A tutto Tammy, per rendere leggendario un anno al top
Il centravanti non si accontenta dei 27 gol che lo hanno fatto entrare di diritto nella storia del Club. Innamorato della Roma, vuole riportarla al successo
Riportare la Roma a sollevare un trofeo dopo tanto, troppo tempo: è questo l'unico obiettivo di Tammy Abraham, uno che - nonostante la giovane età - ha fame di vittorie come un leader navigato. La Champions conquistata l'anno scorso col Chelsea è stata speciale, ovviamente, ma l'ha vissuta perlopiù dalla panchina: solo 5 presenze e un gol, durante la fase a gironi, e nessuna presenza dagli ottavi di finale in poi. Tutt'altra storia, invece, in questa Conference League di cui si appresta a giocare l'ultimo atto: del torneo è stato un protagonista assoluto, in termini realizzativi e non solo.
Tutta Coppa sua
Nella prima edizione di questo neonato trofeo Uefa ha messo a segno il suo primo gol all'Olimpico: un'emozione grande per Tammy, che pure era abituato a un palcoscenico di prim'ordine come Stamford Bridge. Ma il tifo giallorosso, quest'anno, ha dimostrato di avere una marcia in più, generando una sorta di comunione spirituale con squadra e tecnico. L'inglese se n'è accorto fin dalle sue prime uscite: con i romanisti la scintilla è scoccata all'istante, fin dalle prime apparizioni stagionali. In Conference il 24enne di Camberwell ha realizzato anche la sua prima doppietta in giallorosso, il 25 novembre scorso, nel 4-0 rifilato allo Zorya Luhansk. È stata la gara che ha consegnato alla Roma la qualificazione aritmetica al turno successivo, in attesa di capire se avrebbe chiuso al primo o al secondo posto nel girone. Due settimane dopo, con altri due gol a Sofia, Abraham e compagni scavalcavano il Bodø/Glimt e accedevano direttamente agli ottavi.
Anche lì, una sua rete allo scadere scacciava lo spettro dei tempi supplementari col Vitesse, facendo esplodere l'Olimpico. E poi di nuovo i norvegesi: il ko in trasferta, con tanto di lancio di palle di neve, e la promessa. "Ci vediamo al ritorno", aveva detto Tammy a quei tifosi davvero poco accoglienti. Tempo 5' dal fischio d'inizio della gara di ritorno e il 9 sbloccava il risultato, prima che Zaniolo si scatenasse con una tripletta. In semifinale il Leicester "a cui non ho mai fatto gol", aveva sottolineato prima del doppio confronto: ancora un ritorno in un Olimpico stracolmo d'amore e passione, ancora un gol, e che gol. Riportava la Roma in una finale europea dopo 31 anni e finiva per far piangere José Mourinho, uno che di trofei e successi in carriera ha fatto la collezione. L'uomo arrivato per sostituire Edin Dzeko è così: regala sensazioni forti e vive quell'"empatia" che spesso il tecnico portoghese ha citato nelle sue dichiarazioni da quando guida i giallorossi.
Adesso è il momento che, a inizio stagione, tutti sognavano, ma che in pochi credevano realizzabile: la finale di Tirana può tornare a farci festeggiare un titolo dopo quattordici anni, e per Abraham e compagni è una motivazione più che sufficiente. A livello personale, per l'inglese si tratta anche di una sfida con l'attuale capocannoniere della Conference League, quel Cyriel Dessers che - con 10 centri - lo precede di una lunghezza. "Segnare sarebbe un sogno - ha detto Tammy in occasione del Media Day a Trigoria - soprattutto se il mio gol ci permettesse di vincere. Ma l'unica cosa che conta è alzare la coppa, a prescindere da chi segnerà". Parole per niente scontate da parte di chi fa il centravanti, e quindi vive per il gol. Ma il nostro numero 9 è così: ha carattere da vendere, talento e quella voglia matta di arrivare il più in alto possibile. Non è solo ambizione giovanile: si tratta di leadership, tecnica e caratteriale.
Numeri record
Ventisette gol stagionali: più di Manfredini, Pruzzo, Montella, Batistuta e Dzeko alla loro prima annata nella Capitale. Soltanto Volk fece meglio, ma in un calcio che appartiene a un'altra epoca. Diciassette di questi ventisei centri sono arrivati in campionato, dove Tammy ha chiuso in bellezza con la doppietta (la sesta in stagione) contro il Torino. Ma l'inglese non si accontenta di questi numeri, vuole migliorarli, e l'occasione di riuscirci gli capita nella sfida più importante della storia recente della Roma. Tempo fa, parlando dal ritiro della nazionale inglese, disse: "Mourinho mi ha detto che sono troppo buono: lui vuole trasformarmi in un mostro". Beh, diciamo che la metamorfosi procede bene: da Dr. Tammy a Mr. Abraham, dal ragazzo che si dava da fare per la squadra ma segnava poco, al bomber spietato e cinico che si aspetta lo "Special One". Ma per completare l'opera di trasformazione manca un ultimo step, il più importante di tutti. È ciò che gli chiede un intero popolo, la gente che lui ha imparato ad amare: portare a casa la Coppa.
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