Fonseca: "Lasciare Kiev un incubo. Messaggi di supporto dai romanisti e dai Friedkin"
L'allenatore portoghese: "Siamo stati sotto terra per evitare i missili. Poi 30 ore di viaggio in mezzo a gente senza cibo. Ringraziamo chi ci ha scritto"
Fonseca, ex allenatore della Roma, è stato protagonista assieme alla sua famiglia della disperata fuga da Kiev sotto bombardamento, per raggiungere il Portogallo. Lui, assieme alla moglie Kateryna, hanno narrato più volte attraverso i loro profili social le difficoltà e la paura derivate dalla situazione di guerra fra Ucraina e Russia. Il tecnico è stato intervistato da La Gazzetta dello Sport ed ha rilasciato alcune dichiarazioni proprio sulla guerra e sulla sua esperienza personale. Di seguito un estratto delle sue parole.
Fonseca, come si fa ad immaginare la Russia, che minaccia anche l'uso di armi nucleari?
"Non sono un politico, ma ad esempio sono favorevole alla "no fly zone". È vero che hanno l'atomica, ma stiamo lasciando diventare Putin troppo forte, perché lui sente la paura della comunità internazionale. Il peggio deve ancora arrivare."
Com'è stata la fuga da Kiev?
"Un incubo. Era il 24 febbraio e dovevo partire alle 10 per il Portogallo con la mia famiglia, quando alle 4.30 abbiamo sentito cadere le prime bombe. Ci siamo spaventati. È stato un viaggio terribile. Trenta ore senza fermarsi mai, incolonnati a volte a 5 km/h, con gli aerei che ci passavano sopra la testa, i posti di blocco, mentre la gente intorno non trovava né carburante né cibo. Mia moglie piange in continuazione, perché abbiamo amici e parenti in tutta l'Ucraina. Ora, tramite la mia federazione, sono diventato ambasciatore per la pace e ci adoperiamo per trovare alloggio, lavoro e scuola ai profughi."
Prima di salutarla, se la sente di parlare di calcio?
Certo. Spero di allenare ancora in uno dei 5 tornei top. Sono stato vicino alla Fiorentina, ma poi non si è fatto nulla."
Ha visto che la Roma di Mourinho ha meno punti della sua a questo punto dell'annata?
"Non voglio fare paragoni. Abraham è fortissimo e può diventare ancora più forte. Dico solo che, nonostante la pandemia e il cambio di proprietà, avevamo una nostra identità ed eravamo una delle squadre che giocavano meglio. Ma consentitemi di ringraziare i tantissimi tifosi della Roma che mi hanno scritto in quei giorni drammatici, così come lo hanno fatto tanti calciatori, i dirigenti e gli stessi Friedkin."
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