AS Roma

Una Roma troppo brutta per essere vera: che serva da lezione

Che botta: inaspettato ritorno sulla terra. Una sconfitta che è figlia del pensiero di essere una grande squadra. Quando si presenta in campo pensando di esserlo, rischia solo figuracce

José Mourinho

José Mourinho (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Piero Torri
05 Settembre 2022 - 11:11

Che botta. Ritorno sulla terra. Inaspettato, perché con dimensioni d’altri tempi e che davvero non pensavamo potesse capitare alla Roma mourinhana brutta, sporca e cattiva, solo che a Udine è stata soltanto brutta, molto brutta. E’ stato un botto rumoroso, sanguinoso, per certi versi pure inaccettabile. Chi se l’aspettava una Roma così brutta, svuotata, svogliata, incapace, se non con qualche numero di Dybala, di mettere perlomeno in difficoltà un’Udinese che dal primo all’ultimo minuto ha fatto la partita che voleva, pascolando indisturbata nelle praterie che progressivamente si sono presentate nella metà campo giallorossa? Certo, i primi due gol friulani sono stati conseguenza di infortuni (eufemismo) di Karsdorp e Rui Patricio, ma questa può essere soltanto un’attenuante generica, perché gli uomini di Mourinho a Udine non hanno mai dato la sensazione di poter rientrare in partita. Lenti, impacciati, senza idee e brillantezza. Nessuno che si smarcava. Nessuno che provava la giocata importante. Nessuno che saltava l’avversario. Nessuno in grado di prendere in mano la situazione almeno dal punto di vista della personalità, vecchia carenza che purtroppo alla Dacia Arena si è ripresentata con effetti devastanti che adesso, a Trigoria, dovranno essere bravi a ridimensionare nel più breve tempo possibile.

Ci si potrebbe attaccare a qualche episodio che se fosse andato per il verso giusto, forse (ma ne dubitiamo) avrebbe potuto dare un senso diverso ai novanta minuti di Udine da dove tornano, come sempre, più di sempre, vincitori soltanto i tantissimi tifosi giallorossi presenti. Come, per esempio, quel diagonale di Dybala dopo neppure un minuto di gioco. Come il sinistro, sempre di Dybala, sotto di un gol, parato da Silvestri e non lo sa neppure lui. Come il palo colpito da Ibanez quando la Roma era sotto di due reti. Farlo, però, vorrebbe dire fare ulteriormente male alla nostra squadra. Perché l’Udinese è stata superiore in tutto: tatticamente, fisicamente, tecnicamente, con la nostra Roma che ha fatto la figura del Monza all’Olimpico nel turno precedente.

Perché nella ripresa, dopo il raddoppio, ogni volta che ripartivano si avvertiva la sensazione che potessero andare a fare gol. E infatti altre due pappine sono arrivate, dando le dimensioni di una Caporetto piuttosto che di una sconfitta. Vogliamo augurarci, visto che tutti hanno giocato male, dal primo all’ultimo, che questa quaterna subita, sia stata un incidente di percorso, uno di quei ko che servono da lezione per capire gli errori, le carenze, i limiti su cui bisognerà lavorare per limitarli, ridimensionarli e, se possibile, eliminarli del tutto.

Soprattutto, a nostro giudizio, c’è un aspetto che la Roma deve riuscire a metabolizzare nel più breve tempo possibile. Ancora non può e non deve pensare e giocare da grande squadra. Come, invece, c’è sembrato si sia presentata in Friuli. E questo è un aspetto che coinvolge tutti, nessuno si senta escluso. Comprende la dirigenza, lo staff tecnico, i calciatori, noi addetti ai lavori, per certi versi anche i nostri meravigliosi tifosi. La Roma non è ancora una grande squadra. Quando si presenta in campo pensando di esserlo, rischia di andare incontro alle figuracce, soprattutto se incassa un gol dopo una manciata di minuti, come è accaduto ieri contro la tarantolata squadra di Sottil.

La vittoria in Conference, il mercato con gli effetti speciali, i sussurri di una Roma in grado di correre per lo scudetto, le prime quattro partite di campionato, tre vittorie e il pareggio in rimonta sul campo della Juve, forse hanno avuto la conseguenza di aver cambiato le carte in tavola nella testa di tutti noi, convincendoci di una Roma che ancora non è e non può essere. E così è arrivata la peggiore sconfitta mourinhana in campionato, peggio c’è stata solo la prima volta a Bodø, poi gli altri ko, e la passata stagione non sono stati pochi, non erano mai stati così devastanti. Perché la verità, in attesa di una crescita graduale tecnica, fisica, mentale, è che questa Roma deve giocare brutta, sporca e cattiva. Se pensa di fare altro, rischia di essere solo brutta.

C’è bisogno che Mourinho questo concetto continui a trasmetterlo ai suoi giocatori tutti i giorni, come, ne siamo sicuri, sta facendo da quando è sbarcato da queste parti. Non si può giocare con la sufficienza di Karsdorp, giusto per citare un nome figlio legittimo di quel colpo di petto a Rui Patricio che ha dato il là al crollo. Non si può andare in campo senza avere il coraggio di provare la giocata. Non si può non dare un segno di vita di fronte al palleggio dell’Udinese. Non si può sbracare come è accaduto in Friuli. Perché le partite si possono pure perdere, è la legge dello sport, ma vanno giocate al cento per cento dal primo all’ultimo minuto, altrimenti l’errore si trasforma in un capo d’accusa.

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