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Carletto Mazzone, quando il calcio era un altro sport

Dal 2 novembre sulla piattaforma Prime Video il documentario "Come un padre". Aneddoti, ricordi lontani e tanto, tanto pallone

Carlo Mazzone

Carlo Mazzone

PUBBLICATO DA Carlo Chinca
30 Ottobre 2022 - 14:47

Lontano dal denaro, lontano dalla contaminazione, lontano dalla finzione, lontano dalla tecnologia che annichilisce e anche dalla massiccia omologazione. È un panorama diverso quello che presenta il regista Alessio di Cosimo, nel suo docufilm su Carlo Mazzone “Come un padre”, in uscita su Amazon Prime il 2 novembre.

Al cinema è una storia già vista e sentita quella di un uomo che realizza la propria vita perseguendo le proprie passioni. Ma, e mai come in questo caso, è stato giusto riproporla soprattutto se è, anche, la storia giusta al momento giusto (Qatar 2022), che ci mostra una figura semplice e umile, passionale e romantica, tradizionale e prestigiosa, che ci permette di ricordare che, oggi, qualcosa, nei valori, forse abbiamo perso.

E solo la buia e avvolgente sala offre la possibilità di abbandonarci, di rievocare, ridendo e piangendo, quel tempo nostalgico che, giusto o sbagliato che fosse, rendeva il calcio davvero un altro sport. È attraverso i precisi racconti della famiglia e dai divertenti aneddoti dei suoi “figli adottivi” (Totti, Pirlo, Materazzi, Guardiola, Di Biagio, i gemelli Filippini, Signori, Giannini, Petruzzi e anche Ranieri) che di Cosimo ci porta dentro il sogno di Carletto. Un sogno che inizia con tanto amore ed un pallone a Trastevere, che si sviluppa con le sue imprese calcistiche (dalla corsa sotto la curva bergamasca alla retrocessione con il Cagliari, dalle panchine con la Roma alla vittoria con il Perugia contro la Juventus, «vi ci voleva un romanista per farvi vincere lo scudetto») e si conclude rendendolo uno degli allenatori più amati dai calciatori e dalle tifoserie. Un uomo buono che sarebbe necessario fosse presente in qualsiasi ambito.

La scelta degli attori sociali può far pensare ad un docufilm che parli ai soli appassionati di Calcio. Ma non è così. Siamo di fronte, difatti, ad una storia, quasi fiabesca, accessibile a tutti, sia a chi Carletto lo ha vissuto veramente, sia a chi l’ha conosciuto, negli anni, attraverso la televisione ed i giornali, sia a chi avrà la possibilità di conoscerlo solo ora, grazie a questo audiovisivo. Proprio perché la conoscenza della sua figura è resa possibile da una regia molto semplice e attenta. Vengono, difatti, utilizzate ricostruzioni, materiale di repertorio ed interviste, che determinano un racconto scorrevole, evasivo, semplice e lineare.

Non si perde (il regista) in chissà quale tecnicismo, non serve, perché per raccontare il tema centrale della paternità, esplicitato sin dal titolo, basta far parlare semplicemente la macchina da presa, a cui nulla sfugge, anche le più impalpabili emozioni sui volti dell’intervistato di turno, che vengono captate, rendono possibile quel trionfo della tenerezza che racconterà prima l’uomo, e la figura paterna, e, ma solo poi l’allenatore. Quell’allenatore che ha, tra le altre cose, scoperto, avviato e reso stabile la carriera di tanti giocatori (una per tutte, l’invenzione di Pirlo davanti alla difesa). Perché come dice Totti agli albori della sua carriera «mi ha fatto capire come stare nel mondo del calcio e avendolo incontrato in quel momento, ho trovato il massimo del massimo, veramente».

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