Ora più che mai: siamo tutti Zaniolo
Sostituito alla fine di un primo tempo, dopo un colpo alla testa, ma non era lui. Adesso deve essere recuperato, non messo sul banco degli imputati
Prepariamoci al processo. Roba del tipo, "era meglio venderlo", "ma quale contratto da tanti milioni", "non fa mai gol", "è un montato viziato", "se si presenta qualcuno con i soldi meglio lasciarlo andare via", e via di questo passo. L’imputato, non è che poi ci voglia tanto per capirlo, non può che essere Nicolò Zaniolo, ieri sera sostituito dopo un colpo alla testa (l’ha spiegato Mou nel dopo partita) al termine di un primo tempo in cui, sia chiaro, tutto era stato meno che un fattore, un’altra prova negativa.
Alle spalle del ragazzo che ha appena compiuto ventitrè anni, esordi costellati da effetti speciali che ci hanno fatto sognare, due crociati e altrettanti riabilitazioni, quest’anno che doveva essere quello del definitivo recupero pure una spalla sconocchiata che lo ha costretto a qualche settimana di stop dopo partite iniziali che avevano fatto sperare. In tutto ha messo insieme sette presenze (tutte da titolare), ma ecco il dato che fa discutere più di qualunque altro, zero gol. Un numero che fa scopa o quasi con quelli della passata stagione, due in campionato, sei in Europa, peraltro quattro di questi impreziositi dalla tripletta al Bodø e, di più, da quello nella finale di Tirana.
I numeri, c’è poco da fare, costituiscono un capo d’accusa impossibile da confutare, pur dando il beneficio delle attenuanti generiche. Ma non ci sono soltanto i numeri nel capo d’accusa che i professori del giorno dopo (i peggiori) sono pronti a presentare alla corte. C’è l’interstadimento in azioni personali che, spesso e poco volentieri, lo portano a subire falli che poi quasi sempre non gli vengono fischiati a favore, oltre a non essere propedeutico a un gioco di squadra che potrebbe rivelarsi anche più fluido e a vantaggio di tutti, Nico compreso. C’è anche una sensazione di un nervosismo evidente che non fa altro che ingigantire il problema (si veda la sciocca, per non dire di peggio espulsione giustamente subita nel finale della gara contro il Betis di giovedì scorso). C’è, anche, l’impressione che il ragazzo, con l’arrivo di Dybala, faccia una certa fatica a capire dove posizionarsi in campo. C’è una mancanza di serenità che lo priva pure del coraggio di provare la giocata vincente, come per esempio accaduto nel primo tempo contro il Lecce, quando Dybala gli regala un pallone straordinario, ma Nico decide di aspettare che quel pallone che doveva essere soltanto buttato in rete gli finisse sul suo preferito mancino: risultato il difensore avversario lo anticipa e buonanotte ai sogni di tornare al gol. No, questo non è lo Zaniolo che avevamo conosciuto nelle sue prime due stagioni in giallorosso, il ragazzo che era stato capace di stupire l’Italia e l’Europa prima che la dea bendata decidesse di bloccarne un’ascesa che sembrava inarrestabile. Questo è la brutta copia di quel ragazzo che ci aveva dato l’impressione di poter spaccare il mondo con la conseguenza di temere (visti i precedenti) che potesse essere ceduto di fronte a un’offerta più o meno indecente.
Questo, soprattutto, non è Nicolò Zaniolo. Per questo diciamo ad alta voce, forza Nicolò. Siamo tutti Zaniolo. Perché magari siamo dei buonisti fuori tempo e degli inguaribili ottimisti, ma rimaniamo convinti che la Roma migliore sia immaginabile con il Nico dagli effetti speciali (e con Dybala, speriamo che per l’argentino l’infortunio si riveli meno preoccupante di quello che è sembrato in diretta). Per questa ragione, oltre che per una simpatia naturale per il ragazzo, comprese le sue esuberanze, non ci uniamo al processo che già da un po’ di tempo è cominciato nei confronti del ventidue. Anzi chiediamo di essere ascoltati come testimoni a favore dell’imputato. Perché ci ha regalato il gol della Conference. Perché lo Zaniolo che abbiamo cominciato a conoscere agli esordi, siamo convinti che da qualche parte ci sia ancora, basta avere la pazienza di aspettarlo, senza fargli sentire, nei limite del possibile, il fiato sul collo di un’attesa esagerata, peraltro figlia legittima degli effetti speciali di cui sopra. Perché l’ignobile popolo dei social merita di trasformarsi da accusatore in colpevole. Perché non può essere un capo d’accusa un contratto da prolungare e adeguare. Perché noi non riusciamo a vedere un motivo tecnico per il quale Zaniolo non possa fare gol. Perché metterlo sul banco degli imputati aggiungerebbe solo problema a problema e la cosa sarebbe un danno per la nostra Roma e il solo pensiero ci fa rabbrividire. Perché ha ancora soltanto ventitrè anni di cui due trascorsi a confrontarsi con i medici, mentre nella testa, soprattutto dopo il secondo crociato, passavano solo cattivi pensieri. Perché noi ancora oggi, probabilmente nel momento più basso dell’ancor giovane carriera del ventidue, rimaniamo convinti che i nostri sogni di grandezza non possono non passare attraverso il recupero degli effetti speciali. Perché il ragazzo ha bisogno soprattutto di serenità, non di capi d’accusa. Perché quel suo sentirsi dentro la Roma certificato dai sorrisi che ci ha regalato, è la garanzia che il giudice dirà: "Zaniolo è innocente perché diventerà un campione".
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