Giancarlo De Sisti: "Voglio donare l'elmo alla Roma"
"Per me vale come un trofeo e sono orgoglioso di regalarlo al club: sarò nella storia. Mi sono sempre vantato di aver deciso la sfida del 1974"
«Ogni volta che mi chiedete di quel derby mi rendete felice, c'ho campato di rendita». Roma-Lazio del 1° dicembre 1974 è passata alla storia come la partita di Giancarlo De Sisti. «La Roma non vinceva un derby in campionato da cinque anni e quella partita la decisi io, me ne sono sempre vantato. Poi avrei potuto quasi smettere».
È stato il suo derby più bello?
«Di gran lunga quello che mi ha dato più soddisfazione, per tanti motivi. Anche l'avvicinamento a quella partita fu particolare: era il primo derby dopo il mio ritorno alla Roma, avevo voluto rivestire la maglia giallorossa rifiutando l'Inter e un ingaggio maggiore. La Lazio era una squadra forte, ci tenevo molto a fare bene: in carriera ho segnato poco, ma quel giorno la infilai in modo perfetto».
Le avranno chiesto mille volte di ricordarlo
«Mi fa piacere raccontarlo per la milleunesima: chiamai la palla a Morini che era a fianco a me, prima che me la passasse stavo già pensando a come tirare: avevo in mente proprio un esterno destro che facesse girare il pallone prima di farlo rientrare mirando l'angolo sinistro. Andò proprio così. Sono stato fortunato ma se non avessi tirato in quel modo Pulici l'avrebbe presa. È stato un gol bello e pesante».
Ce n'è un altro pesante...
«Se parliamo di derby, sì. Finì 1-1. Era il 1975 e stavo per decidere di nuovo la sfida con una staffilata sotto la traversa, ma a una decina di minuti dalla fine pareggiò Chinaglia. Non sono stato un cannoniere, ho segnato poco in carriera, ma due gol alla Lazio rappresentano un bel regalo del destino».
E un altro regalo glielo fece la Curva Sud...
«L'elmo da soldato romano vale come un trofeo. "Te lo sei meritato, è il simbolo del nostro affetto", mi dissero i ragazzi della Curva quando me lo consegnarono, lì sotto, dopo il derby vinto: ho i brividi ripensando a quei momenti».
È vero che la Roma vorrebbe il suo elmo?
«Me lo hanno chiesto e glielo darò molto volentieri. Non sarà l'unica cosa del mio archivio che consegnerò alla società, per me è un onore: così De Sisti farà parte per sempre della storia della Roma. Sarò in un museo, spero un giorno nel nuovo stadio che mi auguro si sbrighino a costruire perché vorrei vederlo, non ho più molto tempo».
Qual era il suo modo di vivere i derby?
«Cercavo di isolarmi. Era il modo giusto di approcciarmi al derby. Rispetto ad altri calciatori, che lo soffrivano tantissimo, non avevo particolari problemi: la notte riuscivo a dormire, mangiavo regolarmente. Il mio carattere rispecchiava il modo di giocare che avevo: metodico, calcolatore. Riuscivo a raggiungere la tensione giusta, senza eccedere perché altrimenti si faceva dura: ho visto calciatori stare male prima del fischio d'inizio. In campo riuscivo a fare buone prestazioni, per me si trattava di una gara speciale: a quei tempi il derby valeva una stagione, e vincerlo era l'unica cosa che contava. Vincere era necessario per sugellare la supremazia. Per me che sono romano e romanista era la gara più importante dell'anno».
Com'era De Sisti ragazzo e tifoso?
«State sopravvalutando la mia memoria. Mi chiedete troppo. Allo stadio ne ho visto uno, al massimo due, il mio papà non voleva portarmi al derby, lo considerava pericoloso. I miei derby da ragazzo sono quelli giocati con la maglia della Roma per il settore giovanile».
C'era un laziale che le dava particolarmente fastidio?
«Nel primo periodo della militanza alla Roma sicuramente Noletti. Mi si appiccicava, mi marcava a uomo seguendomi dappertutto. Mi costringeva ad andare in zone del campo che di solito non frequentavo, era l'unico modo per smarcarmi. Quando sono tornato a Roma, dopo l'esperienza a Firenze, Frustalupi è stato l'avversario più tosto».
C'era un laziale simpatico?
«Con più di qualcuno avevo un rapporto di stima e rispetto. Parlare di simpatia mi pare eccessivo. Da giovane però ci fu anche un bel gesto nei miei confronti. Nel 1963 ero ricoverato per un'infezione da frutti di mare e vennero un po' di giocatori della Lazio a trovarmi: il portiere Cei, poi Landoni, Morrone e Pagni sicuramente, forse c'era anche qualcun'altro. Fu una bella cosa».
Come vede il derby di sabato?
«La Roma ci arriva abbastanza bene. Il periodo brutto è ormai un ricordo, la squadra ha fatto buoni risultati anche se contro Bologna e Frosinone si sono visti un po' di errori. La Roma è più forte della Lazio, questo è fuori discussione. Ma il derby è una partita che non si può pronosticare. Spesso di dice che è favorita la squadra più in difficoltà, ma a me questa teoria non è mai piaciuta. Al derby è meglio arrivare in salute».
Sarà il primo derby di Zaniolo.
«Mi auguro che sia il primo di una lunga serie. Zaniolo è forte e deve rimanere alla Roma. Per diventare un campione gli consiglio di firmare un lungo contratto con la Roma, vivere vicino a Trigoria e ascoltare i consigli di De Rossi».
De Rossi potrebbe non giocare il derby
«E per quale motivo?».
Perché quattro giorni dopo il derby si gioca il ritorno degli ottavi di Champions contro il Porto...
«La partita più importante è sempre la prima. E poi stiamo parlando del derby. Di Francesco conosce Roma, sa quanto il popolo giallorosso tiene a questa partita: penso che alla fine Daniele sarà in campo. Se sta bene potrà giocare pure in Portogallo, poi potrà riposare anche 15 giorni. È l'anima della squadra, l'allenatore in campo, è importante per i compagni. Contro la Lazio deve giocare».
Come finisceLazio-Roma?
«Sono fiducioso. La Roma ha giocatori da derby».
© RIPRODUZIONE RISERVATA