Matic, quel mastino fatto apposta per Mourinho
Subentrato nelle prime due gare, poi il serbo è sempre sceso in campo dal primo minuto, anche a causa dei ko di Wijnaldum, Zaniolo e Dybala
"È uno dei ragazzi che hanno la mia fiducia, un calciatore fantastico: insieme abbiamo affrontato e vinto tante battaglie". Così parlò José Mourinho, alla domanda su Nemanja Matic: era inizio maggio, la Roma si era appena qualificata per la finale di Conference League e - in un’intervista rilasciata a Gary Lineker per Sky Sports UK - lo “Special One” rispondeva con queste parole a chi gli chiedeva del presunto interessamento della Roma nei confronti del centrocampista serbo. Che, essendo in scadenza con lo United, cercava casa. Detto, fatto: il 14 giugno il trentaquattrenne veniva ufficializzato; contratto di un anno e maglia numero 21, poi lasciata a Dybala per virare sulla numero 8.
Fin dal giorno del suo arrivo, Matic metteva in mostra tutto il suo spessore di professionista: subito al lavoro per farsi trovare pronto in vista dell’inizio del ritiro, in attesa di conoscere i nuovi compagni. Non a caso, il serbo è risultato tra i migliori per condizione fisica e atletica nel precampionato: è il risultato di quel lavoro in più, fatto per lo più di palestra e attività aerobica. Qualcuno si è stupito: "Nonostante la grande esperienza, si mette sotto prima degli altri". Considerazione da capovolgere: tutte quelle partite (331 tra Premier League, Champions, Europa League e Supercoppa Uefa) le giochi solo e soltanto se hai una fame del genere. Una fame che ti spinge a non sentirti mai arrivato, a volerti migliorare sempre, anche quando la carta d’identità comincia a farsi sentire.
La prima gara all’Olimpico, la presentazione contro lo Shakhtar, è durata soltanto 45’, ma sufficienti per fornire una vera e propria lezione di calcio a tifosi e colleghi. Da schermo davanti alla difesa, ha gestito la prima fase di impostazione, e allo stesso tempo ha intercettato qualcosa come una dozzina di palloni. Nelle prime due gare ufficiali, però, il serbo è entrato a partita in corso, per difendere il vantaggio minimo, contro Salernitana e Cremonese: in quelle circostanze Mourinho aveva optato per la coppia Cristante-Pellegrini in mezzo, ma il crac di Wijnaldum e l’infortunio alla spalla di Zaniolo hanno cambiato le carte in tavola, facendo diventare inamovibile il serbo. Che, dopo sei gare da titolare, avrebbe dovuto accomodarsi inizialmente in panchina contro l’Atalanta: in quel caso, però, a fermarsi è stato Dybala nel riscaldamento, per cui Nemanja ha giocato di nuovo dal 1’. Idem domenica a San Siro, dove ci ha ricordato (ammesso che ce ne fosse bisogno) il perché di una carriera tanto prestigiosa: il numero 8 ha giganteggiato tra Barella, Calhanoglu e Asllani, disputando tutti i 90’ con un’intelligenza tattica e una personalità fuori dal comune. Ha recuperato palloni, li ha ripuliti e li ha smistati; ha fatto da collante tra i reparti, ha dato indicazioni ai compagni e non si è scomposto quando c’è stato da soffrire.
Del resto le sue caratteristiche tecniche e umane sono proprio quelle che Mourinho vuole, in un calciatore: sangue freddo, esperienza, astuzia, rapidità di decisione e d’esecuzione e anche quel pizzico di malizia che non fa mai male. Di carattere Nemanja ne ha da vendere: lo dimostra il fatto che, dopo due settimane di ritiro, era già un leader dello spogliatoio, e all’inizio di agosto faceva già la prima intervista in italiano. Potrà sembrare poco, ma sono proprio questi particolari - assieme alle doti tecniche - a regalarti una carriera come la sua.
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