Mentalità e consapevolezza: da tre mesi è una Roma a ritmo Champions
Decimo risultato utile consecutivo in campionato: sei vittore e quattro pareggi. La squadra ora ha un'identità e assomiglia sempre di più al suo allenatore
Ricordatevi questa data: sedici gennaio di quest'anno. Il Cagliari ospite all'Olimpico, la Roma vince uno a zero con un rigore dell'appena arrivato Sergio Oliveira. Sembrò una boccata d'ossigeno, in realtà è stato il giorno in cui la Roma di Josè Mourinho ha comincia ad assomigliare sempre di più al suo condottiero, sporca, cattiva, progressivamente meno brutta ma vincente, non troppi gol ma buoni, una solidità difensiva che da queste parti non si vedeva da troppo tempo.
Da quel giorno è cambiato tutto. A eccezione dell'entusiasmo della gente romanista che sin dal primo giorno dello sbarco dello Special One da queste parti, non ha mai abbandonato la Roma neppure per un minuto, come è accaduto anche ieri a Marassi con quello spicchio giallorosso di stadio che scaldava il cuore, in campo e fuori. E sicuramente la passione dei tifosi ha avuto il suo peso nella trasformazione di una squadra che da tre mesi ci ha riconciliato anche con i risultati. I numeri sono lì a testimoniarlo in maniera che neppure gli scettici a prescindere sono abilitati a mettere bocca.
Allora: con la vittoria di ieri a Marassi, la nostra Roma ha messo insieme il decimo risultato utile consecutivo in campionato. Per essere più precisi sei vittorie (all'Olimpico con Cagliari, Atalanta e le tre pappine alla Lazio, in trasferta a Empoli, Spezia e ieri), quattro pareggi (Genoa roba che stiamo ancora a maledire l'annullamento del gol di Zaniolo, Sassuolo, Verona, Udinese). Sommando, fanno ventidue punti, solo il Napoli ne ha fatto uno in più nello stesso lasso di tempo, recuperati, giusto per fare un esempio, dodici punti all'Atalanta (che ha una partita in meno), roba che oggi certifica a tutti gli effetti il quinto posto reale dei giallorossi. In queste dieci partite, la Roma per sei volte non ha subito reti (Cagliari, Genoa, Spezia, Atalanta, Lazio e Sampdoria), realizzando sedici reti (quattro vittorie sono state per uno a zero). Il dato complessivo diventa ancora più probante estendendo i numeri anche alle partite di coppe che sono state giocate in questo periodo: due di coppa Italia e altrettante di Conference. La somma ci dice che nelle ultime quattordici partite ufficiali giocate dalla squadra di Mourinho, otto ne sono state vinte, cinque sono stati i pareggi, è arrivata solo una sconfitta, a San Siro contro l'Inter nei quarti di finale della coppa Italia (e quel gol fallito da Zaniolo nel primo tempo ancora ci fa arrabbiare). E' il cammino di una squadra a ritmo di Champions. Soprattuto di una squadra che sa quello che vuole, che ha preso atto dei suoi pregi e dei suoi difetti, che quando scende in campo sa, dal primo all'ultimo giocatore, quello che dovrà fare.
Sono numeri che certificano in maniera incontrovertibile il cambio di passo della prima Roma mourinhana rispetto a una prima parte di stagione con qualche basso di troppo. Numeri che, con il passare dei risultati, sono ribaditi anche da una finalmente raggiunta identità di squadra, da un gioco che scorre più rapido, da posizioni in campo dei giocatori più utili alla causa, da una maturità in crescendo esponenziale, da una maggiore consapevolezza da parte di tutti i giocatori. Consapevolezza determinata anche dalla scelta di una formazione base o quasi e che non viene meno in caso di cambio di modulo. Come è capitato in queste ultime settimane con una Roma vincente e convincente con le due punte (Abraham e Zaniolo) o con i due trequartisti come ieri a Marassi (Pellegrini e Mkhitaryan). E' questa la Roma che probabilmente Mourinho aveva in mente sin dal luglio scorso. E che, peraltro, non è che il mercato di gennaio abbia cambiato poi molto, visto che Maitland-Niles ormai fa più lo spettatore che il giocatore in campo. L'unico in più, di fatto, si sta rivelando Sergio Oliveira che magari non riempirà gli occhi agli esteti del calcio, ma che sa come si sta in campo dando geometrie più solide a tutta la manovra della squadra. Completata dal ritorno in copertina di Mhitaryan, dal senso del gol di quel meraviglioso tiramolla che è Abraham, da uno Smalling che ha trasformato il reparto difensivo, da un Cristante che dovrebbe essere apprezzato di più un po' da tutti, da Rui Patricio che tra i pali è più di una garanzia, da uno Zalewski che ha solo bisogno di essere lasciato crescere con calma e serenità.
E' questa la Roma di Mourinho. E' diventata una squadra. Non regalerà troppi effetti speciali, ma garantisce solidità e concretezza. Quelle che servono per vincere le partite. Quelle che servono per affrontare accompagnati da un sogno un finale di stagione tutto da vivere.
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