Roma-Leicester, la partita: Tammy ci porta a Tirana
Basta un gol iniziale di Abraham poi difeso con i denti senza che Rui soffrisse particolarmente per battere il Leicester. Ora c’è solo il Feyenoord
Piange anche Mou alla fine, con i 70.000 giocatori che hanno segnato con Tammy dopo dieci minuti e hanno difeso con il resto della squadra nell'infinito finale il gol qualificazione dal peraltro sterile assalto inglese e poi hanno festeggiato a lungo con la squadra in campo - idealmente nelle braccia di Smalling, Pellegrini e Abraham, i tre giganti che hanno furoreggiato - e poi per la città in una notte infinita che ci porterà stamattina a riaprire gli occhi e a ripetercelo ancora: «Siamo in finale!», trentun anni dopo siamo in finale, quella era la Coppa Uefa e finì male con l'Inter, questa è la Conference League, ed è la nostra Champions di quest'anno: di fronte a Tirana il 25 maggio ci sarà il Feyenoord.
Come all'andata, anche ieri la Roma si è trovata in vantaggio presto, grazie all'inevitabile, per la difesa del Leicester, gol su calcio d'angolo sul primo palo: anche Mou, come Conte nell'ultima sfida di Premier e altri undici allenatori avversari di Rodgers in precedenza, aveva studiato la debolezza strutturale del dispositivo difensivo delle Foxes sui cross dalla bandierina. Oltretutto l'ex assistente di Mourinho tiene tre uomini alti a centrocampo per le eventuali ripartenze che però non si verificano mai perché quando quella palla casca in area sono quasi sempre gli altri a prenderla. E infatti al primo calcio d'angolo l'ha presa Smalling da posizione un po' defilata e l'ha mandata alta, al secondo l'ha presa ancora Smalling sul secondo palo e l'ha rimessa dentro, e al terzo, al 10°, Pellegrini ha fatto spiovere la traiettoria nell'area piccola dove Abraham si è letteralmente mangiato il piccolo Ricardo Pereira e ha incornato rabbiosamente dentro la porta. Meraviglioso il ruggito dell'Olimpico, emozionati anche Totti e Ranieri, in tribuna come Perrotta e come Vincenzo Italiano, l'allenatore della Fiorentina beccato dai tifosi a sbirciare le qualità della Roma in vista del confronto di lunedì.
Il gol come all'andata ha messo la Roma in posizione assai vantaggiosa, quella di poter lasciare l'iniziativa agli avversari (55% a 45% il possesso palla del primo tempo a favore degli inglesi) abbassando qualche linea senza però mai subire realmente le loro pressioni. Anzi, è stata la Roma a uscire bene in palleggio diverse volte, senza mai trovare però la rifinitura o la conclusione giuste per poter arrotondare il risultato. Al 17° la solita presiosissima assistenza di Zalewski - uno che gioca con la sicurezza mentale come se lui fosse il veterano e gli altri gli esordienti - per Pellegrini ha portato Schmeichel alla seconda parata un po' affannosa della serata sul capitano (la prima c'era stata in apertura, su una punizione laterale velenosetta).
Al 32° un recupero di Tammy con annessa volata sui difensori storditi ha fatto materializzare un 2 contro 2 che Abraham ha sfruttato per servire Zaniolo sulla destra, ma la conclusione di Nicolò di esterno sinistro, come se il suo piede fosse la punta di una stecca da biliardo, è stata purtroppo intercettata da Evans: a vederla dell'alto è sembrata una occasione sprecata, ma l'idea di Zaniolo era stata preziosa. Dal punto di vista tattico è sembrato funzionare perfettamente il piano strategico di Mourinho di alternare pressioni più alte (a volte Karsdorp e Zale si portavano direttamente sui terzini nel giro palla, a volte si abbassavano sulle punte difendendo col blocco più basso) a contenimenti appena dietro la linea di metà campo, con il rituale 3412 con Pellegrini alle spalle di Abraham e Zaniolo, con Tammy più centrale e Nico a partire più da destra. Solito anche lo schieramento di Rodgers, un 4141 con funzioni da 433 nei dispiegamenti più aperti: ma davvero niente di speciale, tanto da non partorire non solo lo straccio di un'occasione, ma neanche un tiro degno di tal nome.
Della sterilità se n'è accorto anche Rodgers che infatti all'intervallo ha cambiato registro tattico, ha tenuto nello spogliatoio i due esterni offensivi Lookman e Barnes, e ha inserito un terzo centrale (Amartey) e una seconda punta (Iheanacho), mettendosi quasi a specchio con la Roma con un 352 piuttosto sbilanciato che però non ha modificato granché il senso della partita. Chiaro che la Roma non aveva necessità di attaccare, così Mou ha evitato pressioni estreme, Pellegrini si è abbassato spesso da terzo centrocampista e Karsdorp e Zalewski hanno atteso i quinti Justin e Pereira (poi Castagne). Su calcio d'angolo il Leicester ha provato a rendere gol per focaccia, con uno schema che ha mandato al tiro Vardy, ma Abraham ha respinto di mezza faccia. Al 15° Zalewski ha rischiato la santità immediata strappando un pallone da solo in pressione alta e provando a puntare due difensori, e per poco non ci riusciva. Due minuti dopo un commovente lancio rasoterra di Pellegrini a tagliare campo e difesa avversaria ha mandato Karsdorp nell'area sgombra di avversari, ma poi l'olandese ha pensato troppo prima di servire Zaniolo e l'ha fatto quando Nicolò era chiuso e Abraham invece era ormai libero a rimorchio.
Gran peccato perché la stanchezza ha cominciato a farsi sentire. Sfruttando una contusione di Ibañez le squadre si sono concesse al 29° una sorta di cooling break, poi ci sono stati i cambi in vista del finale, prima Perez per Dewsbury-Hall e poi Veretout per Zaniolo. Al 35° un cross deviato di Oliveira ha trovato in area Zalewski, ma stavolta il bambino non ha voluto tirare di prima, e sul controllo è stato contrato. Poi sono arrivati i primi tiri verso la porta, ordinaria amministrazione per Rui. Abraham ha chiesto e non ottenuto subito la sostituzione («è prezioso sui calci d'angolo avversari, ho voluto tenerlo fino all'ultimo», ha detto Mou in sala stampa), e il bravissimo arbitro serbo Jovanovic ha gestito bene il nervoso finale, con Oliveira che per poco al 95° non beffava Schmeichel con un tiro da fuori, ultimo episodio di una partita che per tutti è già epica.
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