ibañez a Zalewski è stato schermato da Pedro che non si è arreso al tentativo di dribbling del brasiliano e gli ha toccato il pallone nel momento giusto, indirizzandolo verso Felipe Anderson, solo soletto nella zona centrale con Smalling che si era alzato come fa spesso mentre al palleggio sono i suoi compagni di reparto, in linea con Rui Patricio: facile per il laziale controllare e battere il portiere vanamente proteso in uscita.
La reazione della Roma è stata immediata, ma si è spenta con l’occasione di Zaniolo, cagionata peraltro in una delle rare uscite in cui Cristante è stato trovato alle spalle dei tre attaccanti laziali, con rapido sviluppo esterno per Karsdorp che ha cercato in diagonale Abraham che ha servito Zaniolo che si è girato bene e ha tirato forte, trovando come già scritto la traversa a salvare Provedel. Un’altra promettente ripartenza è stata sprecata al 35’ da Abraham che ha cercato una traccia impossibile addirittura per Zalewski in area quando era sembrato a tutti molto più semplice l’assist per Pellegrini andato incontro al pallone. Scherzi da derby. Il tempo è finito con un altro assist di Abraham per Pellegrini che ha cercato un gol complicatissimo con un sinistro di controbalzo, finito peraltro non distante dai pali. Così si è arrivati all’intervallo, senza uno straccio di corner per la Roma e con il possesso pallabeffardamente a favore (58% a 42%), con 5 tiri per la Roma e 3 della Lazio verso la porta, 2 nello specchio per uno, ma con quei centimetri a far la differenza: solo traversa per noi, gol regalato per loro.
45 minuti più 8 di recupero non sono bastati per creare una sola vera occasione da rete, escludendo magari il colpo di testa di Smalling (fuori) su corner di Pellegrini in apertura di ripresa, quando Celik aveva già rilevato lo scomposto Mancini, tirato fuori per evitare di ritrovarsi magari in dieci uomini, essendo stato presto ammonito. Con il tempo Mou ha rimesso mano a tutto il suo potenziale offensivo, mettendo dentro Volpato quando s’è fatto male Pellegrini, El Shaarawy per Karsdorp (Zalewski a destra) e poi Matic per Camara e Belotti per Zalewski, con la difesa a 4 col Faraone terzino, due centrocampisti e quattro punte ammassate. La Lazio si è abbassata delegando a Cancellieri qualche contropiede, poi persino al «nuovo Messi» Romero (sic), mentre i cross lunghi della Roma sono stati puntualmente preda dei centrali laziali o dei mancati controlli di Abraham e Zaniolo. Poi è arrivata la solita espulsione per la panchina romanista (stavolta Foti) e la bella espressione di sportività di quella laziale, con i palloni che Radu faceva sparire (e Orsato ammoniva pure Rui Patricio che cercava di recuperarlo), altri che ributtavano i palloni in campo per impedirne la ripresa, e Orsato che nella corrida si vedeva costretto ad assegnare addirittura otto minuti di recupero, che ovviamente sono trascorsi tra ulteriori perdite di tempo e la lunga attesa dei tifosi laziali, scatenati dopo il 100°, increduli anche loro del regalo ricevuto in uno dei derby più brutti di sempre. Che nessuno almeno si prendesse la patente del bel gioco. Quella da somaro, invece, se la becca tutta Ibañez.
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