Pinto: "Mourinho ambasciatore"
In un’intervista a The Mirror il dirigente su José: "Ora è romanista. È un orgoglio esser rappresentati da lui. Il suo lavoro va oltre i risultati, è nell’empatia"
Non ha certo bisogno di difese José Mourinho. La sua storia lo precede e anche nella Capitale ha già lasciato il segno per sempre. Con un trofeo, arrivato dopo 14 anni a maggio scorso, che è diventato un tatuaggio sulla sua spalla.
Per sempre, quindi, anche per José. Che è "diventato romanista", lo assicura Tiago Pinto in un’intervista al tabloid inglese Mirror. Il gm portoghese ha parlato del connazionale e del rapporto dello Special One con la Capitale, all’indomani della sconfitta con la prima della classe, arrivata dopo tre vittorie consecutive in campionato che avevano riportato la squadra al quarto posto (che è in fondo l’obiettivo di stagione), ma che ha fatto storcere il naso a più di qualcuno in città. Gioco o non gioco, offensivista o difensivista, chiacchiere su chiacchiere che trovano le radici per lo più nei (legittimi) gusti di ognuno e al limite in battaglie, alcune finanche “ideologiche”, di qualcuno. Chiacchiere che non scalfiscono José Mourinho, che del pragmatismo ha fatto un credo. E ai fatti anche la proprietà si attiene, specie nelle parole del general manager, che è ripartito dalla genesi della trattativa per portare il tecnico di Setubal a Roma: "È stato un grande risultato per il club convincere Mourinho ad accettare l’offerta della Roma. Abbiamo lavorato sodo – la proprietà e io – cercando di convincerlo che questo era il progetto giusto per lui". E Mou ha subito ripagato, centrando uno degli obiettivi di stagione dello scorso anno: "Oltre ai risultati, alla Conference League che abbiamo vinto, ai progressi fatti dai giocatori, è un grande orgoglio per noi vedere che oggi è un romanista", ha continuato Pinto. "Ha abbracciato pienamente i valori del club e della città ed è il miglior ambasciatore dell’AS Roma nel mondo. Quando un allenatore raggiunge quel livello di empatia con la città e i tifosi, significa che hai fatto un buon lavoro". Molto semplice, Tiago. Lampante anche a chi frequenta lo stadio ogni volta che gioca la Roma.
È chiaro che avere Mourinho in panchina porti di continuo a innalzamento delle attese ed è altrettanto chiaro che nessuno - José per primo - è contento di non vincere o di non tirare mai nello specchio della porta come è accaduto con il Napoli. È un po’ meno chiaro perché l’allenatore più vincente della Serie A venga aspettato al varco dopo ogni partita senza considerare la pur minima attenuante, anche se palese. Come le assenze che hanno impoverito la rosa, che l’ottimo mercato di “affari” ha potenziato ma certo non al livello di un top team (step by step e sostenibilità sono chiari a tutti, pure a Mourinho), fino a farla tornare una squadra. Più o meno quella della scorsa stagione (basti pensare ai due calciatori presi per fare la differenza, Wijnaldum e Dybala, fermi ai box). Squadra che deve certo fare di più e Mourinho, anche se a qualcuno dà pure fastidio, tra quelli che la vogliono cotta e che la vogliono cruda, è il primo che ne parla. Perché non si accontenta e vuole sempre di più, e migliore garanzia per un club e i suoi tifosi non ci dovrebbe essere, motivo per il quale oggi non può essere soddisfatto appieno, ma con il realismo che lo contraddistingue non mette nessuno sulla graticola, perché a fine ottobre non è mai tutto da buttare.
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