Roma-Lecce: Dybala risolve ma va ko
I salentini in dieci rimontano il gol iniziale di Smalling, ad inizio ripresa Paulino fa il bis su rigore e esce. Poi non segniamo più e si soffre fino alla fine
Con grande sofferenza, più psicologica per la paura di una beffa che tecnica per quello che si è visto in campo, la Roma alla fine ha portato a casa i tre punti col Lecce che le consentono di tenere il passo delle prime: restano quattro i punti dal Napoli capoclassifica, due dall’Atalanta seconda e uno da Udinese e Milan, in attesa della Lazio che stasera giocherà a Firenze. Ma è stata una vittoria pagata a caro prezzo perché Dybala si è infortunato calciando il rigore del 2-1 (quinto gol consecutivo per lui) e il buco al prezioso quadricipite costringerà Mourinho a ripensare alla squadra titolare forse per tutte e nove le partite che mancano da qui al Mondiale in Qatar, che adesso inevitabilmente occuperà i pensieri della Joya probabilmente in esclusiva. Dopo un inizio folgorante la Roma è andata calando proprio quando è rimasta in superiorità numerica per un’espulsione da Var per Hjulmand, Strefezza in mischia ha pareggiato il gol in apertura di Smalling e solo ad inizio ripresa, forse ancora un po’ troppo a freddo, Dybala ha riportato la squadra in vantaggio e poi si è accomodato in panchina con la borsa del ghiaccio sulla coscia e i pensieri distratti dal periodo di riposo buio che lo aspetta. E da lì ha guardato la partita grossolana della Roma, con tanta superficialità nelle conclusioni, troppa confusione, nessun progetto concreto per segnare il gol della tranquillità.
Eppure l’inizio folgorante sembrava aver messo subito la strada in discesa. Il ritorno di Pellegrini in mediana (le altre novità Viña a sinistra e Belotti titolare per la prima volta in campionato, con Spinazzola, Matic e Abraham in panchina) aveva dato un uomo in più a Mourinho nella trequarti avversaria, col Lecce stordito e costretto alle corde sin dal fischio dell’arbitro Prontera. Belle e fluide le trame di gioco, veloci e reattivi i romanisti in campo. E per paradosso finché le squadre sono rimaste in parità numerica non c’è stata partita: sempre sul punto di tracimare la Roma, sempre in affanno i salentini, e solito strapotere su palle inattive e gioco aereo. Così è bastato un corner guadagnato per una bella percussione di Zaniolo, Dybala e Belotti per portare la Roma sopra, col pallone respinto fuori dall’area, ripreso a destra da Pellegrini e lanciato forte con la solita precisione sul secondo palo, dove Smalling rimasto in zona dal corner ha sovrastato il giovane Gendrey e ha schiacciato nell’angolino opposto: quinto gol di testa su dodici in totale. Baroni non si è disunito, il suo 433 è un sistema ben applicato, il Lecce difende con ordine e attacca con la velocità dello zambiano Banda a sinistra e la tecnica del brasiliano Strefezza a destra, dietro l’esperienza di Umtiti e la forza di Baschirotto vengono solitamente esaltate dall’attenzione che mettono nella fase di non possesso i terzini (a sinistra Pezzella) e i mediani (Askildsen, Hjulmand e Gonzalez). Ma con una Roma così arrembante il Lecce ha sbandato più volte: al 9’ su altro sviluppo da corner Zaniolo da sinistra ha rimesso dentro basso senza che nessun romanista sia riuscito ad intervenire, dall’altra parte Zalewski ha crossato di nuovo e Smalling di tacco ha rischiato addirittura la doppietta. Al 12’ un prodigioso assist di tacco di Pellegrini ha lanciato Cristante nello spazio vuoto di sinistra, e il triangolo chiuso ha favorito ancora il capitano, pronto di piatto a concludere in porta, senza centrare lo specchio. Al 22’ l’episodio che sembrava poter chiudere la partita: un contrasto nella metà campo del Lecce tra Hjulmand e Belotti ha evidenziato nella ripresa del Var una durezza del danese che in campo Prontera non aveva colto, piede destro sulla tibia e sinistro vicino al volto. Banti ha richiamato il collega alle review ed è arrivato il rosso: un po’ severo, bisogna dirlo. Lì la Roma ha forse commesso l’errore di considerare la partita chiusa: il Lecce non era ancora mai uscito dalla sua trequarti e forse qualcuno ha cominciato a pensare alla trasferta di Siviglia. Baroni ha lasciato la squadra com’era, abbassando in partenza i due esterni d’attacco, per un 441 che ha contenuto gli attacchi romanisti meglio di prima. Solo Zaniolo di testa e Pellegrini, liberato da Belotti, hanno impensierito di nuovo Falcone, senza peraltro prendere la porta. Una discesa di Banda a sinistra, a bruciare Zalewski e Mancini, con successivo cross intercettato da Smalling, ha risuonato come uno strano allarme: come osavano questi ormai già battuti avversari ridotti in dieci attraversare la linea di metà campo e addirittura puntare la porta? E non resterà un caso isolato: perché al 39’ lo stesso Banda ha nuovamente bruciato la fascia e stavolta è intervenuto Pellegrini a respingere in corner. Sull’angolo battuto basso si è innescata una mischia che è stata risolta da Strefezza con un destro preciso all’angolino. Colpita nell’orgoglio e svegliata dallo schiaffo improvviso, la Roma ha nuovamente preso d’assalto la porta avversaria, richiamando all’intervento Falcone su un gran sinistro di Zalewski in percussione solitaria. Al 42’ il gol è parso maturo, quando Dybala ha messo praticamente Zaniolo a tu per tu col portiere, ma Nicolò ha provato ad aggiustarsi il pallone sul sinistro invece di battere col destro, consentendo a Baschirotto di deviare il pallone in corner. E i tre minuti di recupero sono trascorsi senza sussulti.
Al rientro delle squadre in campo tre sono stati i volti nuovi: Spinazzola e Abraham per Viña e Zaniolo, e il francese Blin per Gonzalez, senza variazioni sul tema tattico. Ed è bastato un minuto ad Abraham per conquistare un rigore concesso da Prontera senza esitazioni. Peccato che in pochi secondi si sia passati dalla gioia per il ritrovato vantaggio all’amarezza per l’ennesimo infortunio, e proprio dell’uomo più importante. A memoria d’uomo non si ricorda un romanista che si sia infortunato calciando un rigore: da ieri Dybala ha anche questo primato nella Roma. Perfetto come al solito il tiro dal dischetto, a spiazzare Falcone, immediata la sensazione della rottura della fibra muscolare, con l’inevitabile sostituzione (dentro Matic) e la borsa del ghiaccio subito poggiata a limitare i danni, per quanto possibile. Così mentre sul campo maturava il vantaggio che sarà definitivo, il pensiero romanista andava subito a preconizzare un futuro fosco, facendo risuonare la domanda del senno di poi: era necessario far giocare anche questa partita all’argentino nel bel mezzo di una doppia sfida europea?
La partita poi è durata ancora un tempo in cui la Roma ha calciato altre otto volte verso la porta, costruendo quattro chiare occasioni da rete (mancate da Zalewski al 9’, Belotti di testa al 29’, Abraham in tuffo al 43’ e Shomurodov, entrato a rilevare Belotti, al 48’), ma mostrando sempre questa sciatteria nella costruzione della manovra e questa estemporaneità che hanno lasciato la sensazione ai 64018 spettatori (ennesino sold-out e nuovo record stagionale) che addirittura la beffba del possibile pareggio fosse dietro l’angolo. Ci ha provato un paio di volte Di Francesco a rovinare definitivamente la serata, ma Rui Patricio non si è fatto sorprendere. E così si è arrivati al 95’ tirando un lungo sospiro di sollievo, subito spezzato da quell’immagine sconsolata di Dybala con la borsa del ghiaccio. E ora i brividi ci vengono.
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