Pinto premiato come Best Transfer Market
Un tedesco orgogliosamente portoghese. E’ questa la fotografia che il general manager ha fatto di se stesso riguardo al suo modo di lavorare. Ieri il riconoscimento
Un tedesco orgogliosamente portoghese. E’ questa la fotografia che Tiago Pinto ha fatto di se stesso riguardo al suo modo di lavorare. Natali a Peso de Regua, paesino di neppure ventimila abitanti dell’entroterra a nord del Portogallo; trentotto anni tra poco più di un mese; una laurea in Pedagogia con un Master in Economia e Risorse umane; da quasi due anni con residenza a Roma, anzi meglio dire Trigoria dove tutti i giorni è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via, appunto un tedesco. Il suo arrivo alla Roma fu annunciato, tra la sorpresa generale cosa che poi abbiamo cominciato a metabolizzare a proposito della famiglia Friedkin, con un comunicato l’undici novembre del duemilaventi. Attraverso la società californiana Retexo (cacciatori di teste volgarmente) a cui si erano rivolti i nuovi proprietari della Roma per scegliere il nuovo capo del settore calcio dell’azienda che avevano appena acquistato da Pallotta. Il nome di Pinto era stato selezionato insieme a svariati altri come possibile dirigente giusto al posto giusto. I Friedkin fecero le selezioni in prima persona. Ne rimasero tre in corsa: Ribalta che era allo Zenit, Boldt ds dell’Amburgo e, appunto, Tiago. Scelsero il tedesco portoghese, offrendogli un contratto triennale convincente al punto di spingere Pinto a lasciare il suo amato Benfica.
A quasi due anni dalla scelta, dopo quattro sessioni di mercato già vissute in prima persona e una profonda ristrutturazione del settore calcio che sta continuando, i risultati dicono che i texani non hanno sbagliato la scelta. In qualche modo ieri certificata pure dal premio che il General Manager ha ricevuto, il Football Summit Awards 2022 assegnato alle eccellenze del calcio (tra gli altri premiati Adriano Galliani e Andressa Alves della Roma femminile). Pinto è stato premiato come Best Transfer Market, in sostanza come miglior dirigente del mercato, un premio prestigioso che ieri sera è stato celebrato nello splendore del Chiostro del Bramante. Un premio meritato, certificato dall’ultima campagna acquisti che ha visto arrivare a Trigoria, a costo zero, grandi giocatori come Dybala, Wijnaldum, Matic, Belotti (più Svilar), solo sette i milioni spesi (Celik), saldo attivo da oltre quaranta milioni, tetto ingaggi abbassato, così come il totale degli ammortamenti a bilancio dei calciatori. Il tutto costruendo una Roma oggettivamente più forte, obiettivo che il tedesco portoghese si è prefisso sin dal primo giorno che ha messo piede a Trigoria. Ottenendo subito pure qualche risultato, perchè la Conference League è in bella mostra a Trigoria e la bacheca dei trofei aveva le ragnatele antiche di quattordici anni.
La sua dedizione al lavoro è totale: casa, Trigoria, casa (nel centro di Roma), poco spazio per il tempo libero, qualche cena in tipiche trattorie di una cucina romana che lo ha conquistato (ogni tanto è stato visto anche in un ristorante portoghese a Borgo), quando è possibile un viaggio nel suo Portogallo per abbracciare la famiglia, mamma, papà, sorella ai quali è legatissimo. Il resto, per il tedesco Pinto, è una totale immersione nel mondo Roma. Dove, da quando è sbarcato, sta lavorando su tutti gli aspetti calcistici della società. Perché il mercato è la parte in copertina del suo lavoro, ma ci sono tanti altri settori a cui ha messo mano ristrutturandoli. Dalla segreteria sportiva al miglioramento dei campi di Trigoria, all’inserimento dei ragazzi più bravi del settore giovanile in prima squadra, al reparto scouting, trovato azzerato dopo le vicende Petrachi, cosa che per sei mesi mise la Roma nelle condizioni di non avere un ds. Il tutto, poi, avendo in panchina un grande capo come Josè Mourinho, lo Special One che ha vinto tutto e che è abituato ai campioni, a mercati faraonici, a squadre costruite per vincere subito e, inevitabilmente, non ha troppa confidenza con un progetto pluriennale. E questo è un aspetto che in sede di mercato qualche divergenza di opinione la può creare.
Questo non toglie, però, che Tiago continui ad avere un rapporto quotidiano con il suo reparto scouting con cui organizza sempre una riunione settimanale. Non c’è un capo scouting, ma ai cinque scout, Tiago ha affidato, oltre al lavoro normale, compiti specifici: Alessio Scarchilli ha quello di creare sinergie con gli ex giocatori della Roma; Enrico Paresce (ex Milan) e il portoghese Josè Fuentes (ex Leicester), quello di ottimizzare le schede delle analisi dei calciatori (quante volte vedere un giocare, quali voci da seguire con maggiore attenzione, caratteristiche tecniche e umane); l’argentino Javi Wainer (ex Leverkusen) di monitorare l’intero Sudamerica, il neo arrivato Daniele Placido (ex Bologna) che ha preso il posto di Mauro Leo che Tiago ha voluto come suo vice al posto di De Sanctis. Obiettivo prendere il nuovo Dybala a diciotto anni, a costo zero o quasi. Impresa non facile, ma volete che il tedesco portoghese non ci riesca?
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