AS Roma

Dalla tibia alla spalla ci ricarica lo Stadio Olimpico

L’ottimismo arriva dagli spalti. I ko di Wijnaldum e Zaniolo non sviliscono l’effetto Tirana. E la vittoria di lunedì mette tutti d’accordo

La Curva Sud durante Roma-Cremonese

La Curva Sud durante Roma-Cremonese (As Roma via Getty Images)

PUBBLICATO DA Federico Vecchio
24 Agosto 2022 - 14:10

Quella tibia, è inutile nasconderlo, è dentro l’Olimpico. Sta seduta lì, tra un seggiolino ed un altro. In ogni settore. Accanto ad ogni tifoso. Me ne accorgo subito, una volta entrato. Se ne parla non come di un infortunio, ma come di una maledizione - lanciata, ovviamente, da quegli altri - che ci dovrebbe costringere a ripensare gli obiettivi per questa stagione.

 Meno male che, a rompere questa discesa vertiginosa nel pessimismo più totale, sono partiti gli inni, cantati a squarciagola da chiunque. Perché in quell’attimo quella tibia è finalmente tornata sullo sfondo, e la sensazione, per chi c’era, era di vivere le stesse emozioni, di quello stesso preciso momento, vissute a Tirana. E me lo ricordava una voce alle mie spalle che, con tono incantato, scandiva, a chiare lettere, un "come a Tirana", che è quello che serviva per ricordarci che siamo diventati una squadra, una società ed una tifoseria più forti di una frattura, e per farmi capire come questa non fosse la prima partita di questa stagione, ma la prima partita del dopo Tirana. Perché quella vittoria ha riscritto il calendario della nostra Storia, in un prima ed in un dopo, in un “a.T.” ed in un “d.T.”. 

E, a partita iniziata, quando quel pallone ha iniziato a non voler entrare, ed i fantasmi di tutti quei pareggi con le piccole, che, negli anni, c’hanno fatto perdere il quarto scudetto (Venezia docet) hanno iniziato a materializzarsi, abbiamo iniziato a temere che anche l’arbitro (che non è che proprio l’abbia diretta benissimo, diciamolo) ci mettesse del suo. E lì, dopo l’ennesimo fallo a centrocampo non fischiato, dopo qualunque cosa detta all’arbitro, quarto uomo e Var, alla tibia s’è aggiunta la spalla. E, per un attimo, s’è fatta veramente notte. 

Finito il primo tempo, difatti, in Tevere era tutto un elencare le occasioni sbagliate, le parate di Radu (che, più che un portiere, si pretendeva che, contro di noi, dovesse essere ormai un cartonato) e le maledizioni che quegli altri per forza devono averci mandato. Nel mentre, in molti si chiedevano, rassicurandosi a vicenda, quali fossero le condizioni di Zaniolo. Ovviamente, di come stesse Zaniolo e di quello che si fosse fatto, lì, in Tribuna, non se ne sapeva nulla, ma molte erano le diagnosi e le conseguenti prognosi. La più gettonata, che ha vinto il primo premio a mani alzate, è stata quella che "comunque nun se fatto gnente: je uscita solo la spalla. Pure a me m’è successo. Rimessa dentro, tutto come prima. Mercoledì s’allena". Ora, non conosco il nome di quell’ortopedico che, da circa cinquanta metri di distanza, con uno sguardo ne ha capito più di una radiografia, ma in quell’attimo ho sperato davvero che avesse ragione. Riconoscendogli il merito, non di poco conto, di aver infuso ottimismo a metà tribuna. Fosse solo perché, iniziato il secondo tempo, dopo che il “centravanti del Feyenoord” aveva preso la traversa, ed era partito un filotto di frasi irripetibili contro di lui, il Feyenoord e, in generale, l’Olanda tutta, la sensazione che si stesse giocando male, che Dybala, pur fortissimo, fosse ancora fuori forma, e che lasciare per tutto un tempo la palla tra i piedi di quelli della Cremonese fosse troppo, arrivava Smalling, dopo la traversa di El Shaarawy e il gol (mangiato?) di Dybala, a ricordarci che il nostro destino, “d.T.”, è vincere uno a zero ma sempre soffrendo.

 E quando finalmente è finita, e tre punti benedetti ci hanno portato in testa alla classifica, il merito di questo risultato è stato quello di mettere tutti d’accordo, nei commenti che sentivi, di bocca in bocca, dall’uscita dello Stadio fino all’Obelisco, che la forma verrà, e, con questa, il gioco che, oggi, si è visto a tratti e che Matic è un nuovo idolo e, con lui, tutti si sentono sicuri. Ma la domanda del perché Matic non giochi dall’inizio, rivolta al marito da un’anziana e competente abbonata, è rimasta senza risposta. Perché Cristante, che sarebbe quello candidato a lasciargli il posto, qui, in Tevere, è nel cuore di tutti. E perché, per nostra fortuna, è un problema che dovrà risolvere José, e non noi, che vediamo la partita seduti dalla Fila 16 a seguire. In attesa che si vada sabato a Torino. A Torino. Dove abbiamo perso l’anno del secondo scudetto. Dove abbiamo pareggiato l’anno del terzo scudetto. Chissà, allora, che faremo sabato. Chissà che anno sarà questo. Chissà. 

P.S.: ma quella tibia…, ma quella spalla… 

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