Le parole di Mourinho valgono l'Enrico V
70.000 sono tanti o pochi? In questi tempi, che sono tempi di penuria, verrebbe da dire che sono ovviamente tanti, invece sono meravigliosamente pochi
70.000 sono tanti o pochi? In questi tempi, che sono tempi di penuria, 70.000 assiepati in uno stadio verrebbe da dire che sono ovviamente tanti, io dico invece che sono meravigliosamente pochi, poiché il loro essere domani lì starà a significare il nostro voler essere tutti, non uno di meno. Chi c'è, insieme a chi non può. L'interezza di noi. Non uno di meno! Chi si è guadagnato il posto assieme a chi si è dannato per averlo e non ci è riuscito. Non uno di meno! E pure assieme a chi - per abitudine, per età, per ristrettezze, per distanza - Roma-Leicester aveva comunque messo in conto di vedersela in televisione. Non vuol dire. Chiunque merita. E pure insieme a chi, per varie altre circostanze, anche se affamato di questa partita, non avrà comunque modo di seguirla, son disdette che accadono. Sì, lui pure. Neanche uno di meno! E allora, questi prediletti 70.000 che sono, avranno il compito di essere i tutti che siamo. Di esserlo in modo sfrontato, straordinariamente visibile, a proclamare con la loro spettacolare evidenza: «Non uno di meno!», e a far comprendere che da mille luoghi lo sprigionarsi di una sola passione si avventerà sul campo a potenziare l'impeto delle gradinate ribadendo a oltranza questo slogan incarnato da una corona umana totalmente gialla e totalmente rossa.
In campo, perciò, non dovrà giungere solo l'azione dei sette volte 10.000, ma anche quella di chi, da qualsiasi punto si trovi, avrà il suo cuore traslocato lì con loro, poiché Roma, quando gioca la Roma, si riempie di spalti ovunque e lo stadio si fa sineddoche: una parte per il tutto.
Se Mourinho, creatura identitaria che sa tradurre in orazione solenne ogni palpito del nostro cuore, ha pronunciato parole degne di Shakespeare (rileggersi il discorso di San Crispino nell'Enrico V, e vedrete che, nella circostanza, fra i due la differenza è poca), ha detto quel che ha detto (parafrasandolo: «Non siate lì per guardare, ma per giocare!»), ha potuto farlo perché sapeva a chi lo diceva. Da romanista, a tutti romanisti. A tutti noi. Non uno di meno.
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