AS Roma

Ai confini della lealtà

La vittoria fatta passare in ultimissimo piano dal mainstream rispetto ai like sui social. Noi che siamo dal lato sbagliato ci teniamo Nicolò: la mala educación non è qua

PUBBLICATO DA Fabrizio Pastore
01 Marzo 2022 - 08:30

Tutt'a posto. Guardi le espressioni satolle, osservi i sorrisi smaglianti e più spesso smagliati, ascolti i toni soddisfatti, leggi gli spiegoni che danno tutto per fatto e quasi quasi te ne convinci. «Tutt'a posto». È l'imperativo di chi ha impostato l'intera esistenza sulla conservazione dello status quo. Figuriamoci se può non dico gioire, ma almeno incuriosirsi per un qualsiasi cambiamento. L'anomalia è tale se rientra presto tra i ranghi, altrimenti diventa pericolo e suona la campanella. Allarme: non è tutt'a posto. All'armi: rimettiamo tutt'a posto. E il tutt'a posto equivale ai fenomeni di casa fra Milano e Torino, mica nella Capitale. No no. Vaglielo a spiegare che è un falso Mi-To. Che c'è già chi ha detto no. E che anche se non nascesse più nessuno in grado di resistere a questi corteggiamenti ai limiti del ricatto morale (se ci stai potrai elevarti di rango, altrimenti sei destinato alla demolizione), ci sarebbe comunque una partita. Da commentare, se non da celebrare. E un popolo da rispettare. Una partita trasformata da stregata in magica da chi le magie sa farle davvero in campo. Questa volta però Zaniolo non l'ha decisa con uno strappo dei suoi, una serpentina o un tiro imparabile. Si è immolato, avventandosi di testa su un pallone nella terra di nessuno, nei minuti di massima pressione romanista e resistenza spezzina. Il rischio di qualche intervento più che duro era dietro l'angolo e puntuale è arrivato. Con tanto di volto rigato dal sangue prima e tumefatto il giorno dopo. Eppure l'ammonizione l'ha presa lui. La nona stagionale (più due espulsioni). Con ulteriore diffida in arrivo.

Altro che Vinnie Jones o Pasquale Bruno. Il cattivone del calcio è Nicolò. Almeno finché veste il giallorosso. Come in passato Totti e De Rossi, che però essendo Totti e De Rossi al giochino non si sono mai prestati. D'altra parte è a queste latitudini che si è bulli nell'animo e perciò si pestano gli avversari. Se succede al contrario «fa parte del gioco». È goliardia. Ia-ia-oh. Editorialisti al vetriolo e sociologi prestati al calcio mica possono perder tempo a sezionare i fallacci subiti da Nico. Devono dedicarsi a insegnargli "l'educazione". Già. È successo davvero. E di recente. Con tanto di proseliti fra la classe arbitrale, che a un talento martoriato da due infortuni non perdona mezza protesta (nemmeno quando si vede annullare un gol-capolavoro al 90'), ma se c'è da raddrizzarlo - e che scherzi - eccoli tutti in riga a insegnare il metodo Montessori. Perché quelli bravi sono vestiti a strisce. Di Diritto, non occasionali come noialtri. Mica cotica. Bisogna tacere e godere di quel che si può ammirare. Nei mondi capovolti siamo già fortunati ad assistere alla reincarnazione di Jascin in tale Provedel, che i deliri a caldo di Thiago Motta ce li meritiamo tutti. Come la vittoria fatta passare in ultimissimo piano dal mainstream rispetto ai like sui social. Che mettono tutti i calciatori a tutti i loro colleghi, ma vabbè, vuoi mettere, «si sa» che qua sono non indizi ma prove di mercato. Tali da sfumare i colori in bianco-e-nero, come piace "alla gente che piace". Noi che siamo dal lato sbagliato ci teniamo Nicolò, anche (soprattutto) quando non se le tiene. Altro che storie. La mala educación non è qua, ma ai confini della lealtà. Di chi proprio nun ce vole sta'.

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