La forza di Bryan
In qualsiasi ruolo, Cristante è un punto fermo per tutti, dall’Italia alla Roma. Leader nei fatti e senza pretendere di esserlo, Mou lo ritiene centrale: rimarrà a vita nella Capitale
La forza dell’educazione, del garbo, della lealtà, del sacrificio. E, anche quando è stato costretto ad andare controvento, mai una parola sopra le righe, o una polemica. Eppure ne avrebbe avuti di motivi e spunti. Bryan Cristante, un nome di battesimo importante, scelto dai genitori in onore di Bryan Ferry, una delle icone della musica pop e rock britannica. Arriva all’ombra del Cupolone nel 2018, con la fama dell’anno precedente come trequartista con il vizio del gol: 12 reti con l’Atalanta. Ma in quella parte del campo, a 20 metri dalla porta avversaria, non giocherà mai, o quasi. Gol pochissimi, critiche tantissime.
Ma lui è lì, in campo o in panchina, con l’obbligo di adattarsi a un altro ruolo. Non solo centrocampista, addirittura centrale di difesa. Paulo Fonseca, “hombre vertical”, per le assenze di Smalling, lo piazza nel cuore della difesa. Bryan è alto, ha fisico, visione di gioco. Ma non ha i tempi e le malizie di un difensore di ruolo e non è neppure velocissimo. È costretto a figuracce e polemiche perfino velenose. Avrebbe potuto scaricare su altri i suoi eventuali errori. No. La forza dell’educazione e del sacrificio sono doti rarissime. Soprattutto tra le primedonne del pallone. No, Bryan non rilascia mai un’intervista polemica. Rispetta l’“hombre vertical”: tace. Anzi, in fondo, Paulo Fonseca gli ha permesso di scoprire i segreti di un’altra zona del campo. E se anche Mourinho pensa a lui come centrale difensivo in situazioni di emergenza, appare complicato discutere il giocatore. Criticato, ma nessun allenatore fa a meno di Cristante. Il ct Mancini per la nazionale, ma soprattutto, lo Special One per la sua Roma. Lo ritiene indispensabile, al punto tale che Bryan resterà romanista a vita: contratto fino al 2027. Perché un uomo così, prima ancora che calciatore, è indispensabile per la serenità che trasmette. E, in campo, lo vedi richiamare i compagni con gesti decisi ma garbati. È la forza di un leader, che leader non vuole essere e non sente di esserlo. Non serve urlare e sbracciarsi. Ma la sua calma e la forza dei nervi distesi (spot di una celebre camomilla) le ritrovi anche in un altro campione appena arrivato a Roma: Nemanja Matic. Fanno coppia dall’inizio di stagione.
Vero, forse non è perfettamente assortita, ma è fin troppo facile parlare. Chi pensa che José Mourinho sia cieco o incapace? E se li fa giocare quasi sempre insieme, perché insistere? José, per completare il centrocampo ha bisogno (e ha chiesto e ottenuto) un giocatore con altre caratteristiche. Lo ha, lo ha voluto, gli ha telefonato, lo sta aspettando: Gini Wijnaldum. Dinamico, rapidissimo nell’uno contro uno. Sarà il primo acquisto della Roma di gennaio. Cambierà i tempi e le giocate del centrocampo.
Ma, intanto, oggi a Bryan non rinuncia nessuno. Non è necessaria la fascia al braccio per essere un capitano. “Ma Nino non aver paura…”, il maestro Francesco De Gregori ha scritto e cantato una canzone per un grandissimo, indimenticabile uomo e capitano. Lui è Leggenda e la Storia della Roma. E per carità, nessuno si sognerebbe mai di fare paragoni, al punto di essere fortemente “blasfemo”. Fin troppo. Ma una cosa non si può negare. Bryan non ha paura di avversari e polemiche. La canzone è solo uno spunto per descriverlo. Perché dalla sua ha la forza dell’educazione, del rispetto, del sacrificio.
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